Rivoluzione mieloma multiplo: così sono migliorate le prospettive dei pazienti

Rivoluzione mieloma multiplo: così sono migliorate le prospettive dei pazienti

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di Vera Martinella

Per chi soffre del tumore del sangue diagnosticato al musicista Giovanni Allevi, con l’arrivo di nuove terapie le aspettative sono notevolmente migliorate. Come gestire il dolore osseo

I medici che curano i malati di cancro sono per natura cauti a parlare di guarigione. Quelli esperti e scrupolosi lo sono ancor di più, sempre alla ricerca di un corretto equilibrio fra infondere coraggio e speranza, senza eccedere nelle false illusioni. Oncologi ed ematologi, abituati a convivere con il dolore di tanti pazienti e familiari, non amano la parola «rivoluzione». Eppure, raramente, la utilizzano: quando davvero il cambiamento è grande e i progressi sono sia significativi sia scientificamente dimostrati. E’ accaduto di recente, durante il congresso della Società Italiana di Ematologia (Sie), quando si è parlato degli avanzamenti compiuti nella terapia del mieloma multiplo. Di questa neoplasia del sangue, diagnosticata ogni anno a circa 5.700 italiani per lo più ultra70enni, si è parlato di recente quando il musicista Giovanni Allevi ha comunicato tramite i social di soffrirne e di aver iniziato un faticoso iter di cure che lo terrà per un po’ lontano dalle scene.   

Cambio di prospettive dal Duemila

Molti fan si chiedono quali siano le prospettive di cura del giovane pianista e compositore. La buona notizia è che sono molto migliorate grazie ai passi avanti iniziati nel Duemila, come spiega Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia Seràgnoli all’Università degli Studi di Bologna e IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna: «La terapia del precedente millennio impiegava pressoché esclusivamente farmaci chemioterapici (primo tra tutti il melfalan), somministrati a basse dosi nei pazienti “anziani”. Oppure ad alte dosi, con successivo trapianto di cellule staminali autologhe (dello stesso paziente) nei “giovani”, cioè in chi generalmente aveva un’età inferiore ai 65 anni. La sopravvivenza media era di circa tre anni nel primo gruppo e di circa cinque nei soggetti sottoposti a trapianto. La malattia era ritenuta ineluttabilmente fatale, soprattutto perché portava sempre o quasi a recidive».  

E adesso qual è la situazione?

«Dall’inizio degli anni Duemila l’approccio terapeutico è cambiato radicalmente grazie alla disponibilità di farmaci biologici, non chemioterapici, quali gli immunomodulatori, gli inibitori del proteasoma e gli anticorpi monoclonali – risponde Cavo, membro del direttivo Sie -. Questi farmaci, combinati tra di loro e in maniera continuativa, hanno considerevolmente aumentato la sopravvivenza mediana che oggi supera i sette anni nei malati “anziani” con malattia di nuova diagnosi ed è di oltre 10 anni nei pazienti sottoposti a trapianto autologo. Di questi ultimi, oggi, almeno il 30% sono liberi da progressione della malattia a lungo termine. Ovvero, seppure con cautela, possono essere considerati “operativamente” guariti».  

Quali cure sono arrivate che hanno cambiato prospettive?

«Oggi abbiamo a disposizione, già approvati e utilizzati anche in Italia, 20 diversi regimi terapeutici comprensivi di nuovi farmaci appartenenti alle tre principali classi (cioè immunomodulatori, inibitori del proteasoma e anticorpi monoclonali “classici” e coniugati con agenti citotossici). Sono utilizzabili sia per chi ha appena ricevuto la diagnosi sia per chi ha una malattia ricaduta oppure refrattaria (cioè che oppone resistenza alle cure, ndr). Tutti questi medicinali ci hanno consentito di aumentare non solo la percentuale di risposta, ovvero il numero dei pazienti che traggono beneficio dalle terapie (che arriva sino al 90% e oltre), ma anche la sua “profondità” (cresce dunque la quota di persone senza malattia minima residua: cioè negli esami specifici non viene individuata neppure una singola cellula tumorale tra 100mila-un milione di cellule normali, ndr) e di estenderne la durata».   

Ci sono altre novità all’orizzonte?

«Nuovi e più potenti farmaci immunomodulanti, farmaci con innovativi meccanismi di azione (come, ad esempio, gli inibitori delle esportine), anticorpi bispecifici e CAR-T. Sia per la terapia con linfociti T del paziente geneticamente modificati per esprimere un recettore chimerico diretto con un antigene plasmacellulare (CAR-T) sia per gli anticorpi bispecifici in grado di reindirizzare i linfociti T del paziente in prossimità delle cellule tumorali e di eliminarle selettivamente è attesa l’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco alla rimborsabilità. L’indicazione d’uso per entrambe queste terapie sarà rivolta al trattamento dei pazienti che hanno già ricevuto le tre principali classi di farmaci e che sono refrattari all’ultima terapia ricevuta».   

Il dolore osseo: uno dei sintomi più duri per i pazienti

«È presente in circa due terzi dei pazienti di nuova diagnosi, altera negativamente la qualità di vita e talvolta porta all’allettamento. È il risultato dell’iper-attività, provocata dal mieloma, delle cellule deputate al riassorbimento della matrice ossea (osteoclasti) e della ridotta attività delle cellule deputate alla sintesi di nuovo osso (osteoblasti). Ne deriva una perdita di massa ossea eccedente di molto la sua sintesi. I bisfosfonati, unitamente alle terapie con nuovi farmaci, ribilanciano questo alterato rapporto inibendo l’attività degli osteoclasti. Poi, in casi particolari, come quello dei pazienti con crolli vertebrali, può essere utile valutare con lo specialista ortopedico l’indicazione a eseguire un intervento di vertebroplastica».   

Campanelli d’allarme

Quali sono i «campanelli d’allarme» da non trascurare per una diagnosi precoce? Cosa deve preoccupare? «La sintomatologia dolorosa – conclude Cavo – non interessa le articolazioni, mentre dolori ossei persistenti o ingravescenti, più spesso in una sede fissa, devono portare il paziente a consultare il proprio medico di fiducia che valuterà l’indicazione a consigliare l’esecuzione di specifici esami del sangue e indagini radiologiche. Di particolare utilità, la tomografia assiale computerizzata (TAC) o con emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica nucleare (RMN)».

9 novembre 2022 (modifica il 9 novembre 2022 | 12:27)

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, 2022-11-09 11:31:00, Per chi soffre del tumore del sangue diagnosticato al musicista Giovanni Allevi, con l’arrivo di nuove terapie le aspettative sono notevolmente migliorate. Come gestire il dolore osseo, Vera Martinella

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