Scuola e stipendi dei prof, la sfida del giusto compenso

Scuola e stipendi dei prof, la sfida del giusto compenso

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di Gianna Fregonara e Orsola Riva

Come si pu misurare lo stipendio dei docenti. Dal flop della buona scuola, al docente esperto, tutti i tentativi di modificare il sistema. Il caso Valditara

Pagare poco per fare poco. O meglio: pagare tutti poco, per fare alcuni tanto e bene e altri poco e male. E’ il patto silenzioso (e scellerato) su cui si retta finora la scuola. Invece di rompere il tab dello stipendio uguale per tutti, ci si arresi alla logica dei piccoli aumenti a pioggia. Difficile dire se abbiano pesato di pi le resistenze dei sindacati contrari a ogni ipotesi di differenziazione salariale o l’oggettiva difficolt di trovare un metro davvero affidabile per misurare l’impegno, la capacit e i risultati dei singoli docenti: ogni volta che si tentato di aprire il dibattito sul giusto compenso per gli insegnanti, si finiti su un binario morto. L’ultimo incidente risale a qualche giorno fa, quando il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha fatto alcune considerazioni sull’ingiusto trattamento economico dei docenti che lavorano dove il costo della vita pi alto ma vengono pagati come tutti gli altri, cio “nei fatti, di meno”. Una sortita che, nonostante il ministro abbia smentito di aver mai messo in discussione il contratto nazionale, ha suscitato un’ondata di proteste da parte dei sindacati e dei partiti d’opposizione, che hanno evocato il rischio delle gabbie salariali con stipendi pi alti al Nord che al Sud.

Autonomia e stipendi

Comunque la si pensi, l’ipotesi di una diversificazione dei salari su base geografica non solo non ha nulla a che fare col merito ma, anche qualora la Lega riuscisse a portare a casa il suo progetto di autonomia differenziata, non baster a convincere automaticamente i docenti del Sud ad accettare un incarico al Nord. Quattro docenti su cinque sono donne e hanno pi di trent’anni: per loro emigrare vorrebbe dire lasciare marito e figli a casa. Lo si visto gi nel 2015 con il clamoroso flop della campagna di assunzioni del governo Renzi per sconfiggere la supplentite: dei quasi centomila posti in palio, ne vennero riempiti poco pi della met. Piuttosto che fare le valigie, molte madri di famiglia preferirono restare a fare le supplenti vicino a casa. E comunque al ministero sanno benissimo che ormai il problema dei buchi di organico, soprattutto per alcune materie come matematica e informatica, dove la concorrenza delle aziende fortissima, non affligge pi solo Milano e Torino, ma anche Roma e Napoli.

I concorsi

Colpa anche del malfunzionamento dei concorsi che, fra rinvii, contestazioni, bocciature e ricorsi, faticano a sfornare nuovi prof. Non per nulla Valditara sta trattando con i sindacati un ennesimo escamotage (una nuova sanatoria?) per mandare in cattedra dopo l’estate alcune decine di migliaia di precari, aggirando il concorso che richiederebbe tempi troppo lunghi. A rendere sempre meno attraente la professione docente hanno contribuito diversi fattori: l’incertezza dell’accesso al ruolo, l’aumento dei carichi di lavoro, la perdita di prestigio sociale e l’esiguit degli stipendi sono sostanzialmente rimasti al palo. Che i docenti italiani siano pagati meno dei loro colleghi europei un fatto. Secondo l’ultimo rapporto Eurydice, un insegnante francese guadagna una volta e mezza in pi, per non parlare dei tedeschi che guadagnano pi del doppio. Ma la forbice si allarga in maniera esponenziale a fine carriera perch in Italia una vera e propria carriera insegnante non esiste. Dalla fine degli Anni Novanta ogni tentativo di introdurre un meccanismo di avanzamento diverso dagli scatti di anzianit naufragato, dal “concorsone” di Luigi Berlinguer al “bonus” di Matteo Renzi fino al “docente esperto” di Patrizio Bianchi derubricato dal Parlamento a “docente stabilmente incentivato”.

Contare le presenze

Per tagliare la testa al toro, il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto ha proposto di pagare di pi tutti i prof, a condizione che passino pi tempo a scuola, in modo da trasformare quello che solo a parole un part-time (18 ore di lezione frontale a cui vanno aggiunte circa due ore alla settimana per riunioni e attivit di programmazione varie, mentre le ore dedicate alla preparazione delle lezioni e soprattutto alla correzione dei compiti non sono contabilizzate) in un vero e proprio contratto a tempo pieno, in linea con la maggior parte degli altri Paesi europei. Quanto costerebbe? I responsabili scuola del Pd hanno calcolato che per avere duemila euro netti in busta paga ci vorrebbero 8 miliardi. Difficile che una riforma del genere possa vedere la luce. E comunque tutta da verificare la disponibilit dei docenti: per molti di loro raddoppiare le ore di presenza a scuola avrebbe un costo umano ed economico non indifferente: basti pensare alle ore di ripetizioni private (per lo pi in nero) perse. Forse, per cominciare, si potrebbe sistematizzare quello che in molte scuole gi si fa: pagare di pi chi, a titolo volontario, si rende disponibile per corsi di recupero, laboratori e quant’altro. E magari anche chi sceglie di andare a lavorare nelle scuole di frontiera che, da Nord a Sud, rappresentano l’unico presidio di legalit esistente.

30 gennaio 2023 (modifica il 31 gennaio 2023 | 17:04)

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