Fra le tante poesie di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, si è scelta quella dedicata alla “Nuova luna” che, secondo i progetti dell’Usa e dell’Urss comunista, sarebbe stata presto conquistata o dall’una o dall’altra potenza, all’epoca, subito dopo la Secondo guerra e fino quasi alla caduta del Muro di Berlino nel 1989, in armi e pronti a colpirsi secondo una escalation di terrore nucleare, che poi sfocerà nella Crisi di Cuba.
In ogni caso, in quel lontano ottobre 1957, una luce flebile, ma simile a quella di una stella, si mosse da occidente verso oriente, e fu visibile in Italia : “ nel cielo sereno d’una notte d’ottobre”.
Moltissimi infatti videro quella luce camminare sicura fra altri miliardi di stelle fisse, che tali finora erano rimaste da millenni.
Lo spazio per la prima volta venne in quel modo conquistato, si ebbe la percezione precisa che il progresso scientifico sarebbe stato inarrestabile, mentre già si immaginava la conquista della luna e poi degli altri pianeti del sistema solare. e per andare anche oltre e oltre ancora.
Una euforia innovativa sembrava avere afferrato il mondo che rimase di nuovo sconvolto quando in orbita dai russi fu mandata una cagnetta, Laika, la prima astronauta. Pare sia morta tra atroci sofferenze. Era il 3 novembre del 1957. Il 12 aprile del 1961, la Russia mondò nello spazio il primo uomo, Jurij Alekseevič Gagarin a bordo della Vostok 1 e segnando in tal modo una pietra miliare nella corsa alla conquista dello spazio.
Questa breve cronistoria per sottolineare che nella metà degli anni “50 del Novecento la scoperta dello spazio era argomento di grande interesse e non solo per l’uomo comune. Intellettuali e scienziati si incominciarono a chiedere con più insistenza di prima se solo sulla terra ci fosse vita, mentre si guardava alla luna con occhio meno romantico.
In altre parole le poesie sulla luna, a cominciare dalle avventure di Astolfo, continuare con le iperbole di Cirano e finire, volutamente, con Leopardi, incominciavano a perdere quella romanticheria che l’aveva fatta amare a milione di studenti e di innamorati, rendendola oggetto non più di contemplazione ma di esplorazione.
Quasimodo, che di quei tempi era figlio, scrisse questi versi in omaggio allo Sputnik e alla consapevolezza che l’uomo incominciava forse a sfidare, novello Prometeo, il suo stesso creatore, mettendo in cielo una sua stella in qualche modo simile a quelle create dal Padre.
Non è certamente questa una delle migliori poesie del poeta siciliano, ma per il messaggio che si porta dietro, ha una sua logica.
Tuttavia, chi volesse entrare in quel clima e capire l’attesa che c’era attorno a quel primo lancio dei sovietici, segnaliamo, “La sera dello Sputnik, 4 ottobre 1957”, in Pasquale Almirante, I racconti della Piazza Grande, Algra, Viagrade, 2023, p. 153
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