Regionalismo a macchia di leopardo

Regionalismo a macchia di leopardo

Spread the love

editoriale Mezzogiorno, 15 febbraio 2023 – 08:25 di Fabio Calenda Auspicabile che all’apertura delle urne consegua l’afflosciamento della bandierina dell’autonomia, issata in fretta e furia dalla Lega in vista delle elezioni regionali, soprattutto in Lombardia. La corsa per farla garrire al vento in tempo utile un risultato positivo tuttavia l’ha ottenuto, intensificando un dibattito che ne ha sviscerato gli inconvenienti, tra cui: strumentalit (secessione dei ricchi comunque camuffata); indeterminatezza (individuazione concreta dei Lep, i livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire sull’intero territorio nazionale); costi (la risibile previsione di realizzarla senza aggravi per il bilancio pubblico); procedura per la sua attuazione (di cui alcuni passaggi individuano un esproprio del controllo del Parlamento e sottendono seri dubbi di incostituzionalit). Va notato, per inciso, che una riforma di tale importanza non il frutto di una visione d’insieme atta a sistemarne i molteplici tasselli, bens come una serie di fatti compiuti, per assicurarne l’irreversibilit sul piano politico. Un esempio riguarda appunto la questione cruciale dei Lep, rimasti per un ventennio nell’iperuranio. In buona sostanza, la logica del percorso la seguente: approviamo il resto, nel frattempo salteranno fuori! Ci premesso, utile considerare l’impatto deleterio che la realizzazione dell’autonomia produrrebbe sulle potenzialit di sviluppo dell’intero Paese, non solo del Mezzogiorno. La fragilit dell’impianto risiede, come noto, nell’estensione delle materie sottoposte a legislazione concorrente tra Stato e Regioni, di cui l’infausta riforma del Titolo V della Costituzione (2001), suscettibili a richiesta di essere devolute, in toto o in parte, all’esclusiva potest regionale. Si profila cos un regionalismo a macchie di leopardo, con i territori provvisti di poteri straripanti su temi delicatissimi, come sanit e istruzione, che investono non soltanto l’equit tra le varie aree, ma anche le prospettive di crescita. Scintille sono gi scaturite dall’idea ventilata di un diverso trattamento economico degli insegnanti, figure essenziali per la formazione del capitale umano. Che dire, poi, sul commercio estero, di cui le regioni potrebbero rivendicare piena voce in capitolo? Nelle strategie commerciali convergono una serie di questioni riguardanti obiettivi, incentivi, regole, complessi rapporti con l’estero, che ne determinano i risultati, travalicanti una prospettiva strettamente territoriale. Purch non si intenda trasformare l’Italia in una serie di repubblichette esportatrici. Allo stesso modo, le regioni potrebbero assumere piena autonomia su produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia. Energia, argomento divenuto quantomai scottante dopo l’invasione dell’Ucraina. Oggi tutti benedicono la realizzazione del Tap, il gasdotto che dal giacimento azero sul Mar Caspio traporta dieci miliardi di metri cubi di gas fino alla provincia di Lecce. Da residente sul territorio sono testimone in presa diretta del vespaio suscitato per impedirne il completamento. Si invocarono insussistenti problemi ambientali; si giunse a sostenerne l’inutilit, additandola addirittura come un’inutile mossa geopolitica per ridurre la dipendenza dalla Russia (sic!); furono organizzati presidi e manifestazioni; la regione traccheggi richiedendo spostamenti. Le pressioni contrarie furono tali da fare sorgere il fondato dubbio che l’opera avrebbe visto la luce in regime di autonomia differenziata. Conflittualit, appunto. Che dalla riforma del Titolo V si tradotta in oltre 2500 ricorsi alla Corte Costituzionale, da parte dello Stato (65%) e delle regioni (36%), per far valere le rispettive prerogative. Senza contare gli innumerevoli intentati dinanzi ai tribunali amministrativi (Tar e Consiglio di Stato). Numeri sintetizzanti dilazioni, interdizioni, pi in generale confusione, a scapito della governabilit, con ricadute pregiudizievoli per le iniziative economiche. Non a caso si stanno manifestando sintomi di disaffezione per l’agognata autonomia anche da parte di settori produttivi radicati al nord. L’aspetto pi critico riguarda senza dubbio la messa a terra del Pnrr che ci impegner per i prossimi anni con scadenze strette. Non un mistero per nessuno che il successo dipenda soprattutto dall’efficacia nel coordinare le iniziative che su diversi piani concorrono alla sua realizzazione. Partita ardua, su cui il Governo non si gioca soltanto importanti risorse economiche, ma anche la propria credibilit internazionale. E che rischierebbe di incagliarsi per gli intralci frapposti da un regionalismo gi troppo raffazzonato. giunto il momento che sulla demagogia prevalgano gli interessi generali del Paese, meglio ancora della Nazione, intesa come collettivit, secondo l’espressione tanto cara alla Premier. 15 febbraio 2023 | 08:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA , , https://www.corriere.it/rss/politica.xml,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.