di Fabrizio Caccia e Angela Geraci
La giornalista e scrittrice siciliana viveva da tempo a Podgorica. Aveva 53 anni. La scoperta il 24 maggio. La Farnesina in contatto con gli inquirenti per ricostruire le cause. Una parente: «Con la sua famiglia aveva rotto, qui a Marina di Ragusa il padre Salvatore è distrutto»
«Spero che adesso finalmente avrà trovato la pace che cercava», piange al telefono da Marina di Ragusa Giusy Carnemolla, alla notizia della morte di quella che era molto più che una parente per lei, «era un’amica, sensibile e raffinata, che amava fino all’estremo la Sicilia, ma che con la Sicilia si era scontrata molte volte». Sta parlando di Stefania Elena Carnemolla , 53 anni, scrittrice e giornalista, trovata morta una settimana fa, il 24 maggio, nella sua casa di Podgorica, in Montenegro, dove si era trasferita da tempo. Sulle cause si sta ancora indagando, la Farnesina è in contatto con le autorità locali: omicidio, suicidio, morte naturale?
«Non accettavano la sua omosessualità»
A Marina di Ragusa la notizia arriva in serata con i carabinieri che bussano alla porta di salvatore, commerciante in pensione: «Ora è distrutto povero Salvatore, a dolore si aggiunge altro dolore – racconta la cugina Giusy – Stefania se ne andò più di 20 anni fa, dopo la morte della mamma Lina e la rottura completa dei rapporti con la sua famiglia che non ne accettava l’omosessualità. Cominciò così i suoi vagabondaggi. Ma quella era un’altra Sicilia, per fortuna. Di strada ne abbiamo fatta. Tra pochi giorni qui a Ragusa ci sarà il Gay Pride. Ma per Stefania ormai la Sicilia non esisteva più».
La scoperta del poema millenario in un armadio
Amava così tanto la Sicilia, Stefania Elena Carnemolla, che quasi 30 anni fa fece una scoperta sensazionale. Il suo autore preferito era Ibn Hamdis, poeta arabo nato a Siracusa nel 1056 e vissuto a Noto, sintesi esemplare dell’incontro tra Oriente e Occidente, fusione naturale di due culture. Così scriveva lui della sua terra: «Un paese cui la colomba prestò il suo collare, e che il pavone vestì del manto screziato delle sue piume». Nel 1993, allora, lei che era una semplice studentessa di linguistica e filologia dell’università di Pisa, si mise eroicamente in cerca del manoscritto mai pubblicato del «Divano» di Hamdis, l’unica traduzione completa in italiano del Diwan perduto del grande poeta: una raccolta di 6.089 preziosissimi versi. Un’opera importantissima scritta dall’orientalista Celestino Schiaparelli circa cento anni prima, agli albori del ‘900. Giorni e giorni di ricerche in biblioteche e archivi finchè Stefania notò «un plico enorme avvolto in un foglio di carta spessa abbandonato sull’ultimo ripiano in fondo a un vecchio armadio dimenticato, lungo un corridoio dell’università la Sapienza di Roma». Quel malloppo pesante era il manoscritto che cercava.
Il libro su sua nonna che peggiorò le cose
Fu il primo di tanti successi personali e professionali. Laureata in Lingue e Letterature straniere a Pisa, borsista in Portogallo, in Svizzera, sempre in viaggio per scrivere articoli, libri, reportage. Un saggio su Conrad e il naufragi del Titanic. Nel 2010 il premio giornalistico Raccontare la Biodiversità. Nel 2014 con la tv bielorussa Ont un film-documentario. E infine il libro collettivo del 2020 (edizioni All Around) Ai tempi del virus: 100 firme tra sentimenti e realtà per raccontare i mesi della pandemia e le sofferenze del lockdown. Scriveva su Tiscali, era molto presente sui social. Curiosa, vivace, da ogni cosa trovava lo spunto per una storia. Scrisse anche un libro sulla storia della sua famiglia e della nonna materna e questo peggiorò di molto le cose: «Perchè in Sicilia – conclude la cugina Giusy – certe verità non devono diventare di dominio pubblico anche se parlano di donne e di scelte coraggiose. Com’era lei».
31 maggio 2022 (modifica il 31 maggio 2022 | 21:19)
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, 2022-05-31 19:35:00, La giornalista e scrittrice siciliana viveva da tempo a Podgorica. Aveva 53 anni. La scoperta il 24 maggio. La Farnesina in contatto con gli inquirenti per ricostruire le cause. Una parente: «Con la sua famiglia aveva rotto, qui a Marina di Ragusa il padre Salvatore è distrutto», Fabrizio Caccia e Angela Geraci