Il regista premiato a Berlino con l’Orso d’oro alla carriera. Non penso di aver mai ispirato nessun altro regista con il mio cinema
A settantasei anni, Steven Spielberg non ha certo voglia di riposarsi dopo 59 regie, di cui 34 per lungometraggi usciti al cinema. Arrivato a Berlino per ricevere un Orso d’oro alla carriera che lo avvicina ancora di pi agli Oscar per cui candidato con The Falbelmans, il regista di Cincinnati ha confessato di lavorare a una serie su Napoleone, a partire dalla sceneggiatura che Stanley Kubrick non riusc mai a realizzare (si dice perch non riusc a convincere Jack Nicholson a firmare un contratto per restare a disposizione vent’anni, visto che il film doveva seguire le imprese ma anche l’invecchiamento dell’empereur). Del progetto Spielberg non ha detto molto di pi, se non che saranno sette puntate prodotte dalla Hbo, in collaborazione con la vedova novantenne del regista, Christine, e con il cognato Jan Harlan, ma bastato per accendere le curiosit di tutti.
Modesto fino all’eccesso (Non penso di aver mai ispirato nessun altro regista con il mio cinema mentre io mi sono spesso ispirato ai grandi del passato), stato sollecitato a prendere il posto di John Ford che nel suo ultimo film istruiva il giovane Fabelman: cosa consiglierebbe a un aspirante regista? La sua risposta non ha esitazioni: Partite sempre da una buona sceneggiatura, perch sono le storie e non le inquadrature che spingono il pubblico ad andare al cinema. Il primo passo saper sceneggiare bene e se non ne siete capaci, non vergognatevi di chiedere aiuto a chi lo sa fare meglio di voi.
L’ultimo film, The Fabelmans, che ripercorre la sua vita dagli 8 ai 18 anni, affrontando anche la traumatica separazione dei genitori, a molti sembrato una specie di autoterapia ma Spielberg preferisce altre spiegazioni: vero che il divorzio dei miei stato un trauma e che nei miei film ho spesso messo al centro l’idea di famiglia come ancora di salvezza. Senza quel dramma non avrei mai fatto L’impero del sole dove un bambino strappato ai suoi genitori, ma la vera molla per The Fabelmans stata la paura che mi ha preso durante la pandemia, l’aver pensato pi volte alla morte. Ecco cosa mi ha spinto a raccontare una storia cos privata. Non avessi passato cos tanto tempo chiuso in casa con la mia famiglia forse non avrei trovato il coraggio di farlo.
Sempre uguale invece l’entusiasmo per il cinema, capace di superare ogni ostacolo, la cosa pi importante della mia vita escluso la nascita di un figlio (e lui ne ha sei, tre maschi e tre femmine), rimasto intatto da quando era bambino, quando fu capace un sabato, a 9 anni, di fare tre chilometri a piedi per andare a vedere un western che i suoi genitori avevano considerato troppo violento per lui, Sentieri selvaggi di John Ford: L’ho visto e non ho capito niente. Mi sono rifatto quando l’ho visto e rivisto anni dopo, ma allora non avevo potuto evitare di andarlo a vedere. Ho persino preso di nascosto i soldi per il biglietto da una specie di salvadanaio di famiglia.
Se questi erano gli inizi non poteva che arrivare dove sappiamo: Ho fatto sempre quello che sapevo fare ma anche quello che non sapevo, sfidandomi ogni volta. E sempre con una bella dose di ironia e la voglia di giocare: non a caso il mio cognome, di origine tedesche, significa pi o meno la montagna che gioca.
21 febbraio 2023 (modifica il 21 febbraio 2023 | 19:36)
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