Scuole occupate a Milano, dal liceo Berchet al Brera: 24 proteste in tre mesi, la mappa delle agitazioni

Scuole occupate a Milano, dal liceo Berchet al Brera: 24 proteste in tre mesi, la mappa delle agitazioni

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di Giovanna Maria Fagnani

La mobilitazione «a staffetta» nelle scuole superiori milanesi. Gli studenti chiedono l’abolizione dell’ex alternanza scuola-lavoro, più dialogo con i presidi contro lo stress psicologico e una riforma delle valutazioni

Il Berchet, il Pasolini e, dopo due giorni di tentativi andati a vuoto, è riuscito anche l’assalto studentesco al liceo Brera. Diciotto istituti occupati da gennaio a oggi. E altri sei dove si sono verificate proteste più blande, con scioperi, presidi, manifestazioni «lampo». Alla fine della scuola mancano poco più di due mesi, eppure l’agitazione non accenna a fermarsi. Nascono nuovi collettivi (al Cardano, al Pasolini, al Pareto) e si allarga la piattaforma dei movimenti. In città agiscono sindacati storici, come l’Unione degli Studenti e poi il Coordinamento dei Collettivi, Rete Studenti, l’Opposizione Studentesca d’Alternativa.

Le richieste degli studenti

Con le occupazioni, i ragazzi chiedono l’abolizione dei pcto (l’ex alternanza scuola-lavoro) e denunciano la crescita esponenziale del disagio psicologico fra gli adolescenti, arrivando a chiedere anche una riforma delle valutazioni: non più voti, ma un giudizio che valuti il percorso di apprendimento. Temi a cui ora si aggiunge il no alla guerra in Ucraina. Ma cosa si fa in una scuola occupata? Dibattiti su temi come i diritti della comunità Lgbtq+, sull’educazione sessuale, sulla giustizia climatica, l’antifascismo. Ma anche tornei sportivi, laboratori d’arte, concerti. «Vediamo una nuova sensibilità nei nostri coetanei: tantissimi sono pronti a mobilitarsi, cosa che non accadeva prima», racconta Giorgia Cocuzza, responsabile comunicazione dell’Uds a Milano. All’occupazione partecipa in media la metà o anche meno degli studenti e questo porta spesso anche a critiche interne. «È vero che forse i cambiamenti o i benefici non si vedono subito, ma occupare è un messaggio forte, con cui si dice che la scuola ce la riprendiamo perché come è gestita adesso non ci va bene». Altro tema, il rischio di infiltrazioni notturne, che ha fatto terminare in anticipo la protesta al Parini e al Bottoni.

Pericolo «infiltrati»

Al Pareto i ragazzi stessi hanno deciso di non restare più a dormire, perché già la prima notte avevano dovuto respingere degli estranei. «Se una banda di ragazzi vuole entrare in una scuola occupata a fare a botte con dei coetanei che stanno lottando per migliorarla, allora significa che le loro scuole li hanno persi, non sono state in grado di appassionarli. Anche questo è un tema da affrontare». Non tutte le occupazioni sono uguali. Al Beccaria si è trasformata in autogestione. Al Berchet le lezioni promosse dal collettivo convivono accanto a quelle normali. «Ma l’occupazione è la forma più efficace, la cogestione è un contentino che i presidi danno agli alunni. Occupare è un diritto imprescindibile, in cui si riprendono gli spazi per parlare di temi ancora tabù a scuola: l’alternativa culturale di cui parliamo nelle manifestazioni, in questi giorni la mettiamo in pratica», aggiunge Giorgio, uno dei responsabili del Coordinamento dei Collettivi.

L’allarme dei presidi

Di tutt’altro avviso Mauro Agostino Donato Zeni, preside al Tenca e responsabile milanese dell’Anp, Associazione Nazionale Presidi. «Il desiderio dei ragazzi di essere protagonisti è sacrosanto, ma l’0ccupazione crea una lacerazione all’interno della comunità e questo non è costruttivo. Suona bene ai nostalgici del ’68, ma in alcuni casi vi sono infiltrazioni di movimenti esterni che cercano visibilità. Per veri cambiamenti ci vuole tempo e collaborazione, cosa che avviene, ad esempio, con una cogestione».

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18 marzo 2022 (modifica il 18 marzo 2022 | 08:24)

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, 2022-03-18 07:31:00, La mobilitazione «a staffetta» nelle scuole superiori milanesi. Gli studenti chiedono l’abolizione dell’ex alternanza scuola-lavoro, più dialogo con i presidi contro lo stress psicologico e una riforma delle valutazioni, Giovanna Maria Fagnani

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