Immigrati, parla Schinas: «Il caso Ocean Viking  pedagogico per l’Italia»

Immigrati, parla Schinas: «Il caso Ocean Viking  pedagogico per l’Italia»

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di Francesca Basso, nostra inviata a Strasburgo

Il vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas: senza un accordo Ue sul nuovo Patto per la migrazione e l’asilo siamo costretti a operare da pompieri. «Non si può accusare l’Europa di non aiutare e non contribuire a una soluzione europea»

«Non possiamo più gestire la migrazione sull’urgenza, passando di crisi in crisi, dobbiamo rompere questo modello di lavoro e operare nell’ambito di soluzioni comuni europee strutturate e sancite dal diritto dell’Ue: la soluzione definitiva è rappresentata dalle nostre proposte contenute nel Patto per la migrazione e l’asilo», presentato nel settembre 2020. Parla Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Ue con delega alla promozione dello stile di vita europeo, che include anche la migrazione. «Finché non avremo questo grande accordo — spiega — saremo costretti a operare come pompieri». Schinas oggi interverrà alla plenaria del Parlamento Ue, insieme alla commissaria agli Affari interni Ylva Johansson, sulla necessità di una soluzione europea all’asilo e alla migrazione, inclusa l’attività di ricerca e salvataggio in mare.

Quali sono le novità del piano d’azione per il Mediterraneo centrale che avete presentato lunedì scorso?

«È un’ulteriore prova della nostra capacità di gestire le crisi. Per evitare che i nostri Stati membri litighino pubblicamente sulla migrazione, cerchiamo di aiutarli a trovare una via d’uscita, ma questo di per sé non è una soluzione definitiva. La soluzione definitiva è solo nel Patto. La novità di questo piano d’azione, che discuteremo con i ministri venerdì, è che non si occupa solo di ricerca e salvataggio, non si occupa solo della situazione in mare. Copre ciò che accade prima che le navi si trovino vicino all’Europa, grazie a numerosi e solidi partenariati con le organizzazioni internazionali e i Paesi di origine e di transito, e riguarda anche ciò che accade dopo che queste persone sono state salvate in mare con il meccanismo di solidarietà. Questo è il valore aggiunto».

Perché lo avete proposto proprio adesso?

«Perché la vicenda Ocean Viking ha creato una crisi europea e ha portato due dei nostri Stati membri a confrontarsi su qualcosa che normalmente deve essere risolto in modo diverso. Secondo il diritto internazionale, la responsabilità è del Paese nelle cui acque territoriali si trova la nave. L’Italia si è rifiutata di ottemperare pienamente e ha mandato la nave in Francia creando questa situazione per avere una soluzione europea. Immaginate cosa sarebbe successo se anche i francesi non avessero accettato. Ora bisogna disinnescare questa mini crisi e trovare soluzioni pratiche che aiutino sia l’Italia a gestire questo percorso sia la Francia che ha dovuto accettarne le conseguenze».

Come si lega il piano con il Patto per la migrazione e l’asilo in discussione dal 2020?

«Una volta ottenuto l’accordo dell’Ue sul patto, avremo una soluzione olistica e completa, che coprirà tutti gli aspetti della gestione dell’immigrazione e dell’asilo. Ma soprattutto si baserà sul diritto Ue, farà parte della legislazione comunitaria. Sarà giuridicamente vincolante, sarà obbligatorio per tutti, quindi non sarà un metodo “à la carte” o facoltativo o volontario come lo è ora, questa è la differenza principale».

Che lettura dà delle tensioni tra Roma e Parigi?

«Non è il mio ruolo dare un giudizio politico da Bruxelles. L’unica cosa che posso dire è che il governo italiano è un governo nuovo. E credo che la crisi dell’Ocean Viking sia stata un’esperienza pedagogica, tutti i governi dei nostri Stati membri sanno bene che hanno più da guadagnare lavorando con Bruxelles e i loro partner piuttosto che contro di loro».

L’Italia lamenta di essere stata lasciata sola e che il meccanismo di solidarietà per i ricollocamenti non funziona.

«Non si può accusare l’Europa di non aiutare e, allo stesso tempo, non contribuire a una soluzione europea che sarebbe l’aiuto definitivo. Molti dei problemi che i Paesi di primo ingresso stanno affrontando sono dovuti proprio alla mancanza di strumenti giuridici. Quando il Patto ci sarà avremo meno partenze dai Paesi di origine e di transito. I problemi che stiamo affrontando ora sono i problemi del costo del non avere abbastanza Europa e non solo nel Mediterraneo centrale, anche nei Balcani e nel Mediterraneo orientale».

Nel piano si parla di discussione all’interno dell’Organizzazione marittima internazionale sul bisogno di un quadro di regole e linee guida per le navi. Quanto ci vorrà?

«Per noi il ruolo delle Ong non è un argomento tabù. Per questo abbiamo inserito nel piano che le Ong che operano nel Mediterraneo devono operare in accordo con i Paesi dell’Ue e secondo regole e procedure che non aggravino il problema. Rispetto alla scelta di una modifica del diritto internazionale, che è molto macchinosa, una procedura difficile, questa idea di avere un codice di condotta e misure molto mirate è qualcosa di relativamente facile. Penso che anche le Ong abbiano interesse a rispettare questo codice di condotta».

Cosa si aspetta dal consiglio straordinari Affari interni di venerdì?

«Abbiamo preso l’iniziativa di convocare questo Consiglio straordinario, chiedendo alla presidenza ceca di farlo, perché riteniamo che quanto è accaduto intorno all’Ocean Viking sia qualcosa che riguarda l’Europa e va discussa a 27 non a due. Sia Francia sia Italia hanno chiesto una soluzione europea. Questo piano d’azione non riguarda solo i due Paesi o i cinque del Mediterraneo centrale, ma tutti i 27. Non ci aspettiamo decisioni. Ma accettiamo chiaramente la titolarità politica di queste 20 azioni che stiamo presentando».

Perché gli Stati membri non trovano un accordo sulla gestione della migrazione a livello Ue? La proposta della Commissione Juncker è stata ritirata e il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo è sotto negoziato da due anni.

«La ragione per cui non c’è stato alcun accordo al primo tentativo sotto la Commissione Juncker è che le ferite del 2015-2016, dell’ondata migratoria dalla Siria, erano molto recenti: allora fu presa una decisione ad hoc per la ricollocazione a maggioranza qualificata che legalmente andava bene e si reggeva, ma politicamente fu tossica, perché non si può decidere su questi temi in questo modo. Per questo la proposta è fallita. Sul nuovo patto — sono molto orgoglioso di essere il padre delle proposte del settembre 2020 — il problema principale che abbiamo avuto e che ha impedito l’accordo è stata la pandemia. Questo è un tipo di negoziato che fa fatto di persona guardandosi negli occhi. Entrati in modalità post-pandemia, le cose stanno cambiando. Per la prima volta c’è stata una convergenza su due elementi e mezzo del pacchetto. La presidenza francese ha prodotto questo meccanismo di solidarietà come primo passo verso il meccanismo di solidarietà finale e il Parlamento europeo ha firmato con il Consiglio una tabella di marcia per un accordo. Sono quindi fiducioso e speranzoso che avremo questo grande accordo europeo entro la fine della legislatura. La vicenda dell’Ocean Viking, quanto sta accadendo nel Mediterraneo centrale e orientale, tutto ci dice che dobbiamo farlo ora».

Cambiando argomento, non pensa che questo in Qatar sia il Mondiale dell’ipocrisia? La Fifa ha vietato che sette capitani indossassero la fascia con la parola One Love.

«Quando ho assunto il portafoglio della promozione dello stile di vita europeo, una delle cose su cui tutti eravamo d’accordo è che lo stile di vita europeo è qualcosa che dovremmo promuovere, difendere ma non imporre agli altri: non siamo Trump. L’Unione europea non lo sarà mai, non possiamo imporre ma possiamo ispirare gli altri a seguirci. Così nella Coppa del Mondo il nostro ruolo è quello di ispirare il cambiamento. Sono stato in Qatar e ho incontrato i presidenti delle Federazioni calcistiche nazionali europee e sono tutti d’accordo con questa modalità. Quindi, invece di dire solo che la Fifa non ha permesso le fasce al braccio dovremmo anche dire che la Fifa è stata costretta dagli europei ad avere una fascia simile sull’uguaglianza. Questo è un successo europeo: il calcio europeo ha costretto la Fifa a fare qualcosa che altrimenti non avrebbe fatto. Un altro successo europeo è che abbiamo costretto il Qatar, prima dei Mondiali, ad abolire la cosiddetta Kafala e a riformare le leggi sul lavoro. E ora vogliamo che queste riforme sopravvivano anche dopo la Coppa del Mondo».

22 novembre 2022 (modifica il 22 novembre 2022 | 23:36)

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, 2022-11-22 22:48:00, Il vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas: senza un accordo Ue sul nuovo Patto per la migrazione e l’asilo siamo costretti a operare da pompieri. «Non si può accusare l’Europa di non aiutare e non contribuire a una soluzione europea», Francesca Basso, nostra inviata a Strasburgo

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