Mio marito non aveva bisogno di stuprare perché c’era la fila di donne che volevano andare a letto con lui, dichiara in tv Emmanuelle Seigner, moglie dell’incontenibile Roman Polanski.
Davvero le parole non pesano più nulla. Finora «stupro» indicava un atto sessuale imposto con la forza ad altra persona non consenziente, ma adesso, grazie alla signora Seigner, sappiamo che la violenza è tale solo se chi la esercita non piace alle donne. Se invece si tratta di un regista famoso, che assegnando a un’attrice la parte della protagonista di un suo film è in grado di cambiarle il destino, lo stupro viene demansionato a slancio altruistico.
C’era la fila fuori, capite? Il problema, Seigner, è che il potere ha sempre la fila fuori. La facilità nel riuscire a ottenere qualcosa non rende meno responsabile chi se la prende. E quando lo usi per approfittarti di una posizione di vantaggio, il potere stesso diventa una forma di violenza. Immagino che la signora, nel suo desiderio umanamente comprensibile di assolvere il marito (cioè sé stessa per averlo sposato), volesse dire che Polanski non aveva bisogno di chiedere ciò che gli veniva offerto gratis. Però, così facendo, compie la solita capriola dialettica di rovesciare sulle donne la responsabilità dell’accaduto. La prima di costoro aveva tredici anni, ma Seigner ha spiegato che a quel tempo le lolite venivano celebrate. Capito? Cerca di far passare noi per bigotti, pur di non far passare qualcun altro per colpevole.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui.
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18 ottobre 2022, 07:23 – modifica il 18 ottobre 2022 | 07:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-10-18 05:37:00,
Mio marito non aveva bisogno di stuprare perché c’era la fila di donne che volevano andare a letto con lui, dichiara in tv Emmanuelle Seigner, moglie dell’incontenibile Roman Polanski.
Davvero le parole non pesano più nulla. Finora «stupro» indicava un atto sessuale imposto con la forza ad altra persona non consenziente, ma adesso, grazie alla signora Seigner, sappiamo che la violenza è tale solo se chi la esercita non piace alle donne. Se invece si tratta di un regista famoso, che assegnando a un’attrice la parte della protagonista di un suo film è in grado di cambiarle il destino, lo stupro viene demansionato a slancio altruistico.
C’era la fila fuori, capite? Il problema, Seigner, è che il potere ha sempre la fila fuori. La facilità nel riuscire a ottenere qualcosa non rende meno responsabile chi se la prende. E quando lo usi per approfittarti di una posizione di vantaggio, il potere stesso diventa una forma di violenza. Immagino che la signora, nel suo desiderio umanamente comprensibile di assolvere il marito (cioè sé stessa per averlo sposato), volesse dire che Polanski non aveva bisogno di chiedere ciò che gli veniva offerto gratis. Però, così facendo, compie la solita capriola dialettica di rovesciare sulle donne la responsabilità dell’accaduto. La prima di costoro aveva tredici anni, ma Seigner ha spiegato che a quel tempo le lolite venivano celebrate. Capito? Cerca di far passare noi per bigotti, pur di non far passare qualcun altro per colpevole.
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18 ottobre 2022, 07:23 – modifica il 18 ottobre 2022 | 07:23
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, Massimo Gramellini