di Federico Fubini
Il piano anticipato dal quotidiano Kommersant. E’ l’effetto delle sanzioni che stanno mettendo a dure prova l’economia russa
Tre giorni fa, Kommersant ha pubblicato un’indiscrezione che dice sulle sanzioni alla Russia più di quanto ne sappiano gli stessi governi europei che le hanno decise. Scrive il quotidiano di Mosca che il governo «potrebbe alzare il prelievo sulle aziende russe del gas e del petrolio di tremila miliardi di rubli», cioè di 50 miliardi di euro: un’enormità, in un’economia più piccola di quella italiana. Ma se il Cremlino pensa a tassare gli extraprofitti dell’energia, non è per aiutare famiglie o imprese: ha bisogno di risorse da gettare nella guerra, perché che le misure europee stanno iniziando a mordere sul suo bilancio.
Gli ultimi dati sono quelli di agosto e dicono che, in apparenza, tutto va bene. Dopo sei mesi di guerra lo Stato russo è comunque in surplus, dell’equivalente di 2,2 miliardi di euro (0,1% del prodotto lordo russo). Eppure un’occhiata l’ultimo mese prima che calasse la censura su gran parte delle statistiche russe — aprile scorso — mostra che l’attivo di bilancio accumulato dalla Russia allora era dieci volte superiore. Quattro mesi di guerra hanno mandato in fumo un avanzo di bilancio da venti miliardi, malgrado gli altissimi prezzi del gas e benché l’Europa stia continuando a comprare il petrolio dei colossi russi.
Su questa base, la mobilitazione forzata di centinaia di migliaia di uomini e le sanzioni europee non potranno che ridurre ancora di più i margini di manovra del Cremlino. Nel 2023 l’Unione europea smetterà di comprare petrolio russo e le sanzioni del G7 punteranno a bloccare il prezzo del greggio e dei prodotti raffinati che Mosca vende al resto del mondo. Inoltre l’Europa smetterà di comprare i 170 miliardi di metri cubi di gas che importava da Gazprom e l’assenza di gasdotti verso altri Paesi farà crollare quasi del tutto le esportazioni di metano russo.
Qui si apre il problema finanziario di Vladimir Putin, perché i prelievi su gas e petrolio rappresentano il 38% di tutte le entrate del governo ma questa voce di bilancio sembra destinata a ridursi di almeno un terzo. Il Cremlino perde probabilmente almeno 40 miliardi di euro — come se il governo italiano ne perdesse sessanta — prima ancora di finanziare la nuova “mobilitazione parziale”: significa pagare centinaia di nuovi stipendi militari dopo che i coscritti, secondo il ministero della Difesa, dovranno essere licenziati dai loro posti di lavoro attuali. Nasce di qui il piano di tasse straordinarie per estrarre risorse dai colossi del gas e del petrolio. Ma le imprese rispondono già che reagiranno scaricando gli aumenti sulle imprese e sulle famiglie, che così sentiranno sempre di più sulla loro pelle il costo della guerra. «Kommersant» dà spazio persino alle prime proteste: «Il settore del gas e specialmente Gazprom — si legge — devono già fare i conti con la sfida di riorientare le esportazioni verso l’Asia, vista la perdita del mercato europeo. E questo richiederà migliaia di miliardi di rubli». Per Putin, la coperta è sempre più corta.
23 settembre 2022 (modifica il 23 settembre 2022 | 00:32)
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