Roberto Maroni, il mio amico al lavoro fino all’ultimo: «Quanto serve per finire il nostro libro?»

Roberto Maroni, il mio amico al lavoro fino all’ultimo: «Quanto serve per finire il nostro libro?»

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di Carlo Brambilla *coautore con Roberto Maroni de «Il Viminale esploderà»Bobo ripeteva: «Dobbiamo far dire ai nostri personaggi qualcosa che dia speranza in questi tempi grami». A primavera gli scrivo un sms: «Capolavoro finito». Bobo ce l’hai fatta, riposa in pace Dialogo numero 1. «Ma hai già in mente il titolo»?«Certo».«E sarebbe»?«Il Viminale esploderà»!«Allora lo facciamo».Dialogo numero 2, qualche mese dopo. Esattamente un anno fa, dopo la costruzione della prima ipotesi di trama del thriller, con al centro il suo alter ego.«Quanto pensi che ci voglia per concludere il capolavoro»? «Per 400 pagine? Diciamo un annetto o giù di lì».«Troppo, bisogna che ci diamo da fare». E in queste ore funeste, quel «troppo» rimbomba nelle orecchie più che mai. Così Roberto (scomparso il 22 novembre) ci si buttò a capofitto, con la passione che lo ha sempre contraddistinto in ogni sua attività, non solo legata alla politica: la musica, la vela, lo sport. Tastierista nella band Distretto 51, attraversato l’Oceano Atlantico in barca, le partite del Milan e ora anche la prova di un’invenzione letteraria. E la malattia che lo divorava inesorabile ogni giorno. Che ogni giorno gli toglieva qualcosa al corpo. Ma lui non ci faceva caso. Aggiustava i personaggi del romanzo, perfezionava qualche passaggio, e soprattutto si divertiva. Ecco il segreto: si divertiva a prendere in giro il destino. Lunghe giornate di lavoro e risate. «Dobbiamo approfittare dei nostri personaggi, per far dire loro anche qualche cosa sui tempi grami che la gente sta vivendo. Dobbiamo lanciare messaggi di speranza». Ripeteva all’infinito.Mese dopo mese, la voce si affievoliva, le mani si muovevano a fatica, le gambe traballavano, ma il cervello preso di mira dal maledetto tumore non smetteva di funzionare. Leggeva e rileggeva le pagine che andavano via via impilandosi: correggeva, aggiungeva una battuta, infilava un ricordo attinto dalla sua lunga esperienza personale. E ci si dava appuntamento per la settimana successiva.La domanda era sempre la stessa: «A che punto siamo?» «A buon punto, ma ci sono ancora un mucchio di cose da sistemare», l’immancabile risposta. E di nuovo lunghe ore di lavoro ma non senza divertimento, in una corsa contro il tempo che solo ora assume i contorni della tragedia. Solo ora. Voleva farcela, doveva farcela. Per lui, per sua moglie Emi, per i suoi figli e per i suoi amici. A primavera inoltrata gli scrivo il messaggio: «Capolavoro finito».Il Viminale esploderà, ora è in libreria. Bobo, ce l’hai fatta. Sono orgoglioso di averti aiutato. Sono fiero di essere stato tuo amico per trent’anni. Riposa in pace, fratello.*coautore con Roberto Maroni de «Il Viminale esploderà» 23 novembre 2022 (modifica il 23 novembre 2022 | 07:27) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-23 06:50:00, Bobo ripeteva: «Dobbiamo far dire ai nostri personaggi qualcosa che dia speranza in questi tempi grami». A primavera gli scrivo un sms: «Capolavoro finito». Bobo ce l’hai fatta, riposa in pace, Carlo Brambilla *coautore con Roberto Maroni de «Il Viminale esploderà»

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