San Casciano, i ricercatori (con molti precari): «Scoprire quelle statue è stato un viaggio nel tempo, emozione unica»

San Casciano, i ricercatori (con molti precari): «Scoprire quelle statue è stato un viaggio nel tempo, emozione unica»

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di Marco Gasperetti (mgasperetti@corriere.it)

A Siena ribattezzati «Gli Angeli del Bello», richiamo a quelli del «Fango» che salvarono Firenze nel 1966. I ricercatori dell’Università per Stranieri protagonisti: «Magari non abbiamo il posto fisso, ma gli dei ci hanno baciato»

SIENA Racconta la studentessa Helga, dottoranda in archeologia, che l’emozione più grande si è manifestata con un sentimento strano. È accaduto quando, mano dopo mano, le hanno passato la statua bronzea di Apollo arciere. L’ha lavata per togliere il fango caldo che l’aveva racchiusa come una conchiglia salvandola per 2.300 anni, l’ha accarezzata, ha guardato quel volto e il pensiero razionale si è unito all’emozione. «In un attimo ho fatto un salto nel tempo — racconta Helga Maiorana — ho rivisto Etruschi e Romani nel santuario che stavamo esplorando. Ho incontrato sacerdoti e persone che erano lì a chiedere una grazia alle divinità, per guarire da un male, per avere figli, per superare momenti difficili e per ringraziare di un dono ricevuto. E ho sentito queste donne e questi uomini vicini».

Helga è una delle protagoniste della straordinaria scoperta del «tesoro» degli Etruschi e dei Romani di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena. Una studentessa-ricercatrice (sta lavorando alla tesi di dottorato di ricerca) come i tanti colleghi (molti gli studenti stranieri) che per anni hanno scavato nel fango cercando e trovando la meraviglia.

Ragazzi guidati da un giovane professore di archeologia, Jacopo Tabolli, 38 anni e insieme agli archeologi della Sovrintendenza, sono passati (anche loro) alla storia. Qui a Siena sono già «gli Angeli del Bello», infangati anche loro come i giovani che nel 1966 andarono a ripulire la vicina Firenze dalla melma dell’alluvione per strappare dalla rovina capolavori inestimabili. È orgoglioso questo spicchio di «meglio gioventù» formato da studenti e ricercatori, spesso precari.

Sostengono, con umiltà, che nonostante la scoperta mondiale, faticosissima e poco o per niente remunerativa, sono stati loro ad essere stati baciati dagli dei perché hanno imparato sudando ciò che nessun manuale poteva insegnare loro. Marco Pacifici, un trentenne, assegnista di ricerca all’università degli Stranieri di Siena, racconta d’essere rimasto sbalordito non tanto dalle bellezze delle statue e degli altri reperti, ma dai loro messaggi. «Quasi mi sono commosso quando ho capito che le statue erano state gettate nella grande vasca dell’acqua termale del santuario non per disprezzo o incuria ma per rispetto — spiega —. Il bronzo era materiale prezioso in quelle epoche lontane, avrebbero potuto depredare tutto dopo la chiusura del tempio e invece, con un atto di ossequio che chiamerei assoluto, le hanno nascoste, protette. Così la grande vasca è diventata uno scrigno di un incontro tra civiltà pazzesco. Mi vengono i brividi a pensare che cosa ancora ci potrà svelare». Non solo arte, non soltanto reperti di bronzo, ma anche segreti del vissuto.

Come le offerte votive vegetali che Mattia Bischeri, anche lui assegnista di ricerca, sta cercando di decifrare e svelare. «Noci, pigne, rami di alberi, semi e pollini molti dei quali non locali e chissà da quale parte del mondo arrivati – dice Mattia -. Tutto ancora incredibilmente intatto perché salvato dal fango, e dalla geochimica dell’acqua, un universo di doni e preghiere». E poi ci sono da studiare e decifrare le braccia, le mani, i piedi di bronzo. Non resti di statue distrutti dal tempo, ma anch’esse opere votive legati al culto della guarigione. I reperti adesso sono in un laboratorio di Grosseto, una sorta di bunker quasi inaccessibile. Poi saranno restaurati a Firenze, all’Opificio delle Pietre Dure. Mentre nel piccolo comune di San Casciano dei Bagni la sindaca Agnese Carletti, che nel 2019 fece acquistare dal Comune il terreno di proprietà di un contadino dove era sepolto il santuario etrusco e romano, ieri ha svelato che il ministero ha già acquistato un antico edificio nel centro storico che diventerà il museo delle statue risorte dal fango.

9 novembre 2022 (modifica il 9 novembre 2022 | 19:34)

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, 2022-11-09 18:44:00, A Siena ribattezzati «Gli Angeli del Bello», richiamo a quelli del «Fango» che salvarono Firenze nel 1966. I ricercatori dell’Università per Stranieri protagonisti: «Magari non abbiamo il posto fisso, ma gli dei ci hanno baciato», Marco Gasperetti (mgasperetti@corriere.it)

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