di Marco Imarisio
L’infanzia sotto le bombe, l’ossessione per il cibo: non aveva niente, si preso tutto (ma vorrebbe essere amato, forse)
L’ insegna luminosa della libreria russa di Parigi una dichiarazione di principio al neon. Giallo e azzurro, i colori della bandiera dell’Ucraina. Su un tavolo all’ingresso, sono disposti alcuni tascabili dalla copertina color granata, editi dalla Louison, la casa editrice fondata dalla proprietaria Natalia Turine, che le ha dato il nome con il quale i francesi chiamavano la ghigliottina. Mi piacciono i personaggi e le storie disturbanti, la sua filosofia ridotta in sintesi. All’improvviso, quella sensazione che si avverte quando si vede qualcosa che non dovrebbe esserci, che sembra stonare in quel contesto. Come se fosse fuori scala, come se urtasse l’occhio e gli altri sensi. La collana si chiama Dissidenti. Una collezione di brevi saggi biografici dedicati a scrittori, cineasti, musicisti e artisti radicali. Cos si legge sui risvolti di copertina.
Il suo biografo, intellettuale contestato
Spingendo o superando i limiti dell’accettabile, hanno aperto nuove strade. Nonostante vite a volte turbolente, questi anticonformisti sono esempi per il nostro tempo. Il primo volume dedicato al grande fotografo Helmut Newton. Il secondo a Bob Dylan e alla sua capacit di essere al tempo stesso cos distante eppure cos presente. Poi un tributo a Guy Debord, il filosofo del situazionismo. Luchino Visconti, sovrano e cacciatore. L’applauso finale di Rainer Werner Fassbinder, il pi maledetto dei registi cinematografici. L’ultimo libro della serie il dettaglio in apparenza fuori posto, il tassello di colore diverso che stupisce. Sulla copertina hanno messo quella foto che lo ritrae con lo sguardo perso e l’aria sfatta, scattata nel gennaio del 2022 in Australia, tra un arresto e l’altro, poco prima di finire ancora in cella. Djokovic, il rifiuto . L’autore Patrick Besson, uno dei pi prolifici scrittori francesi, intellettuale di sinistra, bastian contrario in servizio permanente. Al tempo delle guerre in Jugoslavia firm il libello Contro i calunniatori della Serbia , che comprensibilmente non fu ben accolto dalla critica.
L’oscura paura e il bando dalle nazioni sportive
Leggiamo, con qualche cautela. Ha detto no, come un bambino. In fondo da quando ha sei anni non trascorre la sua vita a giocare? Da quale oscura paura, da quale mania infernale venuto fuori quel rifiuto che lo ha messo al bando da tutte le nazioni sportive? Lui che fin dall’inizio della sua carriera cerca in tutti i modi di essere amato. Con i suoi vani baci alla folla, che lo amer sempre meno di quanto ha amato Federer, e lo detesta almeno quanto ha detestato Ivan Lendl. Novak Djokovic disturba. Su questo non ci sono dubbi. Nell’Olimpo dello sport non mai esistito un personaggio cos polarizzante. E se vogliamo, cos bipolare. Perch sono vere tutte e due le cose, il suo bisogno evidente di essere amato, e la sua costante pulsione a fare in modo che ci non avvenga, quasi fosse obbligato a seguire il richiamo di una identit che lo costringe all’isolamento, all’incomprensione. Un dissidente contro la propria volont, l’alfiere di una minoranza che cerca costantemente il plauso della maggioranza. una condizione paradossale che lo rende schiavo di se stesso, di una forza e di una debolezza derivanti entrambe dalle proprie radici.
Lo sfott al re dal numero 65
Il video in cui un bambino di sei anni dice con voce chioccia che diventer numero uno del mondo non un tenero ricordo riproposto dal web a ogni sua vittoria, ma un reperto storico, la prima prova del suo Dna. Roland Garros 2006, quarti di finale. Perfetto sconosciuto, o quasi. Rafael Nadal, gi re indiscusso della terra rossa, avanti 6-4 6-4 sul Centrale. L’avversario numero 65 del mondo, tutti sanno che promette molto, ma chiss. Gli inquadrano una scarpa, la regia parigina ama i dettagli. Con la biro blu ha scarabocchiato “Nole” sulla tomaia bianca, a dimostrare di non avere nulla in meno del campione gi affermato, come dimostra il nomignolo Rafa ricamato sulle Nike. Djokovic si ritira per il mal di schiena. Conferenza stampa. Peccato, avevo la sfida in mano. Nadal si batte senza problemi. Incredulo, lo spagnolo replica con una alzata di spalle. Non so che partita abbia visto ma se lo dice lui va bene cos.
Non potrete mai capire
L’anno seguente, a Wimbledon, nel tempio di un tennis estatico per aver trovato la rivalit necessaria ad accendere i motori del business, all’ingresso in una dimensione globale, Bird-Johnson, Senna-Prost, Messi-Ronaldo, e infine Federer-Nadal, il ragazzo serbo con i capelli a spazzola non si inchina come fanno gli altri, sconfitti in partenza. Certo che li batter. E lo dico. Dovrei masticare le solite ipocrisie e dire che sono irraggiungibili? Io li voglio prendere. Due mesi dopo, a Montreal, diventa il secondo tennista di sempre a sconfiggerli nello stesso torneo. Coraggio Roger, non puoi mica vincere sempre dice mentre alza la coppa davanti a un pubblico ostile per aver assistito alla caduta dei suoi due eroi. Il Genio svizzero gli rivolge uno sguardo severo. Per i quindici anni seguenti il suo ruolo e il modo in cui verr percepita la sua figura rimarranno quelli.
I GENITORI DORMIVANO IN AUTO QUANDO LO ACCOMPAGNAVANO AI TORNEI. RESTA IL DISSIDENTE CHE ASPIRA AL MAINSTREAM
Novak il dissidente, lo sfidante di una diarchia che incombe, ma al tempo stesso un ribelle che aspira al mainstream , il pi conformista dei controcorrente. Il mistero di Djokovic risiede proprio in questa convinzione nei propri mezzi, nella sovrannaturale fiducia in se stesso che talvolta sconfina nell’arroganza? Voi occidentali non potrete mai capire dicevano l’anno scorso i giornalisti serbi suoi amici durante una pausa sigaretta fuori dai sacri cancelli di Wimbledon. I pi vecchi di loro abbassavano gli occhi, facendo un teatrale riferimento alle sofferenze passate.
Aver provato la guerra e la paura
Ormai un luogo comune. Ogni volta che si assiste a una sua rimonta, come accadde nel 2021 a Parigi contro Lorenzo Musetti e Stefanos Tsitsipas, come l’anno scorso a Wimbledon ai danni di Jannik Sinner, ogni volta che il suo sguardo viene preso da una strana fissit che significa io adesso non sbaglio pi una palla, battimi se ci riesci, quello sguardo che tanto timore incute nei suoi colleghi, nelle chat dei commentatori-aficionados di tennis ricorre sempre la stessa frase, con variazioni minime. Non un giocatore, e il Dio della guerra. Oppure il figlio, oppure il signore. Ma sempre un prodotto bellico, che deriva dall’aver provato quella esperienza e quella paura sulla propria pelle. La differenza con Nadal, che pure dotato di un simile furore agonistico, forse solo meno razionale, proprio nell’esperienza di vita. Un boato assordante mi fece tremare il letto, un frastuono di vetri rotti veniva da ogni direzione, da ogni stanza della casa. Le sirene antiaeree urlavano nel cuore della notte, la casa era immersa nel buio. “Nole, Nole” grid mio padre, “prendi i tuoi fratelli, uscite da qui”. Mia madre era stata scaraventata contro il radiatore, aveva sbattuto la testa ed era svenuta. Pap stava accanto a lei, piangeva e ci urlava di scappare nel rifugio e di metterci in salvo. Belgrado, 24 marzo 1999, la prima notte di bombe.
Serbia in purezza, nient’altro
Quei ricordi fanno parte di quel che diventato sul campo. Gli insulti sui social e le frasi crudeli sul suo “clan di zingari” che ancora oggi si sentono in giro, non tengono mai conto di ci che stato. Quando difende un padre talvolta impresentabile con le sue sparate alcoliche, con i suoi insulti agli avversari, sta solo mostrando riconoscenza. Srdjan e Dijana Djokovic non sono nati ricchi. Gestivano una pizzeria per conto terzi in una localit di montagna. Hanno dormito in macchina quando seguivano il figlio nei tornei giovanili. Per lui hanno contratto debiti, sono finiti in mano agli usurai. Prendevamo denaro in prestito da alcuni e li rimborsavamo chiedendone ad altri. Non sono borghesi come i Federer, non hanno il curriculum sportivo e imprenditoriale dei Nadal. I Djokovic sono meno presentabili, forse. Ma la loro storia simile a quella di tanti peones della racchetta senza alcun quarto di nobilt. Goran Djokovic, lo zio di Nole che rappresenta la parte pi dialogante e raziocinante del clan, ripete spesso che il nipote Serbia in purezza, nient’altro che questo.
WIMBLEDON, 14 LUGLIO 2019: PUBBLICO SOTTO CHOC. LUI FA UN SORRISO DI SFIDA A QUEGLI SPALTI IN LUTTO PER FEDERER
Sentimenti ruspanti: Novak l’uomo del popolo
Esiste anche una spiegazione etnica, che i media di Belgrado sostengono con un certo orgoglio. Secondo loro, Novak l’uomo del popolo, perch come nessun altro possiede la caratteristica tipica della gente serba di animo e sentimenti ruspanti. Quella smisurata sicurezza in se stesso che emana da ogni suo gesto, difficile da capire per chi osserva con mentalit “borghese”, invece un segno distintivo immediatamente riconoscibile per chi viene dal basso della societ balcanica. una tracotanza che deriva dalla mancanza di tutto il resto. Quando hai poco o niente, ti resta solo la convinzione di essere comunque superiore e imbattibile, di avere sempre e comunque ragione, di essere l’unico e infallibile giudice di te stesso. Senz’altro un superpotere, che nasconde per un buco nero, nel quale Djokovic caduto spesso. La certezza intima di essere sempre nel giusto, di non sbagliare mai, conduce a una fatale sottovalutazione degli eventi, di quel che gravita intorno. E spesso si tramuta nell’illusione di convincere il mondo intero delle proprie ragioni. Anche quando si basano su un libertarismo alquanto peloso e su astrusit parascientifiche in odore di new age, come accadde con la battaglia antivaccinale del gennaio 2022. Talvolta, peggio ancora, Nole scivola nell’ossessione, tra infiniti tormenti interiori.
Quando decise di nutrirsi di semi
Fu proprio lo zio Goran a rivelare a qualche addetto ai lavori che dietro la crisi del biennio 2016-2017 si celava un tremendismo alimentare che di sottrazione in sottrazione lo aveva portato a rinunciare sia alla carne che al pesce, a nutrirsi di semi. Tocc a lui il tentativo di riportare il nipote sulla via di una alimentazione pi consona a uno sportivo di alto livello, che unita alla cura anche qui maniacale del proprio corpo, lo ha riportato a dominare il tennis contemporaneo come nessun altro ha mai fatto. Siamo arrivati quasi in fondo, scrivendo quasi solo di lui. Ma non possibile farlo oltre. Nel suo recente e bellissimo I tre , forse lo studio pi approfondito mai pubblicato sull’attuale et dell’oro tennistica, il nostro Sandro Modeo ha la felice intuizione di raccontare la sacra Trinit Federer-Nadal-Djokovic come una unica creatura, qualcosa di inscindibile nelle sue parti. E cos facendo arriva in modo limpido alla ragione decisiva che rende Djokovic una sorta di alieno, un caso unico nella storia dell’intero sport, che a qualunque aspirante GOAT, Greatest of All Time , a qualunque sua leggenda, ha sempre riservato amore e incenso, e non una avversione condivisa non solo dagli appassionati di tennis.
Il rifiuto della vaccinazione anti Covid
Certo, la causa della sua popolarit non stata aiutata da quanto abbiamo elencato finora, e il rifiuto della vaccinazione gli ha senz’altro alienato i favori della maggioranza che magari sa poco di tennis ma ha dovuto conoscere e fare fronte a una pandemia. Ma il peccato originale rimane quello di avere scompaginato i piani e le aspettative del mondo intero, che ormai si era adagiato sulla perfezione platonica e materiale della rivalit Roger-Rafa, entrambi amatissimi, entrambi complementari, perfetti anche negli stili differenti, che saziano sia gli esteti che i lottatori. Djokovic ha la colpa di avere rotto una simmetria, come scrive Modeo, mandando in frantumi l’armonia tra lo Ying e lo Yang del tennis della quale tutti ambivano a essere sudditi felici. Fino ad arrivare al regicidio del 14 luglio 2019. Alla finale di Wimbledon che mise fine alla vita sportiva di Roger Federer, il pi amato. Quinto set. Roger serve due aces consecutivi dal quindici pari. Il punteggio dice 8-7, 40-15. La folla del Centre Court in delirio. One more point . Ancora un punto, uno solo. E poi il destino si sarebbe compiuto, cos come lo immaginava il mondo intero, con il Genio che compie l’impresa pi bella, cos grande che avrebbe chiuso ogni discussione sulle gerarchie della storia del tennis. Sappiamo come andata, invece.
La sconfitta e le lacrime di Roger
Quando Roger ormai sconfitto si avvicina al giudice di sedia per salutarlo, nei suoi occhi si intravedono le lacrime, e si intuisce lo sforzo che sta facendo per reprimerle. Djokovic non tent neppure di accattivare un pubblico sotto choc. Fece un sorriso di sfida, mentre annuiva con la testa, guardando gli spalti in lutto. Solo per quella volta, nella consapevolezza di avere compiuto il crimine dei crimini, accett con dignit il proprio ruolo di “cattivo”. Il terzo uomo, quello che non aveva niente e si preso tutto. Tranne quell’amore che gli viene negato ancora oggi, mentre si prepara a diventare l’ultimo dei Tre. Forse il pi grande. Nella sua sofferta complessit, senz’altro il pi interessante.
17 febbraio 2023 (modifica il 17 febbraio 2023 | 06:48)
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