Nessun Paese europeo ha tenuto le scuole chiuse per via del Covid così a lungo come l’Italia, ben oltre il lockdown del marzo 2020: a sostenerlo è l’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Attraverso il rapporto ‘Navigating uncharted territory: school closures and adolescent experiences during the Covid-19 pandemic in the Who European Region’ dell’Oms UE, risulta infatti che l’Italia è il Paese europeo in cui bambini e ragazzi hanno perso più giorni di scuola in presenza durante la pandemia.
Nel nostro Paese, a partire da gennaio 2020 fino al termine dell’emergenza i giorni di chiusura sono stati 341 a fronte di una media europea di 138 giorni.
Il rapporto ha analizzato le politiche scolastiche adottate durante la pandemia e gli effetti sugli adolescenti in 22 Paesi europei.
Sono emerse differenze abnormi, causate dai diversi approcci che hanno dato i governi alla lotta alla pandemia, soprattutto nell’autunno del 2020 quando in Italia si optò per nuove restrizioni con le scuole della secondaria di secondo grado rimaste aperte solo per gli alunni disabili o con problemi particolari. E alcune regioni, in particolare Campania e Puglia, particolarmente restie ad aprire gli istituti scolastici in presenza.
Secondo il rapporto dell’Oms, i giorni di chiusura totale (vale a dire estese alle scuole di ogni ordine e grado) vanno da 0 della Finlandia, dove anche nei periodi di circolazione più intensa del virus SarsCov2 è rimasta in presenza l’attività di nidi e scuole dell’infanzia, a 341 dell’Italia.
Tra i Paesi con le chiusure più lunghe, la Germania (243), la Moldavia (225), la Lituania (205), il Kazakistan (202), la Spagna (190).
Quelle più brevi, oltre la Finlandia dove le lezioni non sono state mai sospese in presenza, sono risultate in Svezia (2), Norvegia (39), Estonia (48), Lussemburgo (49), Ungheria (53).
Il rapporto ha inoltre rilevato che per il 27% degli adolescenti la pandemia ha avuto un impatto negativo o molto negativo sul rendimento scolastico, anche se l’entità del calo del rendimento scolastico non era collegato al numero di giorni di chiusura.
L’Oms ha anche rilevato che l’impatto sul rendimento scolastico è stato peggiore negli adolescenti provenienti da famiglie poco agiate; quelli più abbienti, al contrario, sono riusciti a preservare il rendimento scolastico ma a costo di una forte pressione.
Fondamentale, infine, sempre per l’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si è rivelato il supporto da parte di insegnanti e compagni di classe: laddove i livelli di sostegno erano più alti, il rapporto ha rilevato un miglior rendimento scolastico e minori livelli di pressione psicologica e sociale.
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