inviata da Raffaele Dibartolo Lettera aperta a tutti i miei colleghi. Oggi 31 agosto 2023 è il mio ultimo giorno di servizio a scuola. Mi sono chiesto, negli ultimi anni, quale significato dare a questo giorno, unico e irripetibile nella vita. E via via ha preso forma in me l’idea di ciò che ora sto vivendo. Un’emozione forte, un vortice di ricordi sottratti al dominio del tempo.
Non mi sono certo mai lasciato rapire da pensieri costellati dai “quando sarò in pensione potrò godermi la famiglia, viaggiare, leggere la montagna di libri messa da parte, coltivare hobby, fare quello che mi è sempre piaciuto…”. No. Ho cercato di vivere lo straordinario presente scolastico senza sognare il futuro.
Ovviamente credo che qualcosa cambierà: le giornate scandite da ritmi e orari fissi probabilmente spariranno, il “tempo” sarà vissuto in modo diverso e cercherò di ricordare e mettere in pratica le splendide parole dei versi di “SE” di Rudyard Kipling:
Se riuscirai a riempire l’inesorabile minuto
Con un istante del valore di sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa
Piuttosto ho pensato spesso alla fortuna che la vita mi ha riservato; la scuola mi ha regalato 43 anni, 8 mesi e 18 giorni di vita lavorativa bellissima, vissuta giornalmente nella consapevolezza del dono ricevuto, nel piacere di dare tutto quello che è stato nelle mie possibilità a quella immensa platea di giovani che ho avuto l’onore e l’onere di avere come discenti. Si, perché è stato uno stimolo continuo quello di avere a che fare con l’essenza stessa del mio lavoro, gli alunni, sempre della stessa età, i miei alunni sempre adolescenti e sulla strada di affacciarsi alla vita di adulti.
Invecchiavo solo io.
Mentre loro erano sempre uguali, quasi con le stesse problematiche, diversi solo perché si rispecchiavano negli anni che vivevamo assieme, gli anni ’80, ’90, ‘2000 e così via sino ai nostri giorni. E anch’io, insegnando la disciplina più esclusiva del nostro ordinamento scolastico, prima Educazione Fisica e poi Scienze Motorie, avendo la peculiarità di dedicarmi come esclusivo docente alla “presa di coscienza e rispetto del loro corpo”, ho avuto la responsabilità di dovermi definire “Educatore” e di “vivere” questo gravoso compito, facendolo sempre con uno spirito di empatia che mi ha permesso di entrare in sintonia con loro. Ho avuto sicuramente di più di quello che sono riuscito a dare, perché continuo a ripetere che amando i miei alunni e quindi il mio lavoro, non ho mai avuto coscienza del cosiddetto “peso del lavoro”. La definizione “lavoro” non mi soddisfa nel definire quella che è stata la mia vita a scuola, la limita quasi a qualcosa di materiale, a qualcosa di nobile si, ma che non rende a fondo ciò che è stato per me. Insegnare è una “missione”, è dare sé stessi in funzione di qualcosa che tiri fuori dalla persona oggetto del tuo dare tutto quello che ha da sviluppare di autentico, di proprio.
Gli alunni, cuore pulsante dell’universo scolastico! Materia da plasmare? No. Contenitori vuoti da riempiere? Assolutamente no. Torce da accendere per farli risplendere nella loro più profonda essenza? Beh sì, penso proprio di sì!!!
Non posso dimenticare i miei primi anni di insegnamento, il primo in assoluto a Buccheri e Buscemi da definire semplicemente fantastico; e poi Sortino, otto anni nella Scuola Media Columba, fucina di generazioni di alunni che brillavano in tutti gli istituti superiori di Siracusa, Lentini, Augusta e Floridia, con un corpo docente composto per lo più da persone del posto, impegnate politicamente e socialmente in tutte le attività del paese e che sono state di esempio nella mia formazione professionale di docente. Vinsi il concorso ordinario per docenti contemporaneamente ad altri tre carissimi amici, Marinella Rubera, Gabriella Bellomo e Antonio Failla, con i quali rivoluzionammo il modo di fare Educazione Fisica in quella scuola, sperimentando metodologie che ci diedero la possibilità di ottenere risultati, anche a livello nazionale, che ancora oggi mi fanno venire la pelle d’oca.
La mia carriera scolastica è proseguita poi nella mia amata Palazzolo Acreide, prima all’IPAA, poi all’ITIS e infine nei Licei. Anche questa una fortuna: insegnare in classi strutturalmente dissimili, dall’istruzione professionale ai Licei, passando per l’istruzione tecnica, mi ha arricchito professionalmente e umanamente, grazie al contatto con ragazzi caratterialmente e scolasticamente diversi per formazione ed impegno. E qui ho vissuto gli ultimi trent’anni di insegnamento, quasi una vita lavorativa, avendo come alunni prima i nonni e poi i figli, e vedendo spuntare fra i banchi qualche nipote precoce. Che Meraviglia! Che Gioia! Che Fortuna! Qui ho condiviso con i miei colleghi l’evolversi del nostro Istituto di Istruzione Superiore, la sua nascita, la sua crescita, il proliferare degli attuali sette indirizzi, il pulsare delle attività che siamo riusciti a mettere in essere, le difficoltà a mantenere in vita tutto quello che siamo riusciti a far fiorire. Che dire? Una sola parola mi rimbomba dal profondo del cuore, GRAZIE. Grazie a tutti i colleghi docenti, grazie per quello che mi hanno dato, grazie per aver reso il mio lavoro facile, bello, unico, valido. Grazie a tutto il personale amministrativo e tecnico, a tutti i collaboratori scolastici che con la loro presenza hanno dato un contributo notevole al funzionamento logistico della nostra scuola. E ovviamente Grazie a tutti i miei alunni.
Vi porterò sempre, tutti, nel mio cuore.
Non faccio nomi, dimenticherei qualcuno e non sarebbe bello.
Dico solo: “ricomincerei daccapo”
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