Reddito e assegno unico, la Ue:  Italia discrimina i non italiani e chi vive allestero

Reddito e assegno unico, la Ue: Italia discrimina i non italiani e chi vive allestero

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La Decisione

di Francesca Basso, corrispondente da Bruxelles15 feb 2023

Reddito di cittadinanza e assegno unico, Ue contro l’Italia: discrimina i non italiani e chi si è trasferito all’estero Il commissario Ue al Lavoro, Nicolas Schmit

Il reddito di cittadinanza dell’Italia e l’assegno unico e universale non sono in linea con il diritto Ue. La Commissione europea ha quindi deciso di avviare due procedure di infrazione inviando una lettera di messa in mora all’Italia. Nel caso del reddito di cittadinanza Bruxelles evidenzia che il regime di reddito minimo non in linea con il diritto dell’Ue in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, residenti di lungo periodo e protezione internazionale. La Ue contesta una delle condizioni necessarie per accedere alla misura: aver risieduto in Italia per 10 anni, di cui due consecutivi, prima di richiederlo. Per la Commissione Ue il requisito dei 10 anni di residenza si qualifica come discriminazione indiretta, poich pi probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio. Inoltre il requisito della residenza potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavorare fuori dal Paese, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al loro rientro in Italia. L’Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. In caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di inviare un parere motivato.

La Commissione spiega che ai sensi del Regolamento 2011/492 e della Direttiva 2004/38/CE, le prestazioni sociali come il “reddito di cittadinanza” dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue che sono lavoratori dipendenti, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza. Anche i cittadini dell’Ue che non lavorano per altri motivi dovrebbero essere ammessi al beneficio, con l’unica condizione di risiedere legalmente in Italia da pi di tre mesi. Inoltre per la Ue anche i residenti di lungo periodo extracomunitari dovrebbero avere accesso a questo beneficio in base alla direttiva 2003/109/CE. Inoltre, spiega l’esecutivo comunitario, il regime italiano di reddito minimo discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, che non hanno diritto a questo beneficio, in violazione della direttiva 2011/95/UE. L’Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. In caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di inviare un parere motivato.

Analoghe le contestazioni per l’assegno unico e universale. Secondo la Commissione, la normativa italiana che riserva questa prestazione alle persone che risiedono da almeno due anni in Italia e vivono nella stessa famiglia dei loro figli, viola il diritto dell’Ue in quanto non tratta i cittadini dell’Ue in modo equo, il che si configura come una discriminazione. L’esecutivo Ue ricorda anche che il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari. L’Italia avr due mesi di tempo per rispondere alle osservazioni della Commissione. In caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di inviare un parere motivato.

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