Siamo alla vigilia del prossimo Esame di Stato che, come sappiamo, ripristinerà alcune prove del periodo pre-Covid, come la seconda prova di carattere nazionale, e ristabilirà la composizione della commissione con membri interni ed esterni, anche questa risalente alla scuola pre-pandemia. La prova orale, invece, dovrebbe confermare il sistema del materiale/spunto, da cui lo studente o la studentessa dovranno sviluppare un ragionamento che sia in grado di collegare le diverse discipline d’esame.
Anche quest’anno quindi, e probabilmente negli anni a venire, si continuerà a privilegiare una preparazione trasversale, incentrata più sulla capacità del candidato di connettere le diverse conoscenze, rispetto a una esposizione legata ai contenuti specifici delle singole materie. Questa concezione dell’esame orale è il risultato coerente degli ultimi dieci, se non ormai vent’anni di rielaborazione della didattica, incentrata sull’idea di competenze, soft skills etc.
Al di là di quello che ciascuno di noi può pensare di questa trasformazione della pedagogia scolastica, di cui al momento dobbiamo solo prendere atto, vorrei suggerire una riflessione e, di conseguenza, una proposta, di riforma dell’ultimo anno di liceo, anche in riferimento all’attuale modalità dell’Esame di Stato (la proposta si limita al liceo, perché è il settore in cui insegno, non sono quindi in grado di dire se potrebbe andar bene anche per gli istituti tecnici e professionali).
La riflessione e la proposta partono da una domanda e una considerazione. La domanda: ha ancora senso un quinto anno di liceo in cui ogni studente deve continuare a studiare tutte le materie, in vista di un esame finale che non richiederà più la conoscenza per contenuti, ma un’esposizione perlopiù libera e personale a partire da un materiale non necessariamente disciplinare? La considerazione: molti studenti, arrivati all’ultimo anno di liceo, non hanno ancora le idee chiare su quale facoltà universitaria scegliere. E non si tratta solo di un problema dell’orientamento scolastico, ma è dovuto, a mio avviso, al fatto che ancora al quinto e ultimo anno ogni studente è costretto a studiare tutte le materie, sia quelle in cui è portato, sia quelle in cui non è portato, ciò che gli impedisce di capire quale possa essere il suo reale talento intellettuale, dal momento che deve dedicare tempo ed energie a tutte le materie, senza concentrarsi realmente su quelle che potrebbero mostrargli una futura strada universitaria.
E qui si inserisce la proposta: trasformare l’ultimo anno di liceo in un anno in cui ogni studente, in collaborazione con il consiglio di classe, sceglie di seguire e studiare un numero limitato di materie, ossia quelle in cui dimostra un reale interesse e un autentico profitto. Due sarebbero le conseguenze positive:
- Per gli studenti: si sentirebbero più partecipi del proprio percorso educativo, in un’età ormai maggiorenne, diventando così anche corresponsabili di questo percorso, che loro stessi avrebbero scelto in corrispondenza dei propri interessi e risultati scolastici;
- Per i docenti: si troverebbero a insegnare la propria materia in classi composte da studenti realmente motivati e capaci, ciò che consentirebbe di sviluppare percorsi originali e di livello avanzato, rendendo più stimolante l’attività di insegnamento.
Questa proposta tiene conto di un fatto ben noto a insegnanti e studenti: un ragazzo o una ragazza che per quattro anni ha faticato in una determinata materia, per le più diverse ragioni, non brillerà mai in quella materia l’ultimo anno. Se, ad esempio, uno studente non è mai riuscito a studiare con profitto matematica o filosofia, ma ha dimostrato brillanti capacità o più semplicemente un miglior profitto in latino o chimica, perché al quinto anno dovrebbe continuare a studiare tutte le materie? Il primo a non trarre piacere da questa situazione è spesso il docente della materia in cui lo studente è debole, perché arrivato all’ultimo anno ha spesso esaurito qualsiasi strumento per aiutarlo a raggiungere dei risultati soddisfacenti. Non sarebbe quindi meglio che lo studente, l’ultimo anno, dedichi più ore allo studio del latino e della chimica, in modo da perfezionare la sua preparazione in queste materie, che poi magari potrebbe scegliere per la sua formazione universitaria? E non sarebbe ancora meglio se questa preparazione avvenisse in una classe di suoi pari, dal punto di vista del profitto, così da studiare a un livello più alto e stimolante?
Possibili obiezioni a questa proposta:
- Che costi avrebbe una riforma del genere? Risposta all’obiezione: chi scrive non ha le competenze tecniche per valutare i costi di un’operazione simile, tuttavia, trattandosi di una trasformazione dell’organizzazione interna, che non incide sull’orario di lavoro né sulle mansioni didattiche del docente, le quali vanno solo rimodulate, non dovrebbero esserci costi aggiuntivi per l’istituzione scolastica.
Tante altre potrebbero essere obiezioni e critiche, che a chi scrive al momento neanche vengono in mente. Così come di certo andrebbe pensata nel dettaglio l’organizzazione di un quinto anno così trasformato: numero minimo e massimo di una classe per materia, eventualità di unire studenti di più classi per la stessa materia (con uno stesso docente o magari con i docenti di ogni classe che dovrebbero fare lezioni in co-presenza), e altro ancora. E ovviamente andrebbe ripensato l’Esame di Stato, a partire dalle prove scritte di carattere nazionale e dalla composizione delle commissioni.
Questa proposta, come tale, non vuole essere definitiva, ma solo l’inizio di una possibile discussione e di un possibile confronto in cui coinvolgere docenti, studenti e famiglie e un domani, chissà, qualche mente aperta e illuminata del Ministero.
Nicola Zippel è Docente di Filosofia e Storia, Liceo Statale “Montessori”, Roma
- Come gestire quegli studenti che non dimostrano interesse né capacità particolari per nessuna materia? E come gestire quelli che vanno bene in tutte le materie? Risposta all’obiezione: per i primi, saranno costretti a scegliere delle materie, in modo quantomeno da responsabilizzarli rispetto al proprio percorso formativo; per i secondi, sono loro che spesso hanno paradossalmente più problemi nella scelta universitaria, perché andare bene in tutte le materie non li aiuta a capire qual è quella in cui potrebbero fare qualcosa in più. Scegliere già nell’ultimo anno di liceo una rosa di materie a cui dedicarsi potrebbe essere il primo passo per una futura scelta universitaria.
- Che costi avrebbe una riforma del genere? Risposta all’obiezione: chi scrive non ha le competenze tecniche per valutare i costi di un’operazione simile, tuttavia, trattandosi di una trasformazione dell’organizzazione interna, che non incide sull’orario di lavoro né sulle mansioni didattiche del docente, le quali vanno solo rimodulate, non dovrebbero esserci costi aggiuntivi per l’istituzione scolastica.
Tante altre potrebbero essere obiezioni e critiche, che a chi scrive al momento neanche vengono in mente. Così come di certo andrebbe pensata nel dettaglio l’organizzazione di un quinto anno così trasformato: numero minimo e massimo di una classe per materia, eventualità di unire studenti di più classi per la stessa materia (con uno stesso docente o magari con i docenti di ogni classe che dovrebbero fare lezioni in co-presenza), e altro ancora. E ovviamente andrebbe ripensato l’Esame di Stato, a partire dalle prove scritte di carattere nazionale e dalla composizione delle commissioni.
Questa proposta, come tale, non vuole essere definitiva, ma solo l’inizio di una possibile discussione e di un possibile confronto in cui coinvolgere docenti, studenti e famiglie e un domani, chissà, qualche mente aperta e illuminata del Ministero.
Nicola Zippel è Docente di Filosofia e Storia, Liceo Statale “Montessori”, Roma
- Come riorganizzare l’orario interno dei docenti, nel rispetto delle 18 ore da svolgere in classe? Risposta all’obiezione: considerando che nelle classi quinte ciascun docente ha una porzione del proprio orario complessivo, con dovuti accorgimenti è senz’altro possibile riorganizzare l’orario in modo da raggiungere le ore totali per ciascun docente (si pensi a quello che si è riuscito a fare durante la fase emergenziale del Covid).
- Come gestire quegli studenti che non dimostrano interesse né capacità particolari per nessuna materia? E come gestire quelli che vanno bene in tutte le materie? Risposta all’obiezione: per i primi, saranno costretti a scegliere delle materie, in modo quantomeno da responsabilizzarli rispetto al proprio percorso formativo; per i secondi, sono loro che spesso hanno paradossalmente più problemi nella scelta universitaria, perché andare bene in tutte le materie non li aiuta a capire qual è quella in cui potrebbero fare qualcosa in più. Scegliere già nell’ultimo anno di liceo una rosa di materie a cui dedicarsi potrebbe essere il primo passo per una futura scelta universitaria.
- Che costi avrebbe una riforma del genere? Risposta all’obiezione: chi scrive non ha le competenze tecniche per valutare i costi di un’operazione simile, tuttavia, trattandosi di una trasformazione dell’organizzazione interna, che non incide sull’orario di lavoro né sulle mansioni didattiche del docente, le quali vanno solo rimodulate, non dovrebbero esserci costi aggiuntivi per l’istituzione scolastica.
Tante altre potrebbero essere obiezioni e critiche, che a chi scrive al momento neanche vengono in mente. Così come di certo andrebbe pensata nel dettaglio l’organizzazione di un quinto anno così trasformato: numero minimo e massimo di una classe per materia, eventualità di unire studenti di più classi per la stessa materia (con uno stesso docente o magari con i docenti di ogni classe che dovrebbero fare lezioni in co-presenza), e altro ancora. E ovviamente andrebbe ripensato l’Esame di Stato, a partire dalle prove scritte di carattere nazionale e dalla composizione delle commissioni.
Questa proposta, come tale, non vuole essere definitiva, ma solo l’inizio di una possibile discussione e di un possibile confronto in cui coinvolgere docenti, studenti e famiglie e un domani, chissà, qualche mente aperta e illuminata del Ministero.
Nicola Zippel è Docente di Filosofia e Storia, Liceo Statale “Montessori”, Roma
- La classe verrebbe separata in tante micro-classi, danneggiando la coesione e il rapporto tra ragazzi e ragazze della stessa classe. Risposta all’obiezione: si possono creare lezioni comuni a tutta la classe, sia in educazione civica che nelle singole materie, rispetto a questioni trasversali alle singole discipline (ad es.: il concetto di infinito in matematica, filosofia e arte), ciò che permetterebbe anche una collaborazione inedita e stimolante per i docenti.
- Come riorganizzare l’orario interno dei docenti, nel rispetto delle 18 ore da svolgere in classe? Risposta all’obiezione: considerando che nelle classi quinte ciascun docente ha una porzione del proprio orario complessivo, con dovuti accorgimenti è senz’altro possibile riorganizzare l’orario in modo da raggiungere le ore totali per ciascun docente (si pensi a quello che si è riuscito a fare durante la fase emergenziale del Covid).
- Come gestire quegli studenti che non dimostrano interesse né capacità particolari per nessuna materia? E come gestire quelli che vanno bene in tutte le materie? Risposta all’obiezione: per i primi, saranno costretti a scegliere delle materie, in modo quantomeno da responsabilizzarli rispetto al proprio percorso formativo; per i secondi, sono loro che spesso hanno paradossalmente più problemi nella scelta universitaria, perché andare bene in tutte le materie non li aiuta a capire qual è quella in cui potrebbero fare qualcosa in più. Scegliere già nell’ultimo anno di liceo una rosa di materie a cui dedicarsi potrebbe essere il primo passo per una futura scelta universitaria.
- Che costi avrebbe una riforma del genere? Risposta all’obiezione: chi scrive non ha le competenze tecniche per valutare i costi di un’operazione simile, tuttavia, trattandosi di una trasformazione dell’organizzazione interna, che non incide sull’orario di lavoro né sulle mansioni didattiche del docente, le quali vanno solo rimodulate, non dovrebbero esserci costi aggiuntivi per l’istituzione scolastica.
Tante altre potrebbero essere obiezioni e critiche, che a chi scrive al momento neanche vengono in mente. Così come di certo andrebbe pensata nel dettaglio l’organizzazione di un quinto anno così trasformato: numero minimo e massimo di una classe per materia, eventualità di unire studenti di più classi per la stessa materia (con uno stesso docente o magari con i docenti di ogni classe che dovrebbero fare lezioni in co-presenza), e altro ancora. E ovviamente andrebbe ripensato l’Esame di Stato, a partire dalle prove scritte di carattere nazionale e dalla composizione delle commissioni.
Questa proposta, come tale, non vuole essere definitiva, ma solo l’inizio di una possibile discussione e di un possibile confronto in cui coinvolgere docenti, studenti e famiglie e un domani, chissà, qualche mente aperta e illuminata del Ministero.
Nicola Zippel è Docente di Filosofia e Storia, Liceo Statale “Montessori”, Roma
- Come la mettiamo con le materie di indirizzo? Non sarebbe giusto smettere di studiare latino e greco all’ultimo anno di classico, a quel tanto varrebbe cambiare indirizzo. Risposta all’obiezione: se uno studente dimostra dei limiti evidenti con le materie di indirizzo, è responsabilità del consiglio di classe guidare fin dai primi anni lo studente a cambiare indirizzo; se lo studente è arrivato al quinto anno, evidentemente il consiglio di classe lo ha giudicato più capace in altre materie che ne hanno giustificato ogni volta la promozione e allora diventa ancora più giusto lasciarlo studiare solo quelle materie al quinto anno.
- La classe verrebbe separata in tante micro-classi, danneggiando la coesione e il rapporto tra ragazzi e ragazze della stessa classe. Risposta all’obiezione: si possono creare lezioni comuni a tutta la classe, sia in educazione civica che nelle singole materie, rispetto a questioni trasversali alle singole discipline (ad es.: il concetto di infinito in matematica, filosofia e arte), ciò che permetterebbe anche una collaborazione inedita e stimolante per i docenti.
- Come riorganizzare l’orario interno dei docenti, nel rispetto delle 18 ore da svolgere in classe? Risposta all’obiezione: considerando che nelle classi quinte ciascun docente ha una porzione del proprio orario complessivo, con dovuti accorgimenti è senz’altro possibile riorganizzare l’orario in modo da raggiungere le ore totali per ciascun docente (si pensi a quello che si è riuscito a fare durante la fase emergenziale del Covid).
- Come gestire quegli studenti che non dimostrano interesse né capacità particolari per nessuna materia? E come gestire quelli che vanno bene in tutte le materie? Risposta all’obiezione: per i primi, saranno costretti a scegliere delle materie, in modo quantomeno da responsabilizzarli rispetto al proprio percorso formativo; per i secondi, sono loro che spesso hanno paradossalmente più problemi nella scelta universitaria, perché andare bene in tutte le materie non li aiuta a capire qual è quella in cui potrebbero fare qualcosa in più. Scegliere già nell’ultimo anno di liceo una rosa di materie a cui dedicarsi potrebbe essere il primo passo per una futura scelta universitaria.
- Che costi avrebbe una riforma del genere? Risposta all’obiezione: chi scrive non ha le competenze tecniche per valutare i costi di un’operazione simile, tuttavia, trattandosi di una trasformazione dell’organizzazione interna, che non incide sull’orario di lavoro né sulle mansioni didattiche del docente, le quali vanno solo rimodulate, non dovrebbero esserci costi aggiuntivi per l’istituzione scolastica.
Tante altre potrebbero essere obiezioni e critiche, che a chi scrive al momento neanche vengono in mente. Così come di certo andrebbe pensata nel dettaglio l’organizzazione di un quinto anno così trasformato: numero minimo e massimo di una classe per materia, eventualità di unire studenti di più classi per la stessa materia (con uno stesso docente o magari con i docenti di ogni classe che dovrebbero fare lezioni in co-presenza), e altro ancora. E ovviamente andrebbe ripensato l’Esame di Stato, a partire dalle prove scritte di carattere nazionale e dalla composizione delle commissioni.
Questa proposta, come tale, non vuole essere definitiva, ma solo l’inizio di una possibile discussione e di un possibile confronto in cui coinvolgere docenti, studenti e famiglie e un domani, chissà, qualche mente aperta e illuminata del Ministero.
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