La tradizione di regalare un pensiero alle maestre per Natale, pratica diffusa nelle scuole dall’asilo all’elementare, rappresenta un gesto di ringraziamento per chi si prende cura dei nostri figli ogni giorno. Teoricamente, è un atto semplice e gentile, ma nella pratica, si rivela una sfida impegnativa, difficile da evitare anche per chi non la apprezza particolarmente.
La pratica cade in dicembre, un periodo già carico di impegni e stanchezza per le famiglie. È simbolo del carico mentale che comportano le incombenze scolastiche. Le chat di classe, spesso multilingue, aggiungono un altro strato di complessità. I genitori si scambiano messaggi, talvolta vocali, per organizzare collette o comunicare su questioni scolastiche. La gestione dei pagamenti, spesso ancora in contanti, comporta un ulteriore sforzo organizzativo.
Con l’aumento del numero dei figli, cresce anche la quantità di materiale da ricordare e consegnare, dai beni di prima necessità ai regali per le maestre. Tuttavia, come sottolineato su Il Post, le maestre spesso preferiscono ricevere materiali scolastici, come pennarelli, fogli, forbici, o buoni regalo per Amazon o Ikea, piuttosto che regali personali.
La situazione evidenzia una realtà più ampia: nelle scuole mancano risorse fondamentali come la carta igienica o il riscaldamento, rendendo necessario per le famiglie contribuire con beni di prima necessità. Tale aspetto è stato particolarmente evidente durante le vacanze di Natale a Milano e Torino, dove alcune famiglie hanno dovuto portare stufe nelle scuole a causa della mancanza di riscaldamento.
Regali ai docenti? Possibili fino a 150 euro: il dirigente scolastico deve vigilare
Il divieto di offrire doni ai docenti è chiarito da una specifica normativa. I dipendenti pubblici, infatti, non possono piú accettare regali oltre i 150 euro. I regali di valore maggiore dovranno essere messi subito a disposizione dell’amministrazione per la restituzione o la loro devoluzione a fini istituzionali. All’articolo 4 del D.P.R. 62/2013 denominato “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”, si legge che è fatto divieto di richiedere e accettare da terzi o da un proprio subordinato (e per il subordinato offrirne) “regali, compensi e altre utilità”, quali sconti o altri trattamenti privilegiati, anche se indirizzati al coniuge o a parenti fino al 2° grado del funzionario pubblico. Fanno eccezione solo “quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia”. Il “modico valore” è fissato al di sotto dei 100 euro, ma in alcuni casi può arrivare a un massimo di 150.
1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.
2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sè o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.
3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d’uso di modico valore.
4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.
5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all’esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell’ente e alla tipologia delle mansioni.
6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza.
7. Al fine di preservare il prestigio e l’imparzialità dell’amministrazione, il responsabile dell’ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo
Le sanzioni previste
In considerazione della normativa citata, sorge spontanea la domanda se la violazione di tali disposizioni possa rappresentare per il funzionario pubblico un’infrazione significativa dei doveri professionali, o addirittura costituire un caso di corruzione per tutte le parti coinvolte.
Per il Codice di Comportamento dei Dipendenti pubblici, se si richiede o accetta un regalo superiore al valore di 150 euro si può incorrere in una multa o sanzione pecuniaria o la sospensione dal servizio. Uguale pena se il Dirigente ha omesso vigilanza. La pena si inasprisce se il regalo è ricevuto a titolo di corrispettivo per attività dovuta. In questo caso si va dalla sospensione dal servizio da 3 a 6 anni, fino al licenziamento.
La rigidezza e l’astrattezza della norma sono mitigati, come spesso accade, dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha recentemente emesso due sentenze pertinenti, le numeri 47216/2021 e 47237/2021.
La prima sentenza riguardava un imprenditore accusato di incoraggiamento alla corruzione per aver offerto cesti di Natale, contenenti prodotti alimentari, a un luogotenente e due marescialli dei Carabinieri, coinvolti in indagini relative a lui, a seguito della confisca di alcune cisterne dell’impianto di smaltimento di cui era socio.
La Corte Suprema ha determinato l’assoluzione dell’imputato, evidenziando come la donazione dei cesti fosse giustificata non solo dal sentimento di gratitudine dell’accusato, ma anche dal fatto che tale gesto non avrebbe potuto influenzare l’attività istituzionale dei membri dell’Arma.
La seconda decisione, di tono simile, riguardava un ispettore del lavoro che aveva ricevuto in dono due bottiglie d’olio e un sacchetto di castagne. Secondo i giudici di legittimità, un dono di valore così modesto non è in grado di compromettere il corretto svolgimento di un’attività pubblica.
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Autore dell’articolo redazione