Rocco Forte: «Dai miei hotel ho visto incoronare la regina e la prima minigonna. Lagerfeld ospite fisso»

Rocco Forte: «Dai miei hotel ho visto incoronare la regina e la prima minigonna. Lagerfeld ospite fisso»

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di Luigi Ippolito

Il re degli alberghi di lusso «Mio padre emigrato era insultato a scuola»

Il re degli hotel di lusso in Europa è un Sir italiano radicato a Londra, Rocco Forte: suo padre, il barone Charles, si chiamava in realtà Carmine ed era arrivato in Gran Bretagna dalla provincia di Frosinone. Charles aveva creato dal nulla un impero dell’ospitalità nella sua patria adottiva, sulle cui ceneri è sorto poi il gruppo che oggi fa capo a Sir Rocco, che ha ricevuto l’investitura a Cavaliere dalla regina nel ‘95.

Gemma londinese

Si fa trovare nello stiloso Donovan bar del Brown’s hotel, la gemma londinese della sua collezione, nel cuore di Mayfair, il quartiere più luccicante: «Qui vengono scrittori — racconta — attori, gente del mondo della moda: Karl Lagerfeld ci veniva spesso. Al ristorante c’è sempre qualche personaggio politico o del cinema». Lui in realtà è nato a Bournemouth, sulla costa inglese, quando sulla capitale cadevano i missili nazisti e suo padre aveva mandato la moglie a stare dai parenti: ma ha poi vissuto sempre a Londra, che ha visto cambiare sotto i suoi occhi dalle vetrate degli hotel. «Ho assistito all’incoronazione della regina Elisabetta — racconta — ho visto passare la processione da una finestra del Criterion building, che mio padre possedeva, a Piccadilly Circus. Poi sono venuti gli anni Sessanta, quando tutto è esploso, dalla minigonna in giù, quindi gli anni Settanta, difficilissimi, infine la rivoluzione della Thatcher, con il risorgimento dell’Inghilterra. Allora Londra è diventata una città molto più interessante, divertente: ricordo che negli anni Sessanta c’erano pochissimi ristoranti, a parte quelli degli alberghi, la domenica non ce n’era nessuno aperto. Mayfair è completamente cambiata, ma solo 15-20 anni fa qui la sera non c’era niente».

Hotel de Russie

Sir Rocco ha la cittadinanza italiana e quella britannica e si muove a cavallo fra i due mondi: «Sono nato qui e sono stato educato qui — spiega — ho molto della formula inglese, il modo di fare, la disciplina: però sono anche molto italiano, mia moglie lo è, amo molto l’Italia, dove sto facendo ritorno con la mia azienda». Infatti lui ora possiede l’Hotel de Russie e l’Hotel de la Ville a Roma, il Savoy a Firenze e Villa Igiea a Palermo, più altri resort fra Sicilia e Puglia, mentre ha in programma una prossima apertura a Milano. «Ho sempre parlato bene l’italiano — dice di sé —, ho sempre avuto una personalità doppia, ma da quando la mia azienda ha cominciato a lavorare di più in Italia sono diventato molto più conoscitore dell’Italia e degli italiani, c’è un rapporto più forte. Mia moglie è molto italiana: è sempre in ritardo in tutto…». Ma in Inghilterra non tutto è stato facile per la sua famiglia: «Nel Dopoguerra c’era un forte sentimento anti-italiano — spiega — dopo che l’Italia non si era mostrata così bene durante la guerra: c’era questa storia degli italiani codardi, che è una cavolata totale. Io a scuola non ho mai avuto nessun problema, ma mio padre veniva insultato e allora reagiva facendo a pugni: alla fine se ne è dovuto andare a finire gli studi a Roma. Durante la guerra è stato pure internato per alcuni mesi».

Il Grand Tour

Per fortuna poi le cose sono cambiate: «C’è sempre stato questo elemento degli inglesi colti — aggiunge — dal tempo del Grand Tour, persone che amavano l’Italia: re Carlo ha un grande amore per il nostro Paese. Ma per il grande pubblico sono stati i ristoranti che hanno fatto capire cos’è l’atmosfera italiana: e poi i calciatori, che sono venuti a giocare qui e hanno fatto vedere quanto erano bravi. Questo ha cambiato la percezione degli italiani per la massa degli inglesi». E così oggi a Londra c’è una grande presenza di italiani, che è cresciuta attraverso gli anni. «Anche con la Brexit — sottolinea Sir Rocco — alcuni sono partiti, ma molti sono rimasti e stanno ritornando». Perché lui, a differenza di gran parte del mondo imprenditoriale, è sempre stato un sostenitore dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. «La Brexit — spiega — non era soltanto lasciare l’Europa: era fare qualcosa avendo la libertà di creare le proprie leggi, di diventare più internazionali, non meno. Solo che i governi che abbiamo avuto non sono riusciti ancora a mettere in moto questo processo: si deve ancora vedere il potenziale della Brexit». E lui esclude una marcia indietro: «C’è un gruppo di persone che era contraria e continua a fare il tifo per rientrare in Europa: ma questo non succederà mai più. Dicono che qualsiasi cosa vada male qui è colpa della Brexit: ma non è vero».

I peggiori difetti

Eppure c’è chi sostiene che la Gran Bretagna sta prendendo i peggiori difetti dell’Italia, con un paragone ingeneroso: «Per la prima volta in 14 anni in Italia abbiamo un primo ministro eletto — commenta Sir Rocco — invece qui continuiamo ad avere primi ministri non eletti: abbiamo fatto lo scambio! Molti commentatori in Inghilterra dicono che in Italia è finita la democrazia: invece è ben evidente che la democrazia in Italia funziona bene». Resta un problema di immagine complessiva del nostro Paese: «L’Italia vista dal di fuori appare un po’ ingestibile — ammette Forte — cambiare le cose è molto difficile. Trovo la politica incomprensibile: non si parla di policies, di cose da fare, ma di personalità. La cosa che mi irrita molto è che la classe imprenditoriale non spinge per cambiare. L’Italia è un Paese geniale, con grandi possibilità: e invece è frenata dal sistema che la governa. Da italiano, vorrei vedere l’Italia avere molto più successo di quello che ha».

È un paragone che si può estendere alle città fra le quali Sir Rocco divide il suo tempo: «L’anima di Londra — argomenta — è molto più disciplinata di Roma: se uno qui fa una cena ti invita due settimane prima, a Roma si organizza la cena in un giorno. È molto più spontanea e rilassata, c’è molta gente a Roma che non lavora: certi membri della vecchia aristocrazia romana pensano che sia un peccato dover lavorare, che era quello che faceva una volta l’aristocrazia inglese, mentre oggi qui lavorano tutti. A Milano invece c’è molto più buzz, più fermento, è molto più vicina a Londra: è tutta gente che lavora, c’è creatività, si danno da fare. Negli ultimi anni Milano è esplosa, c’è un’atmosfera che uno sentiva a New York anni fa».

3 novembre 2022 (modifica il 3 novembre 2022 | 07:44)

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, 2022-11-03 07:27:00, Il re degli alberghi di lusso «Mio padre emigrato era insultato a scuola», Luigi Ippolito

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