di Felice CavallaroA un mese e mezzo dal voto, formato l’esecutivo. Gli azzurri però si dividono: Micciché, avversario dell’ex governatore Musumeci, ha creato un proprio gruppo Ci sono voluti più di 45 giorni per varare il nuovo governo siciliano guidato dall’ex presidente del Senato Renato Schifani. Un parto cesareo che, con il giuramento degli assessori, spacca Forza Italia e pure Fratelli d’Italia. Irritato da quello che considera un tradimento di Renato Schifani, mortificato per essere stato tenuto fuori dalla scelta degli assessori, Gianfranco Miccichè, un tempo condottiero del famoso «61 a 0» (Politiche 2001, collegi uninominali), ha deciso di fondare un suo gruppo parlamentare con quattro fedelissimi deputati. Chiamandolo con il nome del partito di Berlusconi: «Nessun altro può usare il simbolo». Di diverso parere gli amici di Schifani che, accusando Miccichè di scissionismo, hanno eletto un loro capogruppo, Stefano Pellegrino. È l’epilogo di una guerra scattata in agosto quando Miccichè pose il veto alla ricandidatura a governatore di Nello Musumeci, poi transitato con la sua Diventerà bellissima in FdI. Da allora i big del partito di Giorgia Meloni decisero di fare terra bruciata al paladino di Berlusconi. E, come in una partita a scacchi, mentre Miccichè continuava a sponsorizzare Stefania Prestigiacomo per la corsa a possibile governatrice, Ignazio La Russa, da supervisore delle liste, riuscì a fare indicare Schifani come il candidato di un centrodestra da quel momento in fibrillazione continua. Vinsero le elezioni come nel resto del Paese, ma da 45 giorni è guerra sugli assetti. Esplicito il veto della destra di soddisfare le richieste di Miccichè (un secondo mandato alla presidenza dell’Assemblea o l’assessorato alla Salute). Con Schifani pronto a mollare l’ex amico di cordata. Infine, la diatriba interna a FdI dove si dava per scontata la nomina ad assessori dei riconfermati deputati Giorgio Assenza e Giusi Savarino, protagonisti dei successi di Diventerà bellissima, ma improvvisamente retrocessi da Musumeci e dal neoministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Tre giorni fa, indicati dal loro partito, avevano firmato con Schifani le carte per il decreto di nomina. Poi il diktat romano, a favore di due non eletti. Con Musumeci che preferisce Elena Pagana, ex M5S, non eletta a Enna, moglie del suo braccio destro catanese Ruggero Razza. E Lollobrigida che impone un altro escluso dal voto palermitano, il maresciallo dell’Esercito Francesco Scarpinato. Amarezze e rancori segnano l’avvio di una legislatura già tormentata perché Schifani, dei 70 voti d’Aula, senza il gruppo Miccichè potrebbe contarne 35. Destinati a ridursi se sgambetti e voltafaccia targati FdI non saranno sanati dalla distribuzione di presidenze e vicepresidenze. Non è un buon inizio per la Sicilia con un buco di bilancio da 1 miliardo di euro e con Schifani che non può forse alzare la voce e difendere gli amici perché di deficit e giudizio di parifica dovrà presto trattare a Roma. 16 novembre 2022 (modifica il 16 novembre 2022 | 12:39) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-16 11:39:00, A un mese e mezzo dal voto, formato l’esecutivo. Gli azzurri però si dividono: Micciché, avversario dell’ex governatore Musumeci, ha creato un proprio gruppo, Felice Cavallaro