Gli anglosassoni lo chiamano Skifox
A PRIMA VISTA , ASSOMIGLIA a uno di quei misteriosi arredi ibridi che diventano di culto durante le design week (e che nessuno compra subito dopo). In realtà, è uno sgabello molleggiato montato sopra uno sci da carving che si manovra grazie a due maniglie agganciate sotto la seduta, e si usa per sfrecciare sulle piste in alternativa alla cara vecchia slitta.
Vantaggi: ondeggiando a destra e a sinistra in questa sorta di bachata d’alta quota, si tonificano gambe e fianchi, si rende più mobile ed elastico il bacino e si migliorano stabilità, colpo d’occhio e senso dell’equilibrio. Il tutto senza bisogno di corsi o maestri. Scusate se è poco.
Sapete chi ha inventato la poltrona da neve?
Quando ci è venuto in mente di scriverne, dopo un acceso brain storming redazionale si è deciso di ribattezzarlo “skisofà” perché il termine “skifox” (che sarebbe la vulgata inglese ufficiale), pronunciato all’italiana, suona poco accattivante. A dire il vero, il nome anglosassone allude proprio all’andatura della volpe che saetta sulla coltre bianca, anche se, a voler spezzare il capello in quattro, la “sedia scivolante” ha origini altoatesine.
La leggenda vuole, infatti, che sia stato un ingegnoso montanaro di Valdaora, in Val Pusteria, ad aver assemblato il primo skisofà nel secondo dopoguerra (seppure i puristi obiettino che il brevetto di un attrezzo identico risulterebbe depositato a Washington nel 1914), che in Trentino è tuttora conosciuto come rennböckl o böckl.
L’intento era quello di creare un mezzo di trasporto meno costoso dello slittino e più comodo da guidare soprattutto nei sentieri stretti: una poltrona-slitta che potesse essere utilizzata anche dai bambini per scendere a scuola dalle baite. Ma è andata oltre le aspettative: nel 2005, proprio a Valdaora, è stata protagonista del primo campionato del mondo della specialità. Sul böckl gli atleti professionisti raggiungono velocità di oltre 100 chilometri orari e nelle derapate si inclinano così tanto che fra la mano e il manto nevoso rimane un niente. Quando rimane.
Come ci si veste per andare sullo skisofà?
Visto che non c’è il manubrio, per controllarlo e dirigerlo è sufficiente spostare le gambe e il peso del corpo con l’aiuto delle maniglie, mentre per frenare si ricorre ai due scietti corti che si indossano con gli scarponi (ma non tutti li utilizzano).
L’equipaggiamento base è composto da tuta, occhiali protettivi antiurto e antiriflesso, guanti (necessari per migliorare la presa e prevenire gli sfregamenti con il ghiaccio e l’assideramento delle mani) e casco, ovviamente: indispensabile, così come lo sarebbe sul monopattino a secco.
Dove si può provare il rennböckl?
COMPLICE LA VOGLIA DI LIBERTÀ, oggigiorno lo skisofà è protagonista di un inaspettato revival, e per vari motivi. Intanto non è motorizzato, e quindi è eco e silenzioso. È leggero e facile da riportare in cima alla discesa una volta che si è arrivati in fondo. Non si compra ma si noleggia negli snow park, dove si utilizza su appositi tracciati.
Last but not least, è un’attività che in linea teorica è adatta a tutte le età, anche se «un minimo di confidenza con lo sci sarebbe consigliata», avverte Norma Tipaldi, fisioterapista e osteopata specializzata in sport invernali (nel 2002, alle Olimpiadi di Salt Lake City, ha seguito la Nazionale italiana di sci di fondo, nel 2006, nei Giochi di Torino, la Federazione spagnola di sci alpino, nel 2014 a Sochi la squadra svizzera di sci nordico, capitanata dalla campionessa Lara Gut).
Qualche consiglio per le “matricole”
Non dimentichiamo, poi, che per effetto del lockdown «si arriverà sulle piste con lunghi mesi di sedentarietà nelle gambe e magari con qualche chilo in più che pesa sulla parte bassa del corpo a scapito dell’agilità», prosegue la specialista. «Non ultimo, il rennböckl costringe a movimenti non proprio abituali, ed è per questo che, prima di lanciarsi sulle piste, è opportuno fare qualche batteria di addominali e un po’ di camminate veloci in salita, che migliorano la resistenza e la reattività.
Infine, consiglio a tutti di cominciare su pendii dolci: le discese impegnative aumentano la velocità e il rischio di traumi alle ginocchia e alle gambe (che si usano per frenare), e stressano la spina dorsale, perché a ogni salto con caduta sulla neve ne risentono i dischi di schiena e collo».
Se però fuori città c’è qualche valloncello già innevato, uno skisofà artigianale per mettersi alla prova al riparo da occhi indiscreti si potrebbe costruire anche da soli: bastano un vecchio sci, uno sgabello, quattro bulloni, un poco di manualità e una buona dose d’autoironia. Per avere il coraggio di salirci sopra.
Testo di Fiammetta Bonazzi
Amica ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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Gli anglosassoni lo chiamano Skifox
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