di Paolo Salom
Migliaia di persone hanno invaso la residenza del capo dello Stato per protestare contro il carovita e l’inflazione. La crisi economica ha causato carenza di cibo, medicine e carburante. Il presidente ha annunciato le dimissioni
Una marea umana. Vista dall’alto, l’ultima rivolta a Colombo, la capitale di uno Sri Lanka in crisi da settimane, sembrava tratta da uno di quei film come «L’uomo che volle farsi re», dove nessun fucile è in grado di fermare la folla inferocita. E infatti, i soldati di guardia alle porte del palazzo presidenziale non hanno potuto fare nulla: a che sarebbe servito sparare sui cittadini che spingevano come uno tsunami sui cancelli? Ore prima, i poliziotti in assetto antisommossa avevano cercato di disperdere i manifestanti che convergevano sul centro del potere singalese: pallottole di gomma e gas lacrimogeni non avevano fermato operai e impiegati, monaci buddhisti e fedeli musulmani, per una volta uniti contro il simbolo della disfatta di una nazione: il presidente Gotabaya Rajapaksa, nascosto in una località segreta da dove in serata ha fatto sapere di aver accettato di farsi da parte: firmerà le dimissioni mercoledì 13 luglio.
Così è finito un ciclo che ha portato il Paese alla bancarotta. Certo, a vedere le scene diffuse poi — i manifestanti all’interno del magnifico palazzo, immersi nella piscina, a spasso per i giardini tra palme e fiori tropicali — sembrava più una rivoluzione allegra, un cambio della guardia pacifico. Ma non è così. I cittadini del Paese che un tempo si chiamava Ceylon e forniva il tè alla regina Vittoria sono alla disperazione. Una crisi finanziaria senza precedenti ha esaurito le riserve in valuta. Di qui l’impossibilità di rimborsare le rate del debito estero (7 miliardi di dollari, di cui 5 dovuti alla Cina) e la dichiarazione di default agli inizi di giugno.
Ma da settimane la popolazione era costretta a fare i conti con un’inflazione a due cifre che in pochi mesi ha portato allo stremo la maggior parte delle famiglie, ridotte alla sussistenza mentre gli scaffali dei negozi si svuotavano e il mercato nero fioriva. Già a fine maggio la situazione era talmente compromessa che rivolte e violenza avevano portato il presidente a licenziare il fratello primo ministro, Mahinda Rajapaksa, nel tentativo di calmare le acque. Manovra fallita, anche perché al suo posto ha nominato Ranil Wickremesinghe, un uomo considerato dall’opinione pubblica poco più che un maggiordomo di famiglia. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’esaurimento del carburante, tolto dai distributori per destinare le riserve ai mezzi di esercito e polizia. Nemmeno una telefonata a Putin da parte di Gotabaya ha potuto cambiare il corso degli eventi: nonostante le promesse, nessun barile di petrolio ha raggiunto i porti singalesi, anche perché non ci sono soldi per pagarlo.
Affamati, accaldati (nella torrida estate tropicale i continui black-out fermano aria condizionata e ventilatori), disoccupati, i cittadini di un Paese dalle tante etnie e religioni (ma a maggioranza buddhista) si sono uniti contro l’uomo considerato responsabile del disastro. E ha deciso di entrare nel suo palazzo.
9 luglio 2022 (modifica il 9 luglio 2022 | 19:31)
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, 2022-07-09 19:45:00, Migliaia di persone hanno invaso la residenza del capo dello Stato per protestare contro il carovita e l’inflazione. La crisi economica ha causato carenza di cibo, medicine e carburante. Il presidente ha annunciato le dimissioni, Paolo Salom