Severodonetsk, pioggia di fuoco: «Controllo russo quasi totale»

Severodonetsk, pioggia di fuoco: «Controllo russo quasi totale»

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di Lorenzo Cremonesi, inviato a Sloviansk

Colpita anche la città «sorella» Lysychansk, ultimo ostacolo per la conquista del Donbass. A Mosca i soldati del battaglione ucraino Azov, scambiati 50 corpi

Al meglio dicono che la situazione è «complicata», ma quasi tutti non nascondono di avere il morale sotto le scarpe. «Va male, ci sono troppo morti, i russi bombardano duro e noi non abbiamo le armi per rispondere. Sul campo siamo molto meglio noi, però loro sparano di più e con più forza», affermano scoraggiati. Abbiamo trascorso ieri parecchie ore con i soldati ucraini impegnati sul fronte del Donbass e precisamente nel settore caldo che va da Izyum a Severodonetsk. In tutto forse nemmeno duecento chilometri, nulla a che vedere con la vastità dell’invasione voluta da Putin nella prima fase della guerra, eppure proprio per questo i russi adesso stanno avanzando e infliggono forti perdite agli ucraini. «Le battaglie avvengono più o meno sempre allo stesso modo. I russi cominciano con bombardamenti di sbarramento intensissimi. Usano tutto ciò che hanno a disposizione concentrati in poche decine di chilometri quadrati: dalle artiglierie, ai mortai, sino all’aviazione e i droni armati.

La pioggia di fuoco dura in genere dai 40 minuti alle 4 ore e distrugge tutto ciò che trova. Quindi avanzano dai 10 ai 20 carri armati che sparano all’impazzata su tutto ciò che ancora rimane in piedi. I nostri soldati si ritrovano allo scoperto in un tappeto di macerie fumanti ed è allora che arrivano le loro colonne blindate affiancate dalle fanterie. Ma noi a quel punto non siamo più neppure in grado di adottare la kill box, che è la classica tattica del lasciarli avanzare per poi attaccarli da tre lati», racconta Dima, un ufficiale 29enne della 95esima Brigata di fanteria che ieri era appena giunto nei giardini dell’ospedale di Sloviansk per cercare una tregua dal caos della battaglia. Ma è durata poco. Proprio mentre parliamo alcuni grossi calibri esplodono forse a tre chilometri da noi e lui ribadisce scuotendo la testa che «il fronte tiene tra attacchi e contrattacchi, però alla lunga l’avanzata russa continua, molto lenta, non si ferma».

L’ospedale

Nell’ospedale un medico mostra le immagini di alcuni interventi d’urgenza che ha dovuto effettuare: uomini dai volti deturpati, arti tagliati, esistenze devastate per sempre. Sono la rappresentazione grafica di questo momento estremamente difficile per le forze ucraine. «Abbiamo dovuto ritirarci dal centro di Severodonetsk, ancora resistiamo nelle periferie, ma non è escluso si debba abbandonare l’intera città per non restare accerchiati», ha dichiarato ieri persino Serhiy Gaidai, che è il governatore della provincia di Lugansk. Noto per l’atteggiamento ottimista, era stato lui soltanto sei giorni fa a dire che gli ucraini avevano ripreso l’iniziativa a Severodonetsk e si erano attestati su oltre il 50 per cento del centro urbano cacciando i russi indietro. Ora sottolinea invece che i nemici stanno bombardando anche Lysychansk, la città sorella, ma posta sulla sponda occidentale del fiume Seversky Donets, l’ultimo ostacolo naturale sulla via verso Kramatorsk. Non aiuta certo a rialzare l’umore la notizia diffusa dai portavoce del Cremlino per cui un migliaio dei circa 2.000 combattenti ucraini, che il 20 maggio si erano arresi dopo l’eroica resistenza nei sotterranei delle acciaierie Azovstal di Mariupol, sono stati trasferiti a Mosca. Il governo Zelensky si appella alle convenzioni internazionali e ne chiede la liberazione immediata. Ma nella capitale russa c’è chi vorrebbe processarli con l’accusa di «terrorismo», specie nei confronti dei volontari dell’organizzazione nazionalista Azov, che rischiano la pena capitale. A latere, Kiev e Mosca hanno scambiato rispettivamente i resti di 50 corpi, tra i cadaveri ucraini 37 vengono da Mariupol.

8 giugno 2022 (modifica il 8 giugno 2022 | 23:15)

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, 2022-06-08 22:10:00, Colpita anche la città «sorella» Lysychansk, ultimo ostacolo per la conquista del Donbass. A Mosca i soldati del battaglione ucraino Azov, scambiati 50 corpi , Lorenzo Cremonesi, inviato a Sloviansk

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