Scuola 4.0 e PNRR, le scuole sono pronte ad investire i fondi stanziati? Ecco come aiutarle

Scuola 4.0 e PNRR, le scuole sono pronte ad investire i fondi stanziati? Ecco come aiutarle

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Oggi le istituzioni scolastiche sono chiamate ad investire somme considerevoli per la realizzazione delle scuole 4.0. Ma sono effettivamente pronte?

In relazione agli ingenti finanziamenti che, per effetto del PNRR, stanno arrivando alle scuole è doveroso chiedersi come essi possano fungere da volano per sostenere e amplificare la cultura dell’innovazione e se all’interno degli istituti ci siano livelli di competenza tecnica e culturale adeguati all’importanza del compito.
Le indicazioni date per le modalità con cui questi soldi devono essere impiegati (trasformazione delle aule in ambienti di apprendimento innovativi,
ma con il vincolo dell’intervento su il 50% degli ambienti dell’Istituto, il che significa poche migliaia di euro per ognuno di essi) limitano considerevolmente la possibilità di una effettiva concezione dell’innovazione.

Certo nessuno penserà di costruire la scuola ideale, che, del resto, non c’era nemmeno ieri, ma è proprio nella prospettiva di un impiego virtuoso che occorre che i più lavorino a evitare che esse siano impiegate per imbellettare la scuola così com’è al presente, lasciando inalterate le sue carenze in fatto di versatilità ed efficacia dell’azione didattica.

I tempi, inoltre, sono molto ristretti, le progettazioni da compiere complesse ed estremamente importanti perché condizioneranno il futuro delle scuole.

E’ necessario, dunque, avere una nuova visione, una governance diversa, una organizzazione che deve essere stata creata nel tempo, obiettivi didattici che prevedano l’integrazione con le soft skills e le life skills, che guardino alla società digitalizzata in cui la scuola è inserita.

Proiettarsi verso il futuro e cogliere l’opportunità di subordinare l’acquisizione di strumenti, arredi e ambienti a modelli praticabili di effettiva trasformazione del “fare scuola” implica l’assunzione coraggiosa di nuovi modi di pensare, nuove modalità di progettazioni, nuove didattiche.

Richiede la maturazione di una prospettiva d’impegno comune dove l’elaborazione di idee, regole, progetti possa crescere dentro un quadro di condivisione dei temi e dei problemi reali della quotidianità scolastica: quelli che docenti, dirigenti, studenti vivono e sentono come propri e che si riflettono nei rapporti che il mondo circostante intrattiene con gli istituti.

Cosa fare?

Diventa, dunque, necessario che si generi dentro le comunità scolastiche un profondo e unitario “senso di appartenenza” con cui fronteggiare gli ostacoli attuali e lo si faccia muovendo dalle necessità, i desideri, le criticità, i talenti dei giovani e aspirando a dar corpo e sostanza ad un modello di scuola in cui essi siano veramente al centro, al di là delle belle parole: dove l’impegno a sollecitare, governare e partecipare i processi dell’apprendimento di tutti secondo criteri solidi di progettualità didattica trovi, nella scelta e l’uso di ambienti e strumentazioni tecnologicamente più sofisticate di quelle consuete, non già un diversivo o un ostacolo ma un potente alleato.

È necessario far riferimento a un’innovazione quotidiana delle pratiche dell’insegnare e del far apprendere, aspirando ad una didattica che eviti di essere solo digitale, ma che con le caratteristiche specifiche, non tanto materiali quanto concettuali, dell’universo di rete sappia interagire con assidua partecipazione e costante intelligenza.

Ci sono istituti che hanno riconosciuto una indiscussa priorità a queste problematiche e che riusciranno a cogliere la grande opportunità che questi finanziamenti offrono, altri che le hanno integrate nella disposizione a cercare la novità per la novità: non a caso sono quelli che più si sono fatti e si fanno guidare da soggetti esterni, pronti a offrire modelli e strumenti ‘chiavi in mano’ dove arredo e tecnologie riproducono, spesso, le forme più standardizzate di didattica e di sapere.

In mezzo, tra questi due estremi, stanno tante situazioni ‘neutre’, dentro le quali l’attrazione di un polo non ha ancora prevalso su quella dell’altro.

Incrementare in una scuola la cultura dell’innovazione, che è multidimensionale e sfaccettata, non è cosa semplice: occorre del tempo, ma non ci si può rinunciare, perché senza questo supporto si rischia di trovarsi impreparati a cogliere l’opportunità di compiere seri cambiamenti.

Come aiutare le scuole?

Un ruolo importantissimo spetta al Ministero dell’Istruzione e del Merito che deve supportare, consigliare, fornire linee guida alle quali le scuole possano far riferimento anche nella gestione ordinaria; più in generale, è compito del Ministero indicare su quale prospettiva generale di formazione, al di là delle dimensioni puramente tecniche, si dovrà lavorare, al fine di costruire risposte concrete ad una sfida così affascinante. Un ruolo, questo, che il PNSD sta assumendo tramite la riscrittura del piano destinato ad accompagnare, nei prossimi anni, le istituzioni scolastiche coinvolte nei processi del cambiamento.

Rendere accogliente una scuola è importante, pensare al benessere degli studenti è essenziale, ma diventa ancora più cruciale fare in modo che in quei bellissimi ambienti, con quelle tecnologie all’avanguardia, in quei laboratori di ultima generazione si generino co-progettazioni, capacità di eliminare lo stress, nuove reti di apprendimento, nuove metodologie per preparare i ragazzi ad un mondo del lavoro e ad un assetto di società differenti da quelli cui fa riferimento l’impianto scolastico corrente, dotato dei modelli didattici e disciplinari che sappiamo. Se questa capacità positivamente visionaria viene a mancare, si fa elevato il rischio che il cambiamento sia ostacolato e, di conseguenza, ci si rifugi dentro una rappresentazione idealizzata del passato. Ed avremmo tutti perso una grande occasione per i nostri giovani e per la società tutta.

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