di Michele Marangon
La studentessa ha chiamato i genitori perché non voleva consegnare lo smartphone a inizio lezione come da circolare del preside. Oltre ai parenti è arrivata anche una volante della polizia
Da una parte un preside che cerca di arginare il fenomeno del cyberbullismo alzando l’asticella della civiltà e del rispetto delle regole all’interno delle mura scolastiche, dall’altra una studentessa e la sua famiglia che chiama la polizia perché pensa sia stato leso un diritto della giovane. Oggetto del contendere: l’uso del cellulare, vietato in classe da una circolare emanata dal dirigente il 14 ottobre scorso.
Questi gli elementi di una vicenda che ha avuto come teatro il liceo scientifico Ettore Majorana di Latina, dove la polizia è dovuta intervenire – lunedì mattina- chiamata dai parenti di una studentessa del secondo anno che non voleva consegnare il telefono a inizio lezione come ribadito nell’ultimo documento dell’istituto. Neanche il tempo di fare arrivare la volante che si presenta a scuola il fratello maggiore della studentessa, e poco dopo anche il padre, un imprenditore della zona che verso il dirigente ha proferito parole decisamente forti.
«E se poi il mio cellulare sparisce o non me lo ridanno?»: è stata questa la contestazione della giovane rispetto al provvedimento che il professor Domenico Aversano ha voluto attuare dopo la « segnalazione di reiterati casi di cyberbullismo, i comportamenti scorretti nei confronti di alcuni docenti», si legge nella circolare. Episodi che hanno spinto il dirigente a questa svolta radicale: divieto di uso del cellulare che al mattino va depositato in una apposita scatola. Il confronto tra le parti è serrato, gli animi si scaldano, con i docenti da una parte, studentessa e famiglia dall’altra, e la polizia che cerca una mediazione sostenendo le buone ragioni della scuola. «Dovreste togliere i cellulari a chi è scorretto», insisteva l’adolescente.
Gli animi si sono placati alla fine, ma resta tutta l’amarezza di un preside letteralmente aggredito da chi, forse, non ha compreso lo spirito di un provvedimento emanato a tutela dell’intera popolazione scolastica. La notizia, in poche ore, ha fatto il giro della città scatenando un’orda di commenti sui social, quasi tutti di condanna verso il comportamento dei genitori intervenuti a sostegno della ragazza, plaudendo invece alla decisione del dirigente. «Sempre peggio! I genitori – è uno dei tanti post su facebook- invece di far osservare le regole alla figlia vanno a brontolare dal dirigente e chiamano la polizia…poi ci lamentiamo se nella quotidianità i ragazzi si comportano come dei selvaggi…».
A leggere le frasi del preside sulla circolare, poi, appare evidente il tono profetico. «Siamo consapevoli di essere, con alta probabilità, impopolari ma siamo anche convinti che la scuola debba recuperare l’aspetto della socializzazione e il rispetto dell’altro. Siamo anche consapevoli che il Majorana si è distinto sempre per il fatto di andare controcorrente e allora inizieremo la salita. Confidiamo nell’aiuto dei docenti ma soprattutto degli studenti che hanno davanti a loro una nuova sfida: quella di lasciare il mondo virtuale dei social fuori dalla scuola e adottare un nuovo stile, un modus operandi ispirato al dialogo con i coetanei, al dialogo con i grandi maestri del passato, i libri… e al confronto con i maestri del presente, i propri insegnanti… per la costruzione di un futuro fatto di autentiche conoscenze».
La polizia ha avvisato la procura dell’accaduto, ma sino ad ora non risulta siano state presentate denunce da una delle parti. «Abbiamo spiegato alla ragazza e alla famiglia – raccontano dagli uffici della polizia – che lo smartphone non è uno strumento necessario allo studio, e che se si teme per il valore o la custodia dell’oggetto, si può tranquillamente lasciarlo a casa. Non vorremmo che l’ episodio di lunedì legittimi forme di protesta come questa. Se una persona non concorda con un provvedimento ci sono strumenti idonei per far valere le proprie ragione, si può parlare con i propri rappresentanti d’istituto, o fare ricorso».
«Il fatto che i genitori abbiano “diseducato” una figlia in questo modo significa che la famiglia ha perso la capacità di un intervento saggio sui figli» commenta il presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio, Mario Rusconi. «Evidentemente – aggiunge Rusconi – la famiglia è sempre più assente nelle scelte educative. I ragazzi ne pagheranno conseguenze ben peggiori quando saranno grandi. Siamo arrivati al punto di dover chiamare polizia e carabinieri».
18 ottobre 2022 (modifica il 18 ottobre 2022 | 15:35)
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, 2022-10-18 13:35:00, La studentessa ha chiamato i genitori perché non voleva consegnare lo smartphone a inizio lezione come da circolare del preside. Oltre ai parenti è arrivata anche una volante della polizia, Michele Marangon