di Felice CavallaroAssessori scelti a 50 giorni dal voto, Miccichè strappa Ci sono voluti più di 45 giorni per varare il nuovo governo siciliano guidato dall’ex presidente del Senato Renato Schifani. Un parto cesareo che ieri, dopo il giuramento mattutino degli assessori, ha spaccato Forza Italia e pure Fratelli d’Italia, facendo impantanare la maggioranza già nel pomeriggio, alla prima seduta d’aula. Alla prima votazione per i vicepresidenti dell’Assemblea regionale, infatti, va sotto un terremotato centrodestra percorso dai rancori. Con l’effetto di vedere eleggere il pentastellato Nuccio Di Paola con 35 voti su 68 presenti, cioè cinque voti in più rispetto al paniere dell’opposizione. Mentre si ritrova con sole 32 preferenze l’azzurra Luisa Lantieri, eletta, ma costretta a lasciare a Di Paola il ruolo di «vicario». Al di là delle schermaglie e della caccia ai franchi tiratori annidati nei due partiti in fibrillazione, da ieri c’è la conferma che traballano i numeri di sostegno al governo. Ormai ufficiale il divorzio interno a Forza Italia con l’ex presidente dell’Assemblea Gianfranco Micciché irritato da quello che considera un tradimento di Schifani, mortificato per essere stato tenuto fuori dalla scelta degli assessori. Di qui la decisione di fondare un suo gruppo parlamentare con quattro fedelissimi deputati. Chiamandolo con il nome del partito di Berlusconi e con una diffida ufficiale: «Nessun altro può usare il simbolo». Di diverso parere gli amici di Schifani che, accusando Micicché di scissionismo, hanno eletto un loro capogruppo, Stefano Pellegrino. È l’epilogo di una guerra scattata in agosto quando Micciché pose il veto alla ricandidatura a governatore di Nello Musumeci, poi transitato con la sua «Diventerà bellissima» in FdI. Da allora i big del partito di Giorgia Meloni cominciarono a fare terra bruciata attorno al paladino di Berlusconi. Come in una partita a scacchi, mentre Micciché continuava a sponsorizzare Stefania Prestigiacomo per la corsa a possibile governatrice, Ignazio La Russa, da supervisore delle liste, riusciva a far incoronare Schifani candidato della coalizione di centro destra, ignaro dei mugugni. Vinsero le elezioni come nel resto del Paese, ma da 45 giorni è scontro sugli assetti. Esplicito il veto della destra alle richieste di Miccicché (un secondo mandato alla presidenza dell’Assemblea o l’assessorato alla Salute). Con Schifani pronto a mollare l’ex amico di cordata, come sembra sia accaduto dopo un incontro riservato a Palazzo Madama. Infine, la diatriba interna a FdI dove si dava per scontata la nomina ad assessori dei riconfermati deputati Giorgio Assenza e Giusi Savarino, protagonisti dei successi di «Diventerà bellissima», ma improvvisamente retrocessi da Musumeci e dal neoministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Tre giorni fa, indicati dal loro partito, avevano firmato con Schifani le carte per il decreto di nomina. Poi il diktat romano, a favore di due non eletti. Con Musumeci che preferisce Elena Pagana, ex M5S, non eletta a Enna, moglie del suo braccio destro catanese Ruggero Razza. E Lollobrigida che impone un altro escluso dal voto palermitano, il maresciallo dell’Esercito Francesco Scarpinato. In sofferenza l’avvio di una legislatura segnata da un buco di 1 miliardo di euro, in attesa di un giudizio di parifica da valutare a Roma dove Schifani tratterà con i big che lo sostengono. 16 novembre 2022 (modifica il 16 novembre 2022 | 22:02) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-16 21:02:00, Assessori scelti a 50 giorni dal voto, Miccichè strappa, Felice Cavallaro