Di fronte al crollo nell’“appeal”, tra i giovani più qualificati e talentuosi, della professione di insegnante, che ne fa sempre più una professione di ripiego, da seconda o terza scelta, la via maestra, in teoria, sarebbe quella di aumentare consistentemente gli stipendi degli insegnanti, fino a renderli competitivi sul mercato delle professioni.
Ma – a parte l’insostenibilità dei costi, non solo per il nostro Paese (specie nell’ipotesi di un significativo aumento generalizzato) – questo basterebbe a restituire prestigio alla figura tradizionale del docente? O essa – per come l’abbiamo conosciuta nel corso di secoli – è ormai per molti aspetti obsoleta, legata alla scuola del passato?
Di fronte al repentino cambiamento psico-fisico delle nuove generazioni e del mondo in cui vivono, con attitudini, tempi e modalità di apprendimento che si modificano, bisogna chiederselo e ragionare lucidamente su questo. Insomma, forse è l’assetto complessivo della scuola che rischia di non essere più al passo con i tempi, e questo si riflette sui suoi “sacerdoti”, ossia sugli insegnanti, che godono – appunto “di riflesso” – di sempre minore considerazione.
E se di questo ci sono chiari indizi e sospetti già oggi, sarebbe miope non considerare che l’umanità si trova alla vigilia di un salto tecnologico – dettato dall’intelligenza artificiale generativa e da quella quantistica, e non solo – di cui si ignorano i confini, che renderà inevitabilmente ancora più obsoleto il tradizionale modello educativo di stampo “militare”, fatto di classi per età, banchi in fila, programmi uguali per tutti e lezioni solo trasmissive. Non si tratta di chiedersi se sia giusto o meno cambiare la didattica o l’organizzazione scolastica: il mondo va avanti in ogni caso, non aspetta, e il contesto in cui vivono e vivranno le nuove generazioni impone e imporrà una evoluzione. Si tratta piuttosto di capire se il sistema educativo può accompagnare e indirizzare in qualche modo questo cambiamento (e a quali condizioni), o esserne travolto (o stravolto).
Proviamo ad approfondire questa possibile chiave di lettura (“chi ha dubbi pensa, chi ha certezze sbaglia”, dice un proverbio) nella notizia successiva.
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