Se l’azienda diventa cantera. Il modello del vivaio misto: è il confronto che fa crescere

Se l’azienda diventa cantera. Il modello del vivaio misto: è il confronto che fa crescere

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di Diana Cavalcoli

Il progetto di Lombardini22 a Milano: una community di culture diverse. Spazio soprattutto ai giovani: l’età media è 34 anni. Neolaureati guidati in percorsi di sviluppo mirati

«In Lombardibni22? Ho trovato una famiglia e ho avuto l’occasione di crescere professionalmente come non avrei mai immaginato». Everlyne Anyango Saida è interior designer nel famoso studio milanese di progettazione. Una realtà italiana, che nel 2022 compie 15 anni e vanta oggi un forte spirito internazionale oltre che un dna votato all’inclusività. Lo studio conta infatti 350 professionisti, provenienti da 28 nazioni e da percorsi molto differenti. Si va dall’architettura all’ingegneria passando per economia, comunicazione, nuove tecnologie e ovviamente design.

L’inclusione nell’head quarter, situato a pochi passi dal Naviglio Grande a Milano, è di casa. Come testimonia la storia di Saida. Nata in Kenya, è arrivata in Italia per perfezionare gli studi di design riuscendo a costruirsi una carriera solida in cinque anni. Un percorso che l’ha portata anche a collaborare a progetti internazionali prestigiosi. «Mi è capitato – racconta – di lavorare per l’ambasciata in Kenya ed è stata una grande soddisfazione poter fare qualcosa per il mio Paese di origine. Così come è stato importante lavorare a progetti in Arabia Saudita. Quando ho inviato allo studio la mail con il mio curriculum non potevo immaginare che avrei avuto occasioni del genere».

Merito anche della formazione ricevuta sul campo. Saida spiega di aver ampliato le proprie competenze e di aver imparato a collaborare con team diversi: dagli architetti agli ingegneri. «Siamo una grande community fatta di culture diverse ed è un confronto continuo, quotidiano. Non solo con i colleghi italiani ma anche con chi proviene da altri Paesi», aggiunge. Professionisti che arrivano nella periferia milanese dall’India, dalla Turchia, dall’Albania, dalla Colombia, dalla Cina e dagli Stati Uniti. Una grande famiglia globale che parla in prevalenza inglese anche se Saida ha scelto di imparare l’italiano «in modo da integrarsi meglio» e migliorarsi sempre.

Ma come nasce l’universo multietnico di Lombardini22? Il modello adottato dallo studio è la cantera, il vivaio calcistico. La società in questi anni ha accolto e fatto crescere centinaia di giovani in uscita dall’università. Neolaureati che sono stati guidati in percorsi di sviluppo mirati. Non a caso, l’età media in azienda è di 34 anni. Proprio per sostenere la crescita di queste nuove generazioni lo studio ha lanciato l’Accademia Lombardini22, composta da specialisti con competenze diverse.

Il tutto per rendere possibile la creazione delle unità di business autonome «ad alta specializzazione» che costituiscono il cuore dell’azienda. «Essere una comunità aperta, capace di accogliere le diversità e metterle a sistema, è nel Dna dell’azienda», si legge sul sito dello studio. La scommessa sulle culture diverse è dettata dalla volontà di creare un hub delle idee ma è anche un fattore di resilienza per l’impresa. Che non guarda al concetto tradizionale di gerarchia in ufficio.

«Se io prendessi solo persone con stili di leadership uguali al mio – spiega Franco Guidi, tra i soci fondatori di Lombardini22 – otterrei un organismo molto più fragile. Noi pensiamo che l’ibridazione e la contaminazione rinforzino». Da qui l’apertura ai talenti esteri e la scommessa sui più giovani. «Se la società ci sarà ancora tra 50 anni, è perché ci saranno altre persone che saranno sintoniche con quel mondo, il loro mondo e con le sue esigenze», conclude. Spazio quindi ai ragazzi e alle loro idee, meglio se da tutto il mondo.

16 settembre 2022 (modifica il 16 settembre 2022 | 07:20)

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, 2022-09-16 05:21:00, Il progetto di Lombardini22 a Milano: una community di culture diverse. Spazio soprattutto ai giovani: l’età media è 34 anni. Neolaureati guidati in percorsi di sviluppo mirati, Diana Cavalcoli

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