Massimo Cacciari non ha usato mezzi termini durante la trasmissione “In Onda” su La 7 per esprimere la sua posizione sul salario minimo.
L’idea di un intervento statale diretto nella determinazione del salario è stata definita da lui come “ridicola” e “patetica”, poiché i salari si sono sempre definiti attraverso le contrattazioni tra organizzazioni dei lavoratori e datori di lavoro.
Cacciari sottolinea che nelle situazioni dove le organizzazioni sindacali e le rappresentanze dei lavoratori sono debilitate, la capacità di stabilire un salario equo diventa ancora più complessa. In queste realtà, i salari minimi stabiliti dal governo finiscono per avere un valore meramente simbolico.
Il filosofo afferma, inoltre, come in molti settori industriali e imprenditoriali, i contratti nazionali sono diventati praticamente obsoleti. In questi contesti, la definizione dei salari è determinata dai rapporti di forza, spesso a favore del datore di lavoro. Questo squilibrio, presente da decenni, esige un’attenzione particolare.
Tuttavia, la riflessione di Cacciari non si ferma ai salari. Il filosofo sottolinea l’importanza di affrontare la questione del reddito di cittadinanza, soprattutto in vista delle trasformazioni tecnologiche che potrebbero rendere obsolete molte professioni. La società sta entrando in una fase epocale, dove il rischio di creare larghe fasce di disoccupazione è reale. Di fronte a questa sfida, i governi hanno la responsabilità di garantire redditi decenti per tutti, indipendentemente dalla loro posizione nel mercato del lavoro.
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