Ritorno a scuola: meno alunni, gravi disuguaglianze. Maggiori difficoltà per studenti con background migratorio. Il rapporto – Tuttoscuola,

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Via a un nuovo anno scolastico, il primo dalla fine della pandemia. Dopo l’emergenza la percentuale di Pil investita dal nostro Paese nell’istruzione è tornata a scendere al 4,1%, contro una media europea del 4,8%[1], a cui si aggiunge la carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno, che restano ancora appannaggio di pochi. Secondo gli ultimi dati disponibili (a.s. 2021/2022), inoltre, ancora solo il 38,06% delle classi della scuola primaria è a tempo pieno e poco più della metà degli alunni della primaria frequenta la mensa scolastica. Non sorprende dunque che la dispersione scolastica in Italia sia superiore rispetto alla media europea (rispettivamente 11,5% e 9,6% nel 2022)[2] e che l’8,7% di studenti si trovi in condizione di dispersione implicita. A puntare i fari su alcune delle più importanti criticità che si presentano in questo inizio di anno scolastico è il Rapporto “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”, diffuso oggi da Save the Children che ha anche lanciato una campagna per la cittadinanza, “Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti!”, in cui chiede al Parlamento italiano di riformare la legge sulla cittadinanza e consentire a bambine, bambini e adolescenti nati in Italia o arrivati nel nostro Paese da piccoli, figli di genitori regolarmente residenti, di diventare italiani prima del compimento della maggiore età. In uno scenario in cui la scuola italiana è alle prese con un numero sempre minore di studentesse e studenti, a causa del calo demografico che da anni investe il nostro Paese e con classi sempre più multiculturali, quest’anno il Rapporto annuale sulla scuola di Save the Children mette a fuoco i percorsi educativi degli studenti con background migratorio. Parliamo di più di 800 mila minori, pari ad oltre 1 su 10[3] (10,6%) tra gli iscritti nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie nel nostro Paese[4]. Il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana ha un impatto sul successo scolastico e segna il loro percorso di crescita e di formazione rispetto ai coetanei[5].

Nel nostro Paese, solo il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana è iscritto e frequenta la scuola dell’infanzia (percentuale che sale all’83,1% per i nati in Italia) contro il 95,1% degli italiani, sperimentando così, fin dai primi anni di vita, percorsi scolastici e educativi diversi, che incidono sui risultati e sulle opportunità future. Tra gli studenti con background migratorio si registrano maggiori ritardi scolastici, casi di dispersione e abbandono scolastico. Mentre gli studenti di origine italiana in ritardo nell’anno scolastico 2021/22 rappresentavano l’8,1%, quelli con cittadinanza non italiana erano il 25,4%, con un divario che diventa ancora più allarmante nella scuola secondaria di II grado (16,3% contro il 48,4%).

Le disuguaglianze si rilevano anche negli apprendimenti: al termine del primo ciclo di istruzione la percentuale degli studenti che non raggiungono le competenze adeguate in italiano, matematica e inglese (secondo i dati INVALSI del 2023) tra gli immigrati di prima generazione è doppia (26%) rispetto agli studenti italiani o stranieri di seconda generazione[6]. A gravare sul percorso educativo dei minori con background migratorio, anche le condizioni di povertà economica e l’impatto della pandemia, che ha in molti casi comportato l’interruzione dell’insegnamento della lingua italiana e delle attività extrascolastiche, la mancanza di dispositivi tecnologici per seguire le lezioni, la mancanza di occasioni di socialità e di rapporto scuola-famiglia.

I bambini, le bambine e gli adolescenti, italiani di fatto, ma non per legge, sono più di 800 mila nelle nostre scuole e in costante crescita, ma non beneficiano delle stesse opportunità di sviluppo dei loro coetanei italiani. Il loro percorso formativo è segnato da ostacoli e difficoltà che si manifestano fin dall’infanzia, a partire dall’accesso ai servizi, all’accertamento della carriera scolastica, al riconoscimento della validità dei titoli conseguiti in un altro Paese o alla piena partecipazione alle attività scolastiche e extrascolastiche. Per questo, sono necessari interventi e politiche ampie che sostengano nella scuola e nella società le opportunità date da una società multiculturale e consentano di far fiorire i talenti di tutte le studentesse e gli studenti, cosa di cui, peraltro, il nostro Paese ha un enorme bisogno per il suo sviluppo”, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “La scuola è lo spazio per eccellenza dell’incontro e dello scambio tra bambini e ragazzi con provenienze diverse e la relazione è spesso la chiave per avviare un processo di inclusione sociale di successo. Per questo, chiediamo al Governo di investire risorse per valorizzare il pluralismo culturale nelle scuole, potenziando la presenza di mediatori culturali negli istituti con un’alta presenza di alunni con background migratorio, ma anche corsi di italiano e attività di socializzazione extrascolastica, soprattutto nelle aree più svantaggiate e a rischio povertà dove si concentrano le famiglie con entrambi i genitori nati all’estero”.

“Da troppo tempo l’Italia attende una riforma legislativa che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese, rafforzando così il senso di appartenenza alla comunità nella quale crescono e spingendo in avanti le loro aspirazioni per il futuro. È un’opportunità che il nostro Paese non può perdere”, ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children. “L’impegno a favore dei percorsi scolastici degli studenti con background migratorio deve inserirsi, a pieno titolo, in un piano di contrasto a tutte le gravi disuguaglianze educative che oggi pregiudicano il futuro dei bambini: le disuguaglianze territoriali (con i gravi divari tra Nord e Sud), quelle legate alla condizione economica delle famiglie, quelle relative al genere, in particolare per l’accesso delle bambine alle discipline scientifiche. Il superamento delle disuguaglianze educative va messo al centro degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, così come dei fondi ordinari e della nuova programmazione europea. Un intervento organico e strutturale a sostegno delle scuole e dei territori che affrontano giornalmente questa sfida è la strada per assicurare davvero, nei fatti, una scuola ‘aperta a tutti‘, come recita la nostra Costituzione”.

Il 67,5% degli studenti stranieri iscritti nelle nostre scuole è nato in Italia[7]: dall’anno scolastico 2017/18 al 2021/22 il numero è cresciuto del 10,8%, passando da 531.467 a 588.986 alunni, con un incremento di oltre 57 mila minori. Nella scuola dell’infanzia, su 100 alunni con background migratorio circa 83 sono nati in Italia; nella scuola primaria quasi tre minori su quattro (73,6%); nella scuola secondaria di I grado sono il 67% e nella scuola secondaria di II grado il 48,3%, quasi uno su due. Il 65,5% degli studenti stranieri presenti in Italia si concentra nelle regioni del Nord, seguite, a distanza, dal Centro (21,9%), Sud e Isole (12,6%). Per comprendere la relazione tra educazione e cittadinanza, ovvero quanto i percorsi dei minori con background migratorio si differenzino in base al possesso dello status di cittadina o cittadino italiano, il Rapporto presenta i risultati di un’indagine quantitativa realizzata da Save the Children, che ha coinvolto 6.059 studenti tra i 10 e i 17 anni, che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado in cinque città (Catania, Milano, Napoli, Roma e Torino)[8]. La ricerca approfondisce il senso di appartenenza alla scuola, le relazioni sociali, il sostegno dei docenti e della comunità educante, le aspirazioni future degli alunni stranieri. L’indagine fa parte del più ampio progetto di ricerca europeo IMMERSE – Integration Mapping of Refugee and Migrant children in Schools and other Experiential environments in Europe, che si propone di individuare una nuova generazione di indicatori per studiare lo stato dell’inclusione sociale e scolastica dei minorenni rifugiati e migranti in Europa.

L’11% degli alunni con background migratorio ha dichiarato di aver avuto periodi di interruzione della scuola di sei mesi o più – assenze prolungate che rappresentano uno dei campanelli d’allarme della dispersione scolastica – contro il 5,9% degli studenti con genitori italiani. Tra i minori con background migratorio che hanno risposto di aver smesso di frequentare la scuola per periodi prolungati e che non hanno cittadinanza italiana, l’8,3% indica tra le motivazioni principali[9] il fatto che non ci fossero posti disponibili a scuola, il 3,2% la conoscenza limitata della lingua italiana, il 2,2% la necessità di aiutare i genitori a casa e il 2,5% il fatto che la scuola non sia utile. Queste percentuali scendono nettamente tra i minori con background migratorio che hanno la cittadinanza italiana: solo l’1,5% afferma di non aver trovato posto a scuola, mentre quasi nessuno sostiene di non conoscere la lingua italiana o di dover restare a casa per aiutare la famiglia, o ancora ritiene che frequentare la scuola sia inutile.

La cittadinanza italiana sembra influire positivamente sul livello di istruzione più alto che gli studenti si aspettano di raggiungere. Il 45,5% degli studenti italiani (43,2% per quelli con background migratorio) intervistati ritiene di poter ottenere un diploma di laurea, un master o un dottorato, dato che scende al 35,7% per gli studenti con background migratorio senza cittadinanza. Questi risultati mostrano come i minori con background migratorio, se cittadini del Paese ospitante, tendono a maturare aspettative e aspirazioni equivalenti a quelle dei coetanei nati in Italia.

Nel processo di integrazione, di crescita e formazione di questi studenti è fondamentale anche il grado di fiducia degli insegnanti nelle loro capacità e potenzialità, che può influenzare negativamente le aspirazioni future di bambini, bambine e adolescenti. Se per il 64,5% degli studenti italiani intervistati i docenti manifestano sempre o quasi sempre fiducia nelle loro capacità, nel caso degli studenti con background migratorio solo il 53,4% afferma che gli insegnanti dimostrano fiducia nelle loro capacità di proseguire gli studi, mentre in un caso su 10 (10,8%) questo non avviene mai o quasi mai. Anche nella scelta degli indirizzi di studio il luogo di nascita svolge un ruolo determinante: mentre gli studenti con cittadinanza non italiana nati nel nostro Paese si orientano verso gli istituti tecnici (39,7%) e i licei (23,8%), gli studenti nati all’estero si iscrivono prevalentemente agli istituti tecnici (37,8%) e ai professionali (34,9%)[10].

Gli studenti intervistati, di qualsiasi origine siano, incontrano ostacoli e difficoltà legate alla mancanza o scarsità delle opportunità offerte nel territorio: solo il 22% degli intervistati, poco più di 1 su 5, dichiara di vivere in aree dove sono presenti attività di sostegno, di apprendimento o di supporto linguistico (aiuto per fare i compiti, corsi di lingua, ecc.), organizzate nel tempo extrascolastico e solo il 38,9% dichiara di partecipare a qualche attività nel dopo scuola, come attività sportive, corsi di arte o musica.

Il 17,9% degli studenti con background migratorio senza cittadinanza italiana afferma di non sentirsi mai o quasi mai parte della scuola. Tale percentuale scende al 13,8% per gli studenti con background migratorio e con cittadinanza italiana e al 10,6% per i coetanei con entrambi i genitori italiani.  I minori che dichiarano di provare un forte senso di appartenenza verso l’Italia, il proprio quartiere e la propria città sono pochi, sia tra chi ha origini italiane, sia tra i minori con background migratorio. Tra i primi, solo il 26,2% si sente “vicino” all’Italia, il 30% al quartiere e il 24% alla propria città. Tra i minori con background migratorio, coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana si sentono più vicini all’Italia (18,5%)[11] e più vicini al loro quartiere (26%) e città (18%) rispetto ai minori stranieri senza cittadinanza italiana (rispettivamente 14%; 21,5%; 13%). 

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[1] Eurostat https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/GOV_10A_EXP__custom_7227544/default/table?lang=en
[2] Eurostat https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/EDAT_LFSE_14__custom_6927674/default/table?lang=en
[3] Ministero dell’Istruzione e del Merito, Gli alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2021/2022, agosto 2023 https://miur.gov.it/documents/20182/7715421/NOTIZIARIO_Stranieri_2122.pdf/2593fc66-1397-4133-9471-b76396c2eb97?version=1.1&t=1691593500475
[4] In Italia, solo il 18% delle scuole è formata da classi interamente composte da alunni con cittadinanza italiana, mentre tre su quattro registrano una presenza di stranieri inferiore al 30% e il 7,2% del 30% o superiore. Ministero dell’Istruzione e del Merito, Gli alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2021/2022, agosto 2023 https://miur.gov.it/documents/20182/7715421/NOTIZIARIO_Stranieri_2122.pdf/2593fc66-1397-4133-9471-b76396c2eb97?version=1.1&t=1691593500475
[5] Ministero dell’Istruzione e del Merito, Gli alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2021/2022, agosto 2023 https://miur.gov.it/documents/20182/7715421/NOTIZIARIO_Stranieri_2122.pdf/2593fc66-1397-4133-9471-b76396c2eb97?version=1.1&t=1691593500475
[6] Invalsi (2023), Rapporto Invalsi 2023, https://invalsi-areaprove.cineca.it/docs/2023/Rilevazioni_Nazionali/Rapporto/Rapporto%20Prove%20INVALSI%202023.pdf
[7] Ministero dell’Istruzione e del Merito, Gli alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2021/2022, agosto 2023 https://miur.gov.it/documents/20182/7715421/NOTIZIARIO_Stranieri_2122.pdf/2593fc66-1397-4133-9471-b76396c2eb97?version=1.1&t=1691593500475 
[8] Il campione italiano creato a partire dall’indagine IMMERSE è composto per il 58% da studenti senza background migratorio, per il 24,5% da studenti con background migratorio nati in Italia, per il 12,7% da studenti nati all’estero e per il restante 4,8% da studenti che sembrano avere difficoltà a definire la propria origine. Tra i minori con background migratorio, il 5% è arrivato in Italia da un anno o meno di un anno, il 10% circa da 2-5 anni.
[9]
Risposta multipla e facoltativa
[10] Ministero dell’Istruzione (luglio 2022), Gli alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2020/2021
[11] Domanda a risposta multipla.

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