Segnali di vita a sinistra

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l’editoriale Mezzogiorno, 3 giugno 2022 – 08:59 Emiliano tra Pd e Ppe di Michele Cozzi Uno, nessuno e centomila. In politica è essenziale la capacità e la volontà di esplorare sentieri di montagna, impervi, ricchi di sorprese. E probabilmente questo desiderio ha condotto il presidente pugliese Michele Emiliano ad approdare, come ospite, al congresso europeo del Ppe, il Partito popolare europeo. Nulla di traumatico, anzi. I filoni popolare, socialista e liberale rappresentano i fondamenti dell’Unione europea che, come afferma il presidente Mario Draghi, sono alla base della convivenza pacifica dei popoli. Ma si tratta di una semplice cortesia istituzionale, oppure una tappa del percorso di ridefinizione politica del governatore? Che, allo stato, è un leader senza partito. Considera il Partito democratico casa sua, ma per una serie di motivi attinenti anche al rapporto tra partiti e magistratura, la sua volontà conclamata di ritornare alla casa madre appare un sentiero pieno di incognite. Ma poi, non è detto che quella sia la destinazione desiderata da Emiliano. Il Pd, ai suoi occhi, appare troppo largo e troppo stretto allo stesso tempo. Troppo largo, perché il Pd, il nuovo partito-sistema, è un insieme di interessi, di rappresentanza, di conglomerati di poteri. È riuscito a Renzi, da outsider, di impadronirsi della vecchia “ditta”, ma è durato poco. Emiliano, per indole e aspirazione, difficilmente accetterebbe un ruolo di comprimario, da semplice parlamentare. Poi il Pd, allo stesso tempo, appare troppo stretto, per la sua concezione della politica, in cui – come ha detto a commento del suo incontro con i vertici del Ppe per spiegare il «miracolo pugliese» -, «da noi sono meno importanti le forze politiche, di più i progetti e le persone». Una concezione che non potrebbe essere più distante dall’assolutizzazione del ruolo dei partiti che trasuda sia nella versione meno ortodossa del Pd, sia in quella iper-ortodossa della sinistra-sinistra. Che, quasi in contemporanea della missione di Emiliano a Rotterdam, discutendo a Bari del libro di Sandro Frisullo, Il popolo senza politica – Rifondare i partiti, rilanciava un progetto ed una visione della sinistra, che ascoltando la narrazione di Nichi Vendola, letterato, poeta e politico in aspettativa, appare agli antipodi di quella di Emiliano. Non solo per l’accusa più epidermica – l’avere inglobato schegge della destra nel campo della sinistra con una politica aperta al civismo, interpretato come trasformismo – ma per avere messo su, dice Vendola, «un sistema di potere», in cui la politica appare come «un suk arabo e un mercatino dello scambio».Parole pesanti, che fanno parte, ormai, del pensiero del personale politico di una vecchia stagione politica, quella vendoliana, che non si riconosce nel nuovo corso pugliese che, pure, ha contribuito a rafforzare.Traspare il tentativo di accerchiare il governatore anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, per impedire che determini la nuova squadra di parlamentari del Pd e le scelte per il Comune di Bari e le prossime regionali. Che solo apparentemente appaiono lontane. Così Emiliano, che è tutt’altro che un ingenuo della politica, naviga tra Ursula von del Leyen, presidente della Commissione Europea, e Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, con la quale non sono mancati, nei giorni scorsi, manifestazioni di spontanea simpatia, tra cui una ipotetica partita a burraco durante la kermesse politico-culturale di Bruno Vespa a Manduria. In attesa di conoscere le mosse di Conte, il leader del M5S, che appare in un rapporto di amore-odio con il Movimento, sempre sul punto di decidere se mettersi in proprio. Sotto il sole di Puglia, segnali di vita a sinistra, in bilico tra un popolo senza politica e partiti senza popolo. 3 giugno 2022 | 08:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-03 07:00:00, Emiliano tra Pd e Ppe,

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