Senato, i franchi tiratori «al contrario». Parte la caccia ai soliti sospetti

di Maria Teresa Meli

Berlusconi: è stato Renzi. Altri evocano Franceschini, ma l’esponente pd: «Un suicidio, persa una occasione». L’idea «Var» per misurare chi indugia di più in cabina

Al Senato si gira in versione film di serie B il «sequel» di Rashomon, la pellicola di Kurosawa sulla menzogna e la molteplicità della verità. Chi sono i 17 (ma qualcuno dice 18 e qualcun altro 19) senatori che hanno votato per Ignazio La Russa pur non facendo parte della maggioranza? Il centrodestra insinua che l’artefice dell’ operazione sia stato Renzi. Dice il leghista Stefano Candiani ad alcuni colleghi: «Noi e Giorgia sapevamo già che Ignazio aveva i voti. L’altro giorno Renzi si è visto con La Russa…». Silvio Berlusconi non sembra nutrire dubbi: «È stato Renzi», accusa.

Qualcun altro insinua che Calenda sia uscito dall’aula nero in volto perché si è sentito tradito dall’alleato, ma il leader di Azione nega. Anzi qualche suo compagno di partito punta l’indice contro Franceschini: «Vuole fare il vice presidente del Senato. È lui che ha gestito il voto in questo modo». Ma a sentire le parole che un Franceschini infuriato consegna a un fedelissimo non sembrerebbe così: «Questo è un suicidio. C’era l’occasione per farli partire zoppi e qualche idiota li ha salvati». E un autorevole ex ministro del Pd osserva: «Conte è grande amico di Meloni, la loro è un’amicizia extra-politica, sono stati i grillini, gli unici che si possono muovere come una falange compatta».

La ricostruzione del Pd, però, è un’altra: «Vediamo se questo mercanteggiamento vale a Renzi la presidenza del Copasir. O magari la Vigilanza Rai per Boschi». Un altro dem, però, il senatore Graziano Del Rio, distribuisce equamente le colpe: «È solo il primo giorno e guardate che casino hanno combinato Conte e Renzi». Dalle parti del M5S il metro della distribuzione equanime delle responsabilità è un altro: «È un gioco tra Renzi e Franceschini». Come la metti la metti i conti non tornano e si ricorre al Var. Non è uno scherzo. Giornalisti, gruppi parlamentari, sondaggisti e twittaroli accaniti riguardano i filmati della votazione per vedere chi ha indugiato qualche secondo di troppo nella cabina pur dovendo consegnare una scheda in bianco. E si soffermano su una serie di parlamentari che negano e minacciano querele. Nell’elenco finiscono: Tino Magni, in quota Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, Aurora Floridia, rossoverde anche lei, Raffaella Paita, Matteo Renzi, Silvia Fregolent, Daniela Sbrollini e Ivan Scalfarotto di Italia viva, Marco Lombardo di Azione, quindi i grillini Marco Croatti, Vincenza Aloiso, Grabriella Di Girolamo, Elisa Pirro, Ettore Licheri, Pietro Lorefice, Stefano Patuanelli ed Elena Sironi, poi i senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti e Carlo Rubbia, infine Mario Borghese (che ha confessato), senatore eletto all’estero e Dafne Musolino di «Sud chiama nord», il movimento di Cateno De Luca.

Ma anche questa ricostruzione lascia più di un dubbio: Renzi è stato assai veloce a votare, certamente più di alcuni senatori dem che hanno indugiato nel seggio per un considerevole lasso di tempo. Ancora una volta i conti non tornano. E al Senato fioccano nuove ricostruzioni. Una prende lo spunto dall’incontro mattutino tra Renzi, Franceschini e Patuanelli. Secondo questa versione i tre avrebbero concertato l’operazione La Russa. Un’altra trae origine da un brindisi a base di spritz di un gruppo di senatori grillini. Tante verità e altrettante menzogne vanno in scena a Palazzo Madama.

14 ottobre 2022 (modifica il 14 ottobre 2022 | 07:24)

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