Si registra un nuovo intervento della Corte di Giustizia UE in tema di ricostruzione di carriera del personale docente.
Con sentenza del 30 novembre, i giudici della Corte di Lussemburgo sono infatti intervenuti chiarendo un possibile dubbio nascente dalla precedente sentenza c.d. Motter della stessa Corte di Giustizia che, secondo il giudice del lavoro di Ravenna che aveva sollevato la questione pregiudiziale, non era stato affatto chiarito dalla Corte di Cassazione nel 2019 (che ha introdotto l’istituto della “ricostruzione della carriera giorno per giorno”).
Il Tribunale di Ravenna riteneva che potessero sorgere dubbi di compatibilità con il diritto dell’Unione delle disposizioni del D.Lvo 297/94, il Testo unico della scuola, laddove riconosce pari valutabilità, nell’ambito del sistema di valutazione per intero dei primi quattro anni di servizio pre ruolo e nei limiti dei due terzi del restante periodo, a tutti i servizi di insegnamento, a prescindere dalla loro durata oraria, ritenendo sussistere una sostanziale differenza qualitativa, oltre che quantitativa, tra detti servizi.
Secondo il giudice remittente infatti, porre sullo stesso piano, nella valutazione ai fini della carriera, l’attività di un supplente che ha svolto servizio per sole due ore settimanali di supplenza, con quella di altro docente che ha lavorato per un medesimo periodo però con un orario di cattedra completo, potrebbe determinare una discriminazione al rovescio, nel senso di avvantaggiare in maniera ingiustificata il docente a tempo determinato.
Infatti, secondo il Tribunale di Ravenna, avere svolto 2, 4 o 6 ore settimanali di supplenza non consente di maturare la stessa esperienza di chi svolge un orario pieno (anche nella forma del part-time, pari alla metà dell’orario pieno).
Tutto ciò a fronte di una normativa interna già di netto vantaggio, che riconosce come anno scolastico intero il servizio prestato per almeno 180 giorni o svolto con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale e che, tramite il meccanismo del riallineamento, consente il recupero dopo un certo numero di anni di servizio della quota di un terzo del servizio inizialmente non valutato.
La Corte di Giustizia ha tuttavia fugato i dubbi sollevati dal giudice di Ravenna, evidenziando che l’anzianità dei docenti a tempo indeterminato non dipende dalla quantità di lavoro effettivamente prestata ed i servizi di insegnamento possono anche essere soggetti a interruzioni; il criterio stabilito dalla normativa italiana ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio dei docenti, appare quindi basarsi non già sul numero di ore effettivamente svolte da questi ultimi, bensì sulla durata del rapporto di lavoro.
La CGUE ha quindi rilevato che la normativa europea osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.
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