Il dibattito relativo alla questione del riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero si è ampliato mediaticamente dopo la decisione presa dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, il quale impone sostanzialmente una verifica della validità del percorso di specializzazione da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, per stabilire l’equipollenza tra il titolo estero e il titolo italiano. Il MIM è tenuto a verificare le competenze professionali acquisite nel paese estero, nonché l’idoneità all’accesso alla professione regolamentata nel paese di destinazione, in ottemperanza all’articolo 13, comma 1, del d. lgs. n. 206 del 2007, attuativo della Direttiva 2005/36/CE. Pertanto, “il certificato va considerato non automaticamente, ma secondo il sistema generale di riconoscimento e confrontando le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri con quelle richieste dalla normativa italiana e disponendo, se del caso, le misure compensative in applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.
In conclusione, per il Consiglio di Stato vale il seguente principio di diritto: “spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.
Ai fini del riconoscimento del titolo conseguito all’estero, il MIM dovrà procedere in questa maniera: passare al vaglio l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, posseduti da ciascun interessato, senza prescindere dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato di origine; effettuare “un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale”, allo scopo di verificare se gli interessati abbiano i requisiti per accedere alla professione regolamentata di insegnante, eventualmente imponendo misure compensative.
Proprio su quest’ultimo punto, il Comitato “Nessun precario resti escluso” concorda pienamente, ribadendo quanto già espresso in precedenza e cioè che i percorsi esteri riconosciuti equipollenti danno gli stessi diritti di quelli italiani, pertanto non si può chiedere, come stanno facendo altri attivisti, che i titoli esteri riconosciuti vengano messi in coda, nelle fasi concorsuali di reclutamento, rispetto a quelli italiani.
Per tali motivazioni, il Comitato auspica che il Ministero attui severamente tutti i controlli sui titoli conseguiti all’estero per analizzare le reali competenze acquisite, il reale svolgimento del tirocinio diretto e di tutte le altre acquisizioni di competenze richieste dalle normative italiane per il TFA sostegno. Ne vale il benessere dei ragazzi che richiedono insegnanti di sostegno competenti.
Il Comitato tiene a precisare, rispondendo a chi contrattacca dopo il servizio di Striscia la notizia andato in onda il 2 gennaio 2023 (https://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/abilitazione-allinsegnamento-se-non-passi-lesame-rivolgiti-alla-romania_330769), che il business creato da alcune agenzie italiane consente sostanzialmente, a coloro che non riescono a superare le selezioni in Italia, di acquistare il titolo all’estero, dato che, nel caso specifico documentato dagli inviati di Striscia la notizia, si possono superare agevolmente gli esami in lingua rumena con l’aiuto del traduttore, senza avere necessità di una minima conoscenza della lingua rumena. Infatti, sostenere che in Italia ci sarebbero alcune irregolarità nelle selezioni del TFA sostegno è un’argomentazione fuorviante perché, se in Italia è successo che siano state trovate delle irregolarità (ancora presunte o anche non sanzionabili come già sentenziato dal TAR del Lazio), pochi casi del genere si possono statisticamente verificare, come in tutti gli ambiti lavorativi e, anche se sono inconcepibili, rientrano nel tipico vizio del non rispetto della trasparenza. Ma questo non può togliere il fatto che i corsi TFA sostegno italiani siano professionali, con otto mesi di assidua formazione tramite laboratori con lavori di gruppo, esami in itinere, 175 ore di tirocinio formativo reale svolto e vidimato nelle scuole statali da tutor e dirigenti scolastici, con un esame finale molto impegnativo.
Inoltre, il TFA italiano, a differenza di altri percorsi di specializzazione europei, è ad accesso selettivo, non tutti riescono a superare le selezioni in Italia, motivo per cui alcuni di questi cercano di conseguire all’estero la specializzazione su sostegno. A tale proposito, il Comitato ribadisce l’importanza di quanto già proposto nei comunicati precedenti e cioè che sia incrementato il punteggio aggiuntivo per la selettività della procedura di accesso al corso di specializzazione, portando tale punteggio ad almeno 24 punti (cfr. punto A.2 della TAB A7 allegata all’OM n. 112/2022).
Il Comitato ribadisce ulteriormente le proposte precedenti per una conferma dell’inserimento nella GM regionale degli specializzandi del settimo ciclo e che tale procedura di reclutamento non sia limitata fino all’anno 2025 ma diventi a regime.
Infine, il Comitato ribadisce la netta contrarietà rispetto al contenuto del comma 9 articolo 4 del DM n. 259/2022, nel quale si stabilisce che il giudizio negativo relativo alla prova disciplinare comporta non solo la decadenza dalla procedura, con la mancata trasformazione a tempo indeterminato del contratto, comporta anche la definitiva esclusione dalla graduatoria e l’impossibilità di accedervi successivamente, anche in diversa regione; trattandosi di graduatorie che si rinnoveranno ogni due anni, stabilire l’esclusione definitiva ci risulta privo di logica, a meno di un intento eccessivamente punitivo nel non dare una seconda possibilità agli insegnanti, già specializzati, aspiranti al ruolo. Pertanto, il Comitato chiede che il MIM si adoperi per cancellare la seconda parte del comma 9 articolo 4 del DM n. 259/2022, relativo alla definitiva esclusione dalla graduatoria e l’impossibilità di accedervi successivamente, anche in diversa regione.
Comitato “Nessun precario resti escluso”