Referendum, secondo quesito: l’esclusione della custodia cautelare anche con il rischio che si ripeta il reato

Referendum, secondo quesito: l’esclusione della custodia cautelare anche con il rischio che si ripeta il reato

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di Giovanni BianconiScheda arancione: L’obiettivo è mantenere il carcere preventivo solo per pericolo di fuga o inquinamento delle prove Secondo l’articolo 274 del codice di procedura penale, la custodia cautelare di un indagato o di un imputato (cioè la detenzione in carcere o agli arresti domiciliari prima della sentenza di condanna) può essere ordinata dal giudice solo in presenza di almeno uno di tre requisiti: il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo («concreto e attuale») di fuga, il pericolo (sempre «concreto e attuale») di reiterazione del reato «con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale, ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede». Il referendum numero 2 (scheda arancione) propone l’abrogazione delle ultime dieci parole, cioè la possibilità di arrestare quando c’è il rischio che la persona sotto indagine o sotto processo torni a commettere lo stesso reato, con una seria di ulteriori specificazioni e limitazioni derivanti dalla gravità del delitto. La volontà dei promotori è quella di ridurre drasticamente il ricorso alla carcerazione preventiva che in Italia è piuttosto frequente; attestati mediamente intorno al 30 per cento della popolazione detenuta, i reclusi in attesa di primo giudizio o con condanna non ancora definitiva registrano una tendenza alla diminuzione negli ultimi anni, ma sempre con percentuali rilevanti. Secondo i dati del ministero della Giustizia, al 30 aprile 2022 erano 15.715 su un totale di 54.959, cioè il 28,5 per cento del totale. Nonostante la tendenza al ribasso, l’Italia resta fra i Paesi europei che fa maggiormente ricorso alla custodia cautelare, e fra le motivazioni addotte dai giudici (quando accolgono le richieste avanzate dai pubblici ministeri) la più frequente è proprio la reiterazione del reato «della stessa specie». Di qui la proposta di abolizione di quel requisito. L’effetto della vittoria dei Sì sarebbe di consentire la carcerazione preventiva solo per l’inquinamento delle prove (difficilmente sostenibile, ad esempio, dopo un arresto in flagranza o quando la responsabilità del delitto appare evidente), per il rischio di fuga (da dimostrare concretamente) o di commissione dei reati più gravi compresi nelle solite categorie: mafia, terrorismo oppure perpetrati con l’uso di armi o violenza. Resterebbero esclusi quelli contro la pubblica amministrazione (come la corruzione), contro il patrimonio, la libertà personale e persino sessuale in assenza di chiari indizi di violenza. Proprio per questa ragione Fratelli d’Italia, il partito più a destra dello schieramento parlamentare, che sulle questioni della giustizia si muove quasi sempre in sintonia con la Lega, Forza Italia e negli ultimi tempi con Italia Viva di Renzi, ha dato indicazione di votare No a questo quesito. Tra gli oppositori all’abrogazione c’è pure chi paventa l’impossibilità — in caso di abrogazione della norma — di applicare misure restrittive come il braccialetto elettronico o il divieto di avvicinamento agli stalker, ma fra i sostenitori prevale la volontà di contrastare una pratica che spesso sfocia nell’abuso, come dimostrerebbe anche un altro dato: l’aumento degli accoglimenti delle richieste di risarcimento per ingiusta detenzione. 3 giugno 2022 (modifica il 3 giugno 2022 | 22:03) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-03 20:04:00, Scheda arancione: L’obiettivo è mantenere il carcere preventivo solo per pericolo di fuga o inquinamento delle prove, Giovanni Bianconi

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