Inviata da Nicoletta Tancredi – La favola corta è quella che si racconta in tutte le scuole al passo coi tempi. Quella che gli istituti all’avanguardia hanno cominciato a raccontare anche 10 anni fa. E che agli open-day vende meglio. Racconta di scolari e studenti che vanno a scuola soltanto dal lunedì al venerdì, che possono quindi stare a letto fino a tardi il sabato mattina e partire, anche tutti i fine settimana, per una gitarella fuori porta o un weekend all’estero, con la famiglia o gli amici. Più tempo libero, insomma. Tanto tempo libero, a fronte dello stesso numero di ore di lezione degli sfigati protagonisti della scuola dal lunedì al sabato.
Ma questa favola corta, che tutti credono di conoscere alla perfezione, e che reclamano a gran voce, nessuno la racconta nei dettagli e nessuno, soprattutto, dice come va a finire.
C’è oggi, nel 2023, ma anche un po’ prima, una scuola, con aule, cattedre e banchi. Un ambiente semplice, ma caldo e accogliente. Tanto che i termosifoni continuano a riscaldare anche quando le temperature d’inverno segnano record massimi e dove, in primavera e in estate, non essendoci i condizionatori, si boccheggia. A girare per i corridoi di questa scuola, familiare e ricca di umanità, viene in mente la canzoncina “Era una casa molto carina, senza soffitto, senza cucina…”. E in effetti in questa scuola qualche soffitto è pericolante e qualcun altro è proprio crollato. Non c’è una mensa né una biblioteca. Neppure una palestra o un bel giardino per stare all’aperto. Non c’è un laboratorio di scienze né uno di arte. Eppure sembra una scuola americana, di quelle serie tv anni Ottanta. Una scuola, dove si studia, si mangia, si gioca, insomma dove si trascorre gran parte della giornata.
Certo, i nostri alunni non hanno tempo e spazio per giocare a scuola. Né, tanto meno, tempo e spazio per mangiare a scuola. Figuriamoci che alcune scuole non prevedono neanche l’intervallo! Ma la Favola Corta, come abitudine americana, prevede che si passi, se non gran parte della giornata a scuola, comunque più tempo. E poi si studia! Se a scuola non si va per studiare? E il numero di ore di lezione è garantito.
Per raccontare la Favola Corta, basta, infatti, togliere le 5 ore del sabato e farle diventare seste ore degli altri giorni. Ed è proprio qui che il tranello della scuola della Cuccagna viene fuori: pur di avere il sabato libero, i ragazzi restano a scuola un’ora in più, tornano a casa un’ora più tardi, mangiano un’ora più tardi, iniziano a fare i compiti un’ora più tardi, con il carico di una materia in più per il giorno seguente, visto che il monte ore è distribuito su cinque giorni e non su sei. Al liceo, poi, le ore non sono 30 e con l’autonomia e le curvature di indirizzo, dunque, non ci sono solo le seste ore, ma anche le settime ore. Altrimenti detto: si entra alle 8 si esce alle 15. Se non si ha, poi, la fortuna di vivere a due passi da scuola e si è soggetti all’orario dei mezzi pubblici, si torna a casa per pranzo, quando è pomeriggio inoltrato e fuori è già buio. Sempre con una materia in più per il giorno dopo da studiare. E magari il piacere di volersi dedicarsi a qualche attività extra-scolastica.
Inoltre, siccome la scuola è vera e non finzione da serie tv, si provi ad immaginare come siano attenti e pimpanti i ragazzi a seguire la spiegazione di un teorema di matematica, un concetto filosofico, un passo di letteratura, alle ore 14:00, quando vorrebbero stare seduti non al banco a prendere appunti, ma a tavola a mangiare. Ed anche il prof., s’intende! Ecco allora che la scuola italiana tende a somigliare, bontà dei docenti, ad un episodio da telefilm. La lezione non deve essere troppo pesante e impegnativa, meglio una proposta più soft. Dove soft vuol dire meno, non in minuti di lezione, ma in termini di qualità sicuramente, visto che i ragazzi sono ormai fusi.
Si pensi poi ai bambini della primaria. Quella che una volta era la scuola elementare. Si andava per 24 ore a settimana, dal lunedì al sabato. Davvero un orario da Favola: tutti i giorni dalle 8:30 alle 12:30. Un carico di lavoro ben distribuito e perfettamente adeguato all’età. Poi le ore sono aumentate e anche le scuole ad orario antimeridiano sono a 27 ore settimanali e nelle classi quarte e quinte (con due ore di scienze motorie in più) 29. Ma il racconto della Favola Corta ha affascinato anche questo segmento di scuola e via con orari più concentrati, per godere tutti, anche i maestri come i proff, del giorno libero. Il più ambito: il sabato! Sempre in una scuola solo cattedra e banchi, tutti buoni e fermi.
Eppure in questa Favola Corta, le scuole funzionano in maniera più snella, si abbattono i consumi energetici, dunque i costi (mentre l’energia per l’attenzione in classe è stata già consumata tutta). E adducendo a pretesti motivazioni ambientaliste, dire “Mio figlio il sabato è libero” fa figo e fa rima con aperitivo al centro storico, passeggiata per i negozi, favolosi tik-tok. Insomma godimento facile, a consumo immediato, senza l’impedimento della scuola e con gran divertimento.
Ma il divertimento, da solo, non fa cultura. E non è neanche divertimento, a pensarci bene.
La Favola Corta, dunque, finisce per essere più faticosa e si conclude con la prospettiva che, pur di tener libero quello che Leopardi definiva “di sette il più gradito giorno”, si passi da “Il sabato del villaggio” allo “Scemo del villaggio” o, più verosimilmente, al “Villaggio degli scemi”.
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