Scuola e merito, l’ora del Mim. Ma c’era davvero bisogno di un nuovo acronimo?

Scuola e merito, l’ora del Mim. Ma c’era davvero bisogno di un nuovo acronimo?

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di Marco Ricucci*

Dal Ministero della Pubblica Istruzione al Miur, al Mi e al Mur, giù giù fino al nuovo Mim: Ministero dell’Istruzione del Merito. Ma prima di ideologizzare la scuola, bisognerebbe preoccuparsi di farla funzionare

Ogni volta che cambia un ministro, il mondo della scuola trema: quale sarà il «segno» che vorrà lasciare nel suo (breve) mandato? In più di settanta anni di storia repubblicana si sono avvicendati oltre 40 ministri a Trastevere, ognuno dei quali ha lasciato, legata al suo nome, una «riformicchia»: la più longeva è quella della Ministra Mariastella Gelmini, coi suoi corposi tagli di cui vediamo ora le tragiche conseguenze, grazie ai generalizzati risultati delle prove Invalsi, per tacere delle rilevazioni internazionali. Adesso, col nuovo Governo, è ora di passare dalla scuola «affettuosa» alla scuola «meritevole» propugnata persino nella nuova e inconsueta denominazione del ministero. Un vecchio motto latino recita: omen-nomen. Nel nome di una cosa vi è già scritto il destino, il significato, il senso di ciò che quella denominazione indica. «Non dica Ascesi, ché direbbe corto ma Oriente se proprio dir vuole», sono le parole del XI Canto del Paradiso. Dante vuole indicare che la città natale di san Francesco non indica solo una «ascesi», cioè salita di un’anima verso il suo Creatore, ma è proprio un sole che sorge per illuminare tutta l’umanità come araldo di Dio. Ma è possibile applicare questa esegesi al «nuovo» Ministero dell’Istruzione e del Merito?

Ripercorrendo la storia della denominazione del Dicastero, parrebbe di sì. Creato già nel 1861 dal Governo Cavour per il Regno di Italia, fu soppresso proprio nel primo giorno di scuola in molte regioni della attuale Repubblica, ovvero il 12 settembre del lontano 1929 dal governo Mussolini che volle cambiare il nome secondo lo spirito omen-nomen, con l’appellativo di Ministero dell’educazione nazionale. Tempi del fascismo, tempi di una visione ben chiara e definita dello Stato totalitario, dove la scuola aveva una funzione e un ruolo al servizio di una Weltanschauung. E’ solo nel 1944 che, sotto il governo Badoglio artefice dell’armistizio dell’8 settembre 1943, riprese vita la vecchia dicitura Ministero della Pubblica Istruzione, che aveva però anche le deleghe per la conservazione dei beni archeologici, storici e culturali, almeno fino al 1974 quando fu «spacchettato», come si dice in gergo, con la creazione del Ministero per i beni culturali e ambientali, di cui il primo titolare fu Giovanni Spadolini. Fu sotto i governi di Silvio Berlusconi che incominciò il balletto di acronimi ministeriali e l’infestante proliferazione di ulteriori acronimi nella poderosa macchina burocratica della scuola italiana: se ne contano, ad oggi, quasi 100 che indicano adempimenti e talvolta perdite di tempo, spesso a detrimento del vero lavoro del docente, cioè insegnare la propria materia. Nacque così il MIUR, che divenne sotto il governo Conte MI e MUR, per trasformarsi in MIM con l’attuale inquilino di Palazzo Chigi.

Cosa dunque c’è da aspettarsi dal nuovo Ministro Valditara per introdurre il merito nella scuola italiana, a partire proprio dalla nuova denominazione? Egli ha dato prime e precise indicazioni di quella che sarà la bussola del suo mandato in un primo Governo, che dopo anni ha un chiaro colore politico in base ai risultati elettorali di settembre: questo è un dato rilevante e pienamente significativo da tenere in debita considerazione in una fase mondiale di cambiamenti epocali. Io penso, tuttavia, che anzitutto occorra, in questo momento, «de-ideologizzare» la scuola italiana, sottraendola per qualche anno dall’agire politico e politicante, che in Italia si traduce molto spesso nell’arroccarsi nei propri steccati ideologici, per far emergere, nell’immobilismo, nascoste «convergenze» parallele, per usare espressioni da Prima Repubblica. Ci vuole calma e sangue freddo. Prima di investire il fiacco corpaccione della scuola con ulteriori spinte «meritocratiche», sarebbe bene per tutti far funzionare la macchina organizzatrice della scuola oliando gli ingranaggi interni. Avere già tutti i supplenti a scuola il primo giorno di scuola è molto meglio che fare filippiche contro il precariato con mirabolanti promesse di immissioni in ruolo fatte con concorsi burleschi come quello delle crocette. Due anni di tregua, dunque, per una sorta di messa a punto, di calibratura, degli ingranaggi interni per far funzionare l’apparato attuale: operazione per addetti ai lavori! E poi, si potrà intervenire secondo il pensiero politico del Governo di turno, in ascolto con le varie anime della galassia scuola. Infine, nella intervista rilasciata al «Corriere della Sera», il Ministro Valditara non esclude, un po’ sornione, di aprire una scuola in Africa nel futuro, ma forse non sa che nella mattina del 7 ottobre 2021 la bandiera italiana all’esterno di un edificio è stata definitivamente ammainata e i locali consegnati al governo eritreo: chiudeva dopo 118 anni la scuola italiana (e statale) di Asmara che andava dall’asilo alle superiori.

*Docente di italiano e latino al Liceo scientifico Leonardo di Milano e saggista

3 novembre 2022 (modifica il 3 novembre 2022 | 12:44)

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, 2022-11-03 11:28:00, Dal Ministero della Pubblica Istruzione al Miur, al Mi e al Mur, giù giù fino al nuovo Mim: Ministero dell’Istruzione del Merito. Ma prima di ideologizzare la scuola, bisognerebbe preoccuparsi di farla funzionare, Marco Ricucci*

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