Istituti vecchi, insegnanti in sciopero da settimane, portafogli d’istituto vuoti. Lo scenario del Regno Unito preoccupa testate nazionali, internazionali e Ministero della Pubblica Istruzione, che ha difficoltà a rapportarsi con quello delle Finanze per l’erogazione dei contributi dedicati alla scuola. I docenti in sciopero, con il fine di perseguire senza indugio una pay rise, protestano anche per lo stato sociale e materiale delle scuole del Regno: istituti vecchi e malandati, limitatissima se non assente digitalizzazione della didattica. Le scuole sembrano essere messe da parte nel processo di sviluppo sociale ed economico, ma sono le prime nei confronti delle quali si provvede ad un taglio drastico degli investimenti a portafogli privati, affidandosi alla carità di singoli investitori ed imprese, i quali pretendono in seguito di gestire la didattica ed i programmi allontanandosi talvolta dalle linee guida nazionali favorendo discipline di indirizzo specifico, rendendo il sistema affamato di fondi e facilmente ricattabile.
Le proteste dei sindacati di settore: edifici a rischio crollo, necessari interventi urgenti di risanamento
Sette sindacati hanno scritto all’Esecutivo chiedendo un’azione immediata per affrontare lo stato “scioccante” degli edifici scolastici in Inghilterra, alcuni dei quali sono in pericolo di crollo. Ne consegue un appello del Royal Institute of British Architects (RIBA) per una completa divulgazione su esattamente quali plessi scolastici sono più a rischio e per un intervento urgente per manutenere quegli edifici che hanno maggiori probabilità di fallire strutturalmente. La lettera suggerisce, tuttavia, che il Dipartimento per l’Istruzione (DfE) non sa esattamente quali scuole sono maggiormente a rischio, che le valutazioni attuali non sono “abbastanza approfondite” e che i problemi strutturali annessi potrebbero passare inosservati. La lettera ha come allegato una ricerca della biblioteca della Camera dei Comuni che afferma che tra il 2009-10 e il 2021-22, la spesa in conto capitale complessiva per il patrimonio scolastico è diminuita di circa il 37% in termini di fondi diretti e del 50% in termini reali. Di conseguenza, gli edifici obsoleti, alcuni contenenti amianto ed altri materiali pericolosi, sono diventati sempre più fatiscenti e ora sono a rischio di crollo. Il DfE ha riconosciuto la crisi nella sua relazione annuale, pubblicata a dicembre, in cui si afferma che “c’è il rischio di crollo di uno o più elementi materiali in alcune scuole che sono al termine o si avvicinano alla fine della loro aspettativa di vita prevista e l’integrità strutturale è compromessa”.
Quale la situazione in Italia?
Il Belpaese vanta circa 40.000 edifici scolastici: i due terzi, come risulta dai dati, sono stati realizzati prima del 1980. Ne consegue dunque che, in particolare per le scuole dell’infanzia e di quelle di secondo grado, gli edifici presentano un’età pari se non superiore a 40 anni. I problemi più persistenti riguardano le strutture portanti, i solai, il contenuto di materiali pericolosi e tossici (plastiche ed amianto), la dispersione energetica e le pertinenze esterne (giardini, campetti, laboratori) spesso abbandonate o poco manutenute. Quale la spesa per “risistemare” i plessi in oggetto? Per la completa ricostruzione degli edifici secondo le banche dati delle regioni sui costi standard, è di 2,64 milioni di euro per una struttura di media dimensione (2.474 metri quadrati), pari a 1.069 euro al metro quadrato. Ad esempio, il costo al metro quadrato per interventi di sostituzione edilizia (demolizione e ricostruzione) sale sensibilmente a 1.149 euro per un totale di 1,53 milioni nel caso di un edificio di 1.374 metri quadrati.
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