Saman, il diario tra botte e fughe «Mio padre mi picchia per ogni cosa»

Saman, il diario tra botte e fughe «Mio padre mi picchia per ogni cosa»

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di Alessandro Fulloni

Il suo racconto ai carabinieri: «Gli dicevo che non mi sarei sposata e lui mi riempì di botte, lo stesso fece anche quando gli dissi che volevo andare alle scuole superiori»

Un anno fa, il 17 novembre 2019, sono andata in Pakistan con mio padre e mia madre per restarvi sino al 14 febbraio del 2020. Il 31 dicembre c’è stato il fidanzamento con mio cugino di 29 anni e il matrimonio era previsto il 22 dicembre 2020. A mio padre, appena ho saputo che voleva che mi sposassi con mio cugino, ho detto che non volevo farlo, sia perché lui era troppo grande sia perché non mi piaceva… E lui mi picchiò».

In queste carte contenute in un’ordinanza del Riesame, Saman racconta la sua vita in prima persona. È quasi un diario: davanti a un carabiniere, spiega perché non vuole saperne di quelle nozze. È il 3 febbraio 2021 e da qualche mese questa diciottenne — Italiangirl sul suo account Instagram — era già ospite di un centro protetto. La ragazza — licenza media e il sogno di continuare gli studi — aveva infatti chiesto aiuto ai Servizi sociali di Novellara, il borgo nel Reggiano in cui viveva con la famiglia in un casolare non lontano dal posto in cui venne uccisa, secondo le accuse, dai genitori — Shabbar e Nazia —, dallo zio e da due cugini. Strangolata e smembrata, il corpo non ancora trovato, sotterrato o forse gettato nel Po.

Carattere ribelle, già nell’estate 2019 Saman fuggì in Belgio per stare con un ragazzo conosciuto in chat. Rintracciata dall’Interpol, al rientro fu picchiata da Shabbar che di quella storia non voleva saperne. Intervennero i carabinieri e i Servizi sociali si adoperarono per proteggerla. Il resto viene dalla bocca di Saman. «Anche mio cugino Rukisar era contrario alle nozze. Con mamma insistevo: “Dai, tu sei una mamma, lui è troppo grande per me, anche lui non vuole sposarsi con me…”». La risposta? «Lei diceva che non era una decisione che spettava a me…». E Shabbar? «Le reazioni di mio padre erano violente a livello fisico. Mi picchiava. Una volta, circa cinque mesi fa, ha lanciato un coltello nella mia direzione, non ha colpito me ma il mio fratellino, ferito a una mano. Nonostante perdesse molto sangue e io avessi detto di volerlo accompagnare al Pronto soccorso, nostro padre ha detto che non era possibile e ha chiuso la porta di casa. Era presente anche mia madre che però non ha detto né fatto niente…».

Il «diario» prosegue: «Spesso è capitato che mio padre cacciasse di casa me, mia madre e mio fratello e andava a finire che dormivamo per strada, sul marciapiede. Ci cacciava dicendo: “Questa è casa mia, andate via!”. Lo diceva sia a me che a mia madre». Si comportava così «perché non volevo sposarmi, ma non solo. Lo faceva anche prima. Spesso era ubriaco e mi picchiava per motivi diversi. Mi picchiava perché io volevo andare a scuola e lui era contrario. Infatti io ho finito la terza media facendo l’esame, ma quando gli ho detto che volevo iscrivermi alle superiori lui ha detto no, picchiandomi». Botte «di continuo, prima del fidanzamento con mio cugino, soprattutto quando beveva». E dopo il fidanzamento «anche se non era ubriaco mi picchiava perché io gli dicevo, anche un po’ arrabbiata, che non volevo sposarmi…».

Un paio di mesi dopo la situazione precipita. Saman vede spesso il suo nuovo fidanzato, Ayub Saqib, 23 anni, «conosciuto su Tiktok». Per incontrarlo è scappata più volte dal centro protetto, è stata anche con lui qualche giorno a Roma. Ormai maggiorenne, Saman rivuole i suoi documenti d’identità, sequestrati dal padre. Per questo lo denuncia, il 22 aprile. Ed ecco cosa dice ai carabinieri: «Dieci giorni fa (l’11 aprile, ndr) ho lasciato volontariamente il centro protetto per tornare a casa, senza preavvisare i genitori».

La speranza è che Shabbar le ridia la carta d’identità con le buone ma lui non lo fa e lei, un pomeriggio e di nascosto, si rivolge all’Arma di Novellara. Racconta che «questa mattina i miei hanno parlato con i genitori di mio cugino e hanno deciso che a giugno andremo in Pakistan per le nozze». Poi aggiunge che, pochi mesi prima, Shabbar, stavolta nel suo Paese, si è presentato «a casa dei genitori del mio fidanzato. Era con altri uomini, erano tutti armati con pistole e hanno sparato in aria. In tutto vi erano sei auto che giravano attorno all’abitazione di Saquib». Alla domanda conclusiva dei carabinieri — «ha altro da aggiungere?» — la risposta è stata questa, netta: «Sono disposta a tornare al centro protetto ma non in Pakistan».

27 settembre 2022 (modifica il 27 settembre 2022 | 00:02)

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, 2022-09-26 22:11:00, Il suo racconto ai carabinieri: «Gli dicevo che non mi sarei sposata e lui mi riempì di botte, lo stesso fece anche quando gli dissi che volevo andare alle scuole superiori», Alessandro Fulloni

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