Sgarbi compie 70 anni:  «Io intemperante?  No, sono mite  per 23 ore e 55 minuti…»

Sgarbi compie 70 anni:  «Io intemperante?  No, sono mite  per 23 ore e 55 minuti…»

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di Candida Morvillo

Le risse, come quella al Maurizio Costanzo show con Mughini? «Dopo mi pento. Ma i giovani vogliono me». Il critico d’arte compie 70 anni

Vittorio Sgarbi, con che spirito arriva, domani, ai 70 anni?

«Con una grande malinconia, con l’idea di aver vissuto più del tempo che vivrò e che quello che ho vissuto è stato così intenso da impedirmi qualsiasi lamento e condizione di infelicità».

Lo Sgarbi delle risse tv, l’ultima con Giampiero Mughini, è così intemperante anche nella quotidianità?

«No, sono mite. Posso fare una scenata se trovo un errore su un catalogo, ma si spiega con la formula che mia madre definiva dei cinque minuti: la giornata è fatta di 24 ore; per 23 ore e 55 sei normale, ma sugli altri cinque minuti si costruisce la tua leggenda».

Sua madre Rina Cavallini, raccontò che, a scuola, lei veniva vessato e picchiato dai fratelli Manzoli. Quando il bimbo bullizzato diventa un bullo intellettuale?

«Quella, in effetti, fu una scuola di vita che ha determinato la mia reattività. Dopo, al collegio dai Salesiani, trovai mille obblighi, l’orario, le messe tutti i giorni. In biblioteca, c’era l’elenco dei libri proibiti, divisi per categorie: C3 erano quelli “cautela, per adulti”. Erano consentiti Cuore e forse Pinocchio. Un prete trovò nel mio banco Senilità di Italo Svevo. Furono chiamati i miei genitori. Che, invece di difendermi, si scandalizzarono. Vidi una cosa logica trasformarsi in peccato. Il preside disse: dovrebbe leggere I dolori del giovane Werther . E io: C3, è vietato! Fu un colpo sgarbiano formidabile. I miei videro lì lo Sgarbi che iniziava a nascere. Sono state le proibizioni a portarmi alla trasgressione».

E che c’entra trasgredire con la violenza verbale?

«Questa è conseguenza dell’ispirazione di zio Bruno, fratello di mamma, grandissimo letterato. La sera, si parlava di politica e zio primeggiava sempre, aveva un tono polemico, argomenti che mi sembravano giusti. Fu una specie di transfert».

La folgorazione che si può prevalere con la cultura, anziché con la forza fisica?

«Esattamente».

Che cosa scatena lo Sgarbi fumantino che conosciamo?

«Un temperamento di fondo fatto di socievolezza: io sono accogliente, sono per gli imbucati, sono per i profughi, sono come Pier Paolo Pasolini per cercare di convertire chi mi odia, ma se qualcuno supera il confine, divento quell’altro Sgarbi. È un incidente imprevisto che lo scatena».


«Incidente imprevisto»? Non esibizionismo?

«Per me, passione e ragione significano: io ho passione, io ho ragione. Nel 1989, vado al Costanzo Show e, la prima volta, dico str..a a una preside, la seconda volta faccio piangere la fotografa Letizia Battaglia, la terza dico che voglio vedere morto Federico Zeri. Fino ad allora, guardavo la tv con distacco, lì ho capito che ha una velocità straordinaria nel trasmettere le idee. Oggi, sui social, ci sono mie risse vecchissime e perciò sono l’unico della mia età a cui giovani chiedono selfie. Il mio pensiero sta vivendo per un tempo più lungo che per i miei coetanei».

La conoscono per le risse e questo la rende fiero?

«Più che fiero, mi rende esistente. Un intellettuale per strada non esiste, il suo pensiero è chiuso nei suoi libri».

Quando si è dispiaciuto di aver esagerato?

«Sempre, subito dopo. Come ogni buon coccodrillo. Dopo, non per finta, dico: potevo risparmiarmelo. Ma la verità è che non potevo: era un flusso inarrestabile».

Ha tre figli da tre donne, si è definito un padre preterintezionale. Lo spirito della paternità l’ha mai sfiorata?

«Poco. L’ultima, Alba, mi commuove per la sua delicatezza e perché mi ha salvato dall’annegamento in mare. Non ero in reale pericolo, ma si è buttata per salvarmi».

Per che cosa ha pianto?

«Ho pianto ai funerali di zio Bruno. Ha avuto un infarto, come è successo a me, ma lui era solo. Il giorno in cui se n’è andato, in casa mia è entrato un San Domenico di Niccolò dell’Arca, uno scultore rarissimo, il cui spirito ha preso il posto di mio zio in casa. E ho pianto alla mostra di Caravaggio a Rovereto, aperta fra mille polemiche, poi chiusa per Covid, vedendo arrivare comunque tante persone».

La sua collezione d’arte è celebre, di quale acquisto è più orgoglioso?

«Le opere sono il modo in cui traduco il denaro in spirito. So trovare dipinti antichi a cifre contenute. Comprai un Guercino in Texas con 280 mila dollari che Corrado Passera mi fece prestare dalla banca. È sempre così: se hai i soldi, non trovi i quadri e, se trovi i quadri non hai i soldi».

Un’opera che ha rimpianto di non aver comprato?

«Tante. Una Pietà di Bellini murata in una cappella privata è uno dei pensieri stabili di ciò che avrei voluto avere».

Un libro che ha scritto che è felice di lasciare ai posteri?

«Tutti quelli su autori su cui non si era mai pubblicato, come Niccolò dell’Arca, Antonio da Crevalcore. E tutta la storia dell’arte pubblicata da mia sorella Elisabetta».

Sua sorella sostiene che lei sia molto sensibile.

«Abbiamo perso tutti i parenti. Sono diventato il suo figlio unico. Ma un aneddoto sulla sensibilità ce l’ho… Settimana scorsa, scopro che Lino Capolicchio stava morendo; sapevo che aveva dato un libro a Elisabetta. Le ho detto di pubblicarlo subito, poi ho chiamato lui. Era in ospedale, l’ho sentito passare dalla morte all’entusiasmo. L’ho fatto per farlo andare via felice».

7 maggio 2022 (modifica il 7 maggio 2022 | 10:19)

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, 2022-05-07 11:53:00, Le risse, come quella al Maurizio Costanzo show con Mughini? «Dopo mi pento. Ma i giovani vogliono me». Il critico d’arte compie 70 anni, Candida Morvillo

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