“Scuola senza voti: quale valutazione nella scuola secondaria” e “”La valutazione formativa e orientativa nella scuola secondaria”: sono i temi sui quali, dirigenti scolastici e docenti, pedagogisti ed educatori italiani, si sono confrontati, con apporti scientifici di grande spessore, in due distinti convegni regionali organizzati da UNIPED Sicilia, al Liceo Scientifico Galilei di Palermo e all’ISS P. Mattarella di Castellammare del Golfo.
Tra i prestigiosi relatori i dirigenti scolastici prof. Vincenzo Caico del liceo scientifico Michelangelo Buonarroti di Monfalcone (Go), prof.ssa Chiara Di Prima del Liceo scientifico Galileo Galilei di Palermo, prof. Giuseppe Lo Porto dell’ISS P. Mattarella di Castellammare del Golfo (TP), prof. Benedetto Lo Piccolo dell’istituto comprensivo “Rettore Evola” di Balestrate (PA), prof. Margherita Maniscalco della Direzione didattica statale “Cavallari” di Palermo; i docenti universitari Giuseppa Compagno e Pia Cappucci dell’Università degli Studi di Palermo e Mauro Spezzi dell’Università E-Campus; e ancora la prof.ssa Martina Marangon dell’Ambito territoriale di Gorizia, il prof. Giancarlo Martorana dell’IIS “Don Calogero Di Vincenti” di Bisacquino dell’ambito territoriale di Palermo e lo scrivente con una relazione sullo stress da voti e da comportamenti valutativi obsoleti. Presente il prof. Alessandro Bozzato presidente nazionale dell’UNIPED che ha aperto e concluso i lavori. L’interessante momento di dibattito ha avuto il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale per la regione Sicilia guidato dal direttore generale Giuseppe Pierro, dell’UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti, Dirigenti, Educatori, Formatori) della Sicilia, del Centro Studi Itard (ente di formazione accreditato M.I.M) e dell’Istituto Itard partner di UNIPED.
Il tema della valutazione
Come ha precisato il prof. Vincenzo Bussa alla guida dell’UNIPED Sicilia «Nella vita della scuola il tema della valutazione ha trovato terreno fertile per dibattiti animati, intensi, contrastanti tra colleghi, dirigenti e docenti, tra allievi e docenti per non dimenticare tra allievi della stessa classe. Siamo stati tutti discenti e, certamente, ricordiamo come le valutazioni in itinere, periodiche e di fine anno riuscivano a determinare un carico emotivo singolare nella nostra persona. A fine anno scolastico si avvertiva anche un senso di liberazione alla vista della pagella. Ricordo alcune espressioni dei miei allievi e dei miei compagni di scuola a fine ciclo di studi, anche universitari: “È finita!”, “Finalmente è finita!”. Vi confesso che li guardavo con gli occhi sbalorditi e sorpresi perché non sempre riuscivo a cogliere se stessero scherzando o se le parole fossero veramente dettate dal profondo del cuore. Ad ogni modo la riflessione che nasceva immediata in me era sempre la stessa: chissà se ha capito che adesso dovrà frequentare la scuola della vita! Proprio così, per natura noi umani siamo più propensi a valutare che ad autovalutarci, noi docenti siamo atti a stabilire obiettivi, finalità, criteri, parametri, items, griglie di osservazione e di valutazione. Ci preoccupiamo di rappresentare su piani cartesiani i dati che accuratamente abbiamo raccolto per avere sotto gli occhi ciò che continuamente vediamo con il cuore, perché in classe gli occhi da soli non bastano. Proprio così, i cinque sensi che mettiamo alla prova in ogni attimo della lezione lasciano traccia solo quando agiamo con il cuore. E se il messaggio si sintonizza da cuore a cuore, parlare di autovalutazione e di valutazione è più fattibile perché tutti ci sentiamo più compresi, e siamo più propensi ad agire attivamente nel contesto in cui siamo inseriti ad apportare trasformazioni ad intra e ad extra. Per dirla con Bandura, l’agentività umana è sempre co-agentività che consente di sperimentare reti di relazioni e di raggiungere obiettivi non da soli, ma in gruppo. In altre parole, il gruppo si nutre delle idee e della forza del singolo e, allo stesso tempo l’eterogenia del gruppo opera per il conseguimento di obiettivi collettivi». E continua il prof. Bussa «La valutazione, in questa ottica, si caratterizza come uno dei momenti essenziali del processo di insegnamento-apprendimento in chiave educativa; attraverso la valutazione, come afferma Trinchero: un allievo che “merita” è un allievo pienamente inserito in questo processo, che cresce grazie al gruppo e promuove la crescita del gruppo stesso. I talenti del singolo lavorano per il gruppo, i talenti del gruppo lavorano per il singolo, perché gli altri sono come me, ma (per fortuna) non sono uguali a me».
L’identikit di un sistema di valutazione realmente formativo ed educativo
La normativa vigente prevede che la valutazione degli apprendimenti abbia finalità formativa ed educativa e documenti lo sviluppo dell’identità personale delle studentesse e degli studenti. Le prassi valutative seguite nelle nostre scuole possiedono queste caratteristiche? E ancora, quanto la valutazione degli apprendimenti incide positivamente o negativamente nella costruzione del clima di benessere scolastico? Al convegno UniPED di Palermo e, il giorno dopo, a quello di Castellammare del Golfo si è cercato di dare una risposta a queste domande. Il dirigente prof. Vincenzo Caico, alla guida del Liceo Scientifico “Michelangelo Buonarroti di Monfalcone (Go), ha parlato della stretta relazione che intercorre tra il benessere delle studentesse e degli studenti a scuola e la valutazione. Secondo Caico è infatti fondamentale realizzare un ambiente scolastico in cui si possa sviluppare al meglio il piacere della conoscenza, il pensiero critico e la capacità di autoregolare il proprio apprendimento. Questo però contrasta con un sistema di valutazione degli apprendimenti che nella maggior parte dei casi si fonda su una misurazione episodica a carattere sommativo. Misurazione perché l’obiettivo di chi valuta si riduce ad esprimere in maniera sintetica il proprio giudizio posizionando la prestazione offerta dallo studente su una scala di misura numerica. Episodica perché tale valutazione è per lo più espressa in corrispondenza di prove di verifica programmate, orientate ad accertare il raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Sommativa in quanto le prove di verifica si svolgono per lo più al termine di un segmento del percorso e il momento della valutazione è distinto dall’insegnamento (e dall’apprendimento). Questo sistema non valuta il processo di apprendimento, ma una sequenza di prestazioni, spesso con obiettivi slegati tra loro, inoltre concorre debolmente al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo.
“Malessere da misurazione”
La valutazione intesa come misurazione, infatti, non contiene indicazioni personalizzate sulle strategie da attuare per il miglioramento, non guarda al passo successivo che lo studente può e deve compiere, ma si limita a certificare ciò che lo studente sa o non sa al momento, innescando logiche di comparazione e, talvolta, persino di competizione tra studenti, oltre che uno studio mnemonico e superficiale orientato al voto. Ciò che il dirigente Vincenzo Caico durante i due convegni UniPED ha chiamato “malessere da misurazione”, si manifesta negli studenti come disaffezione allo studio per il piacere della conoscenza, frustrazione e demotivazione in caso di esiti negativi nelle prove di verifica, timore di etichettatura, e negli stessi docenti come pericolosa esposizione alle varie forme di distorsione valutativa, dal cosiddetto effetto alone all’effetto contagio.
Abbandonare la prassi di esprimere le valutazioni in itinere con i voti da 1 a 10
Per Vincenzo Caico, dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Michelangelo Buonarroti” di Monfalcone (GO) di cui si allega il Vademecum regolamentare della sperimentazione sulla valutazione formativa degli apprendimenti, bisognerebbe quindi abbandonare la prassi di esprimere le valutazioni in itinere con i voti da 1 a 10 e adottare questo strumento, come correttamente prescrive la normativa, solo per individuare i livelli di raggiungimento finale degli obiettivi di apprendimento in sede di scrutinio. Purtroppo, il voto è ancor oggi inteso come uno strumento che dovrebbe quotidianamente motivare allo studio i ragazzi, salvo poi ottenere l’effetto diametralmente opposto. I docenti, conclude Caico, dovrebbero invece riconoscere nella valutazione una forma di insegnamento che accompagna e sostiene il processo di apprendimento personale di ciascuno, con uno scambio continuo e bidirezionale, tra chi impara e chi insegna, di informazioni, per correggere e rendere più efficace sia l’apprendimento che l’insegnamento stesso. Una valutazione narrativa, formativa ed educativa che, come richiede la normativa, documenti e sostenga lo sviluppo dell’identità personale di ciascuno studente.
Transitare l’azione del “valutare” al “valorizzare”
Di fronte alla ordinaria distinzione del concetto di valutazione secondo due differenti prospettive, l’una sommativa e l’altra formativa, si ritiene piuttosto opportuno adottare – ha sottolineato la professoressa Chiara Di Prima, dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Palermo, un nuovo orizzonte di senso che fa transitare l’azione del “valutare” in una azione del “valorizzare”, passando da una logica di controllo (valutazione degli apprendimenti), volta ad accertare il raggiungimento di determinati risultati formativi, ad una logica di sviluppo (valutazione per gli apprendimenti), orientata ad osservare il processo di acquisizione della competenza da parte di ogni studente, coinvolgendolo da protagonista e accrescendo la consapevolezza della propria esperienza di apprendimento, anche attraverso un percorso di auto-valutazione. La valutazione formativa e la personalizzazione pedagogica possono essere viste come due facce complementari del medesimo approccio formativo, caratterizzato da una didattica “a misura dell’allievo”, in quanto caratterizzate da una convergenza di significati e di modalità operative.
Entrambe – ha sottolineato Di Prima – si possono definire come:
- responsive, in quanto capaci di rispondere ad esigenze formative differenti;
- intenzionali, in quanto orientate al massimo sviluppo di ciascuno;
- eque, in quanto di ciascun studente vengono valorizzate le potenzialità reali;
- rispettose, in quanto fondate su una comprensione dei bisogni individuali e sulla ricerca di strategie didattiche conseguenti.
Una progressiva e costante verifica e valutazione
Il processo di acquisizione della competenza – ha ribadito Chiara Di Prima – presuppone una progressiva e costante verifica e valutazione di diversi livelli di cui la competenza stessa si compone:
- Le risorse conoscitive, che lo studente deve padroneggiare in rapporto alla competenza data. Tali risorse si compongono di conoscenze (saperi) e abilità (saper fare).
- I processi cognitivi di interpretazione, azione e autoregolazione, che lo studente deve attivare per mobilitare le risorse che gli permettono di affrontare un compito dato, processi che si possono riassumere con l’espressione “saper agire”.
- Le disposizioni ad agire che condizionano le modalità con cui l’allievo affronta la situazione data, il voler agire e il poter agire. Esse sono strettamente legate alla relazione del soggetto con se stesso (autostima, riconoscimento delle proprie risorse, …), con gli altri (relazione, collaborazione, …), con il compito (motivazione, determinazione, …), con il contesto (senso di appartenenza, attenzione alle risorse e ai vincoli, …).
La lettura stratificata dell’apprendimento inteso come sviluppo di competenza si riflette nel riconoscimento di diversi ambiti di esplorazione per la valutazione, centrali sia nella fase di analisi dell’apprendimento, sia nella restituzione del feedback:
- in primo luogo la prestazione, ovvero come l’allievo manifesta il proprio apprendimento in risposta ad una sollecitazione e in un dato contesto operativo (che cosa apprende?);
- in secondo luogo i processi, ovvero come l’allievo gestisce i propri apprendimenti ed è in grado di mobilitarli (come apprende?);
- in terzo luogo gli atteggiamenti, ovvero come lo studente si dispone nei confronti dell’esperienza di apprendimento (come affronta l’esperienza di apprendimento?);
- in quarto luogo l’immagine di sè, ossia come lo studente si percepisce in quanto soggetto in apprendimento (come si vede nell’esperienza di apprendimento?).
La valutazione formativa ha valore se la si considera parte integrante del percorso di insegnamento/apprendimento
Pertanto, ha sottolineato la DS Chiara Di Prima, la valutazione formativa ha valore se la si considera parte integrante del percorso di insegnamento/apprendimento, come strumento prezioso di informazione per insegnante e studente su come si sta procedendo, se rientra in un sistema di valutazione che promuove il riconoscimento del livello di qualità raggiunto da ogni singolo e lo stimola al continuo miglioramento. È uno degli elementi che promuove lo sviluppo delle competenze negli studenti e permette alle scuole di ottemperare la loro finalità. Per essere efficace a lungo termine, tutto ciò richiede una rivoluzione nella cultura della progettazione condivisa tra tutti i componenti della comunità educante, una collaborazione e un sostegno reciproco tra i membri della comunità professionale, e tra questi e le famiglie, un cambiamento graduale nella visione della valutazione. Solo così ogni scuola – ha concluso Chiara Di Prima, impegnata in entrambi i convegni UNIPED – potrà perseguire la sua finalità ultima, ossia rendere ogni studente competente, in grado di utilizzare le proprie abilità, conoscenze e disposizioni personali in un contesto reale, ad un livello sempre più elevato di qualità e con sempre maggiore consapevolezza, autonomia e responsabilità.
L’identità come fine educativo
Come ha ribadito la prof.ssa Giuseppa Compagno, dell’Università di Palermo: «Educare consiste nel rendere l’uomo libero, non di qualsiasi libertà, ma di quella che restituisce all’uomo la sua piena statura morale e la sua dignità di persona» e, in questo percorso «Compito dell’educatore è quello di aiutare l’educando a volere liberamente il proprio bene, una volta conosciutolo». In questo senso «L’educazione, svolta da educatore ed educando insieme, è un atto intenzionale finalizzato all’acquisizione di scelta libera e responsabile delle proprie azioni».
Individualizzare l’educazione
La prof.ssa Giuseppa Compagno precisa, nel solco della finalità del convegno, che «per individualizzare l’educazione bisogna adattare alle caratteristiche di ciascun individuo:
- i percorsi di istruzione
- i codici linguistico-comunicativi
- i ritmi di insegnamento, apprendimento e valutazione
- la sequenza dei compiti di apprendimento».
La valutazione: un processo comunitario che impegna tutti
Argomentare circa il processo di valutazione, come fatto educativo-formativo, che investe la scuola italiana sia in termini di progettazione che di azione, non è sicuramente un tentativo semplice. L’ha cercato di fare, con competenza, la dott.ssa Margherita Maniscalco, dirigente scolastico della D. D. “F.S. Cavallari” di Palermo che ha affermato come «Ancora di più quando ci si riferisce alla valutazione per competenze, in quanto questa chiama in causa due dimensioni, interconnesse e interrelate, fondamentali per dare valore (nella piena accezione del termine) al processo valutativo: la competenza valutativa del docente e la progettazione per competenze riferibile a situazioni autentiche dalle quali far scaturire evidenze tangibili, utili a valutare la competenza. Volendo brevemente riflettere sull’argomento, senza avere la pretesa di esaustività, sarebbe opportuno agire un’analisi terminologica a partire dalla riflessione proposta da Calonghi (1976) su due definizioni: la valutazione dell’apprendimento e la valutazione per l’apprendimento. La prima ricade all’interno della logica del controllo, indica una verifica dei risultati in quanto dispositivo per “accertare”, che realizza un approccio assai distante da quello educativo-formativo. La valutazione per l’apprendimento, di contro, non solo ricade all’interno della logica dello sviluppo e del potenziamento, ma prevede il coinvolgimento e la crescita degli studenti rimandando a un certo grado di ricorsività che coinvolge i diversi interlocutori per mezzo di un meccanismo di retroazione che J. Hattie nel 2016 definisce feedback».
Contrastare le varie pressioni sociali e/o le differenti mode del momento e la valutazione: educativa/formativa
La dott.ssa Margherita Maniscalco, continua sostenendo che «È evidente come la seconda definizione rappresenti la “rotta” da mantenere per la scuola italiana, impegnata, oggi più di prima, a contrastare le varie pressioni sociali e/o le differenti mode del momento, al fine di assicurare la funzione primordiale che assume da sempre la valutazione: educativa/formativa. Il feedback, in tal senso, soprattutto quello che sposta il focus sui processi e promuove l’autocontrollo, diviene strategia a servizio di una valutazione per l’apprendimento che ha come scopo il miglioramento e la pro-azione a garanzia del successo formativo, costituzionalmente sancito. Per tutto questo la valutazione non è un’azione che riguarda il singolo, ma è da considerare un fatto pubblico, che interessa tutti, nonché un processo comunitario utile a contrastare il mito affermativo della performance che, nell’attuale momento storico-sociale, notoriamente diffama il fallimento e la sconfitta. La valutazione per l’apprendimento, pertanto, deve interessare e rendersi visibile a tutti: insegnanti, famiglie e studenti, affinché questi ultimi, in particolare, imparino a essere insegnanti di se stessi in quanto come afferma M. Strande (poeta e critico letterario canadese) nel 1970 “Il futuro non è più quello di una volta”. Keywords: processo, valutazione per l’apprendimento, pro-azione, autocontrollo e feedback».
Bes e la valutazione dell’allievo in relazione al suo profilo di dominanza
Il prof. Mauro Spezzi, docente universitario e terapista Itard sottolinea come «Le indagini sul funzionamento umano hanno da sempre costituito uno dei principi cardine del Centro Studi Itard, concretizzati nelle Linee Guida del Metodo Crispiani . Per questo motivo la nostra rivista è dedicata a Diogene, filosofo cinico che con la sua lanterna cercava l’uomo. L’indagine antropologica approfondita non può prescindere dal considerare lo sviluppo dell’individuo nella sua globalità e l’avvio dello stesso dalle aree motorie: “Im Anfang war die Tat!” ovvero “Nel principio era l’atto ”, da cui si organizza il comportamento funzionale dell’essere umano, governato e guidato da un emisfero dominante. Prendendo spunto dal testo di Carla Hannaford, Il fattore dominanza , e da una ricerca di Mattson4, nella mia relazione intendo approfondire l’importanza della lateralità cognitiva nei processi di costruzione della conoscenza dei soggetti in apprendimento i quali, proprio in base alla loro dominanza emisferica, avviano azioni formative mediante l’attivazione dell’emisfero dominante, ma in sinergia con quello controlaterale. La fondamentale importanza del controllo esecutivo a carico dei due emisferi (dominante e controlaterale) tende a ridursi nelle condizioni di Bisogno Educativo Speciale con il rischio che si crei una limitazione del supporto dell’emisfero debole, in presenza di didattiche inadeguate, e un conseguente blocco dell’apprendimento a vantaggio dell’assunzione di un comportamento problema dovuto al disadattamento».
BES, la valutazione funzionale dell’adolescente e la riflessione sull’orientamento da dare alla “valutazione scolastica”
«Comunque venga declinato, il processo educativo conosce una piattaforma basilare nell’intenzione di aiutare mediante un atto ideato che non può prescindere da una preventiva e costante conoscenza delle condizioni del soggetto in apprendimento, delle sue caratteristiche personali e dei suoi bisogni» sottolinea il prof. Mauro Spezzi. «È necessario, pertanto, considerare la pedagogia non solo come scienza dell’educazione, ma anche come Scienza del Comportamento umano e delle diversità funzionali, soprattutto quando l’azione educativo – formativa si rivolge agli studenti adolescenti, caratterizzati da cambiamenti disorientanti che si amplificano in presenza di difficoltà strumentali, deficit e/o disordini esecutivi che causano una limitata e disorganizzata attività del pensiero».
Conoscere la persona e le sue vicende include necessariamente la presa d’atto di fondamentali vettori ontologici, che riguardano:
- la complessità biologica della natura umana;
- l’individualità soggettuale di ciascun individuo e del suo profilo; – lo sviluppo, quale dinamica costitutiva di ogni essere vivente.
La relazione scientifica del prof. Spezzi, infatti, ha preso spunto dall’analisi del comportamento degli adolescenti, in condizione di Bisogno Educativo Speciale, al termine della prima fase della Didattica a Distanza (DaD). Dalle osservazioni descrittive sulle condotte dei singoli emergono importanti limitazioni nelle competenze funzionali (coordinamenti dei processi mentali), quali elementi di supporto all’esercizio delle abilità scolastiche e alla costruzione della conoscenza. «Lo smarrimento cognitivo della condizione BES è un problema che riguarda l’educazione e che “impone” una dilatazione del dominio dell’agire didattico, compresa la riflessione sull’orientamento da dare alla “valutazione scolastica”» ha sottolineato Spezzi.
La valutazione degli apprendimenti: aspetti didattici e matetici
Come detto, il processo educativo si basa sulla relazione didattica fra il docente e i discenti, ovvero il rapporto “insegnamento/apprendimento”. «Ad una più alta interazione fra docente e discenti – ha affermato il prof. Giuseppe Lo Porto, Dirigente scolastico Polo Statale Istruzione Superiore “Piersanti Mattarella” di Castellammare del Golfo – corrisponde una maggiore efficacia del processo. Si tratta, però, di una interazione definita da norme ed in qualche misura predeterminata dal contesto sociale in cui viene a trovarsi, interno ed esterno alla classe, oltre che determinata dal lavoro collegiale del consiglio di classe. Ne deriva che una valutazione attenta di questo processo deve tener conto di una grande varietà di dati, non solo degli esiti finali espressi nei voti da 1 a 10».
Ma perché il voto continua ad essere considerato come conferimento di merito o demerito, diventando, di fatto una sentenza? Per il DS Giuseppe Lo Porto «La valutazione racchiude una serie di problemi: il coinvolgimento emotivo, le ricadute negative che può avere sugli alunni, la difficoltà di accettazione da parte dei discenti e/o delle famiglie. Anche nell’acceso dibattito sulla scuola con o senza voti ci concentriamo eccessivamente sulle implicanze didattiche, sull’insegnamento e tendiamo a tralasciare aspetti quali la crescita della curiosità, della passione, dell’originalità nello sviluppo di proprie strategie di apprendimento da parte degli alunni». E qui l’interrogativo del prof. Lo Porto è d’obbligo: «Sappiamo come affrontare, verificare e valutare anche dal punto di vista dell’apprendente, con un approccio matetico e non solo didattico?».
Leggi di più dalla fonte originale:
Scuola senza voti, quale valutazione (formativa e orientativa) nella scuola secondaria? Alcuni modelli per intervenire e per cambiare: in allegato vademecum sperimentazione