Rick Moody: «Cosa dico a mio figlio sulla guerra in Ucraina? Che è giusto avere compassione e aiutare»

Rick Moody: «Cosa dico a mio figlio sulla guerra in Ucraina? Che è giusto avere compassione e aiutare»

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di Rick Moody L’autore americano: con la Guerra fredda da studente avevo spesso incubi sull’attacco nucleare. Oggi il mio bimbo è ansioso e vede le foto drammatiche dell’invasione russa

Cosa gli dico?
Ho un problema qui a casa, e riguarda il fatto che da qualche mese a questa parte mio figlio è particolarmente ansioso. Sospetto sia per via della pandemia e delle raccomandazioni, soggette a continua modifica, sulla sicurezza presso il suo asilo e altrove nella comunità in cui abitiamo, che è una delle nazioni colpite più duramente al mondo dal Covid. Oggi, quando vede il velo di una lacrima, un fremito di commozione, ha la tendenza a intervenire con un ritornello dal pathos quasi melodrammatico: «È un problema grosso?» E allora, cosa gli dico adesso? Come posso consolarlo adesso? Il fatto è che ha visto le prime pagine dei giornali, e ha visto le fotografie dell’Ucraina. Le fotografie di oggi, ad esempio, mostrano il bombardamento di un ospedale pediatrico. La madre di mio figlio, mia moglie, è una fotografa, e pertanto lui se ne intende di fotografia. Guardiamo fotografie ogni giorno. Una fotografia è una benedizione, è un modo per giungere alla verità delle cose, anche quando è eccessivamente retorica. Una fotografia può essere ciò che ci aiuta a spingere lo sguardo oltre, ad arrivare alla comprensione.

La paternitàCome il bambino siriano. Non passa quasi giorno senza che mi torni in mente la fotografia di quel bambino, un’immagine che per certi versi vorrei non aver mai visto, il bambino di età molto vicina a quella di mio figlio, e il padre non così diverso da me come forse potrebbe sembrare, perché i padri sono una cosa sola, anche se provengono da luoghi diversi e circostanze diverse, i padri che si preoccupano dei propri figli sono una cosa sola. I padri che restano lì a combattere, preoccupandosi dei loro figli che oggi stanno entrando in Polonia, sono un fulgido esempio di paternità, e da padre quale sono sento la loro preoccupazione, persino da lontano.
Cosa dico a mio figlio di tutto ciò?
Di recente mi è capitato di prendere parte a una conversazione tra artisti e scrittori sull’Ucraina, e l’opinione generale sembrava essere che, siccome gli Stati Uniti d’America sono responsabili di molti orrori, nello Yemen, ad esempio, e sono stati responsabili di molti altri orrori, in Cambogia e in Vietnam, per non parlare dell’America Centrale, senza tralasciare l’Iraq, l’Afghanistan e il mancato intervento in Ruanda o in Sudan, se proviamo compassione per l’Ucraina in modo troppo trasparente, allora rischiamo di apparire alla stregua di oppressori cui sta a cuore l’Europa ma che chiudono un occhio su altri luoghi.

La preoccupazioneMio figlio, dal momento che ha cinque anni, ha solo qualche idea confusa sulla Cambogia o sul Nicaragua, non sa ancora dove si trovano, ha sicuramente sentito la parola «Europa», ed è abbastanza sicuro che ci sia un Nordamerica. Nonostante questi primi rudimenti di geografia, è preoccupato per quello che sta succedendo in Ucraina, e ciò accade per via delle fotografie, di quello che riesce a vedere, di quello che riesce a sentire. E teme che la guerra diventi generale, che la tendenza a entrare precipitosamente in guerra, a bombardare obiettivi civili, a bombardare ospedali pediatrici, sia qualcosa che può arrivare ovunque, persino a Boston, in Massachusetts, dove il suo ospedale, ad esempio, l’ospedale in cui è stato curato, si trova sulla nostra stessa strada, non molto lontano da dove sto scrivendo queste righe. L’unico modo di impedire a mio figlio di preoccuparsi che la guerra possa scatenarsi ovunque, questa settimana, è stato di tracciare la distanza da Boston a Kiev — ammetto che, come tattica, non è il massimo — che è una distanza di 4.478 miglia. Tuttavia, non voglio nascondergli i fatti attuali, e in ogni caso è diventato chiaro che a lungo andare sarebbe impossibile. La parola guerra è un termine che si finisce per usare nel descrivere una serie di eventi, e adesso la parola per descrivere l’Ucraina è guerra, e non c’è modo di evitare quella parola.

Mio padre nel 1961Anche mio padre, un ufficiale dell’esercito in congedo, venne mobilitato nella Crisi di Berlino del 1961. In realtà, si trattò del primo evento storico della mia vita degno di nota, dato che ero un neonato all’epoca.
Cosa dovette pensare mio padre? Cosa avrebbe detto a mia sorella, che aveva quattro anni? Cosa avrebbe detto al neonato che ero?
Non è dunque naturale che, nei primi anni Ottanta, quando ero uno studente universitario, facessi dei frequenti, interminabili incubi sull’attacco nucleare, sulla distruzione nucleare? Sono quindi un padre e un figlio della Guerra fredda, che guarda le immagini dell’Ucraina da una storia multigenerazionale di instabilità internazionale. Appartengo a una storia di padri e figli e figlie, in cui ognuno prova a spiegare la situazione a quello che viene dopo di lui, ognuno con un bisogno pressante di spiegare, e che prova a farlo con parole che vengono dal cuore, piuttosto che da un luogo di nazionalismi o di ideologie. (E non c’è un generale russo, con figli e figlie, che può leggere queste righe, e sentire con me, sentire con il cuore quello che io sento?)

Così, ciò che vorrei dire a mio figlio, quando sarà pronto, è questo: è una cosa giusta, sincera, provare compassione per le persone che soffrono in Ucraina, come tu fai già, e siamo qui proprio per condividere ciò che proviamo davanti alla sofferenza di altre persone. È giusto provare compassione per chi soffre, e lo è in ogni parte del mondo. È giusto voler aiutare. È giusto sentirsi parte di un solo popolo, di una sola comunità di persone, aver compassione per le sofferenze dei profughi e dei dimenticati ovunque siano, ed è giusto sentire la grande ondata di disperazione e di rabbia per le persone che causano tale sofferenza, anche se è il tuo stesso governo a farlo, ed è giusto voler far meglio, volere la pace e la giustizia, e volere l’amore e il rispetto tra tutti i popoli, proprio come è giusto guardare il mondo oggigiorno, e vedere che, già, c’è un grosso problema.

© 2022 Rick Moody / Agenzia Santachiara

20 marzo 2022 (modifica il 20 marzo 2022 | 10:52)
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, 2022-03-20 10:13:00, L’autore americano: con la Guerra fredda da studente avevo spesso incubi sull’attacco nucleare. Oggi il mio bimbo è ansioso e vede le foto drammatiche dell’invasione russa, Rick Moody

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