di Luca Mastrantonio
L’allenatore si racconta a 7: I miei calciatori sono come figli. Da giovane sono stato “adottato” da Gaetano Scirea, dopo gli allenamenti andavamo insieme al ristorante e poi a casa sua
La domanda che mi porto dietro nell’incontro con Stefano Pioli a Milanello questa: in un mondo dove la gentilezza presa per debolezza, come ha fatto un allenatore come lui a riportare il Milan alla vittoria, dopo 11 anni, con una squadra come la sua? Al netto dei senatori come Ibra, Kjaer e Giroud, il suo Milan una squadra di giovani, grandi promesse. Com’ riuscito, allora, un allenatore campione di gentilezza a farli diventare cos forti? La risposta che si tratta di una falsa equazione: gentilezza non vuol dire per forza debolezza. Facile dirlo, difficile dimostrarlo. Pioli c’ riuscito, ma abile a mimetizzare i suoi meriti nella crescita naturale dei ragazzi. Sono come figli dice senza retorica, perch il calcio in famiglia una religione, assieme ai cappelletti in brodo e alla bici da postino: era il lavoro del padre, ora dei fratelli del mister. Il figlio Gianmarco nel suo staff, fa il match analyst, e la madre una motivatrice severa: Da allenatore non hai ancora vinto niente, gli diceva.
Riavvolgiamo il nastro: Milanello, arriva il 9 ottobre 2019. Impressioni?
Dopo i saluti all’ingresso sono andato sul campo e ho trovato, a destra, tra gli alberi, la statua di Rocco. Mi ha fatto specie: “Porca miseria dove sono arrivato”. Mi sono subito sentito a mio agio. Non so se ben accolto, ma stavo bene.
C’era la sosta dal campionato, pochi i giocatori. Chi ha incontrato?
Calabria e Romagnoli, ma non sono sicuro. Ricordo il primo discorso. Ho detto che se tutti noi siamo qui perch abbiamo qualit, tutto dipende da come vogliamo lavorare. Se ci mettiamo passione, professionalit e sacrificio le cose andranno per forza bene.
Il Milan per non era pi il Milan da anni. In una delle prime conferenze stampa lei disse che qui vincere o perdere sembravano la stessa cosa.
Pareggiamo la prima partita in casa con il Lecce, all’ultimo minuto, la seconda la perdiamo con la Roma. L ho scoperto che nelle difficolt la squadra faticava a reagire: c’era da rimotivarla.
A 18 ANNI DAL PARMA IN C ALLA JUVENTUS DI PLATINI: E’ STATO IMPORTANTE VIVERE CON CAMPIONI IN CAMPO E FUORI, INTELLIGENTI, SERI, RISPETTOSI CON TUTTI. ANCHE CON ME CHE FINIVO PER LO PI IN PANCHINA
Prima panchina nel 2003 a Salerno. In cosa cambiato di pi da allora?
Le mie priorit sono sempre le stesse: motivare i giocatori, metterli bene in campo e dargli idee. Prima ero pi schematico, mi affidavo alla tattica, ora so che non vinci per il sistema di gioco, 443 o 4231, ma per l’insieme di talento, passione, sudore, sacrificio, voglia di lottare per obiettivi chiari. Carattere, insomma. E intelligenza. Ora sono pi strategico, e con lo staff ampio posso concentrarmi sui singoli giocatori. Con Maldini e Massara non si parla di giocatori bassi o alti, destri o mancini, ma intelligenti. La tecnica un dato acquisito, la forza ed esplosivit di gambe serve, ma il futuro del calcio dei giocatori che sanno riconoscere in anticipo e velocemente come sviluppare la situazione, leggere gli spazi da occupare.
Lei stato un difensore versatile, in chi si rivede tra i suoi giocatori?
Non avevo la velocit di Tomori o Kalulu, non ero da Milan: io ero un giocatore da squadra medio alta, da Fiorentina, dove poi ho giocato. Se sono riuscito ad arrivare a certi livelli perch sapevo mettere a posto i compagni come posizione, sapevo parlare, calcisticamente parlando. Mi rivedo in Kjaer, comunica tanto e bene. Avere un difensore come Simon e un portiere come Maignan vuol dire dare una certa organizzazione.
Gli infortuni non l’hanno aiutata, ma le doti erano precoci. A 18 anni lei passa dal Parma in C alla Juventus di Platini. Quanto stata importante quell’esperienza per capire come allenare giovani di talento?
Io sono stato adottato dai miei compagni, soprattutto da Gaetano Scirea, andavamo al ristorante assieme, a casa sua dopo l’allenamento. Ho vissuto con campioni in campo e fuori, intelligenti, seri, rispettosi con tutti. Anche con me che finivo per lo pi in panchina.
LE FORMAZIONI? NON HO MAI COMINCIATO O FINITO IL CAMPIONATO CON LA FORMAZIONE D’ESTATE… NON SI PU DIRE SEMPRE TUTTO, MA DA UNA FESSURA PU NASCERE UNA CREPA, MEGLIO CHIARIRSI PRIMA. E CONOSCERSI
Lei stato allenato da Trapattoni, Ranieri, Bagnoli: a chi s’ispira di pi?
A tutti, ma chi ho copiato di pi Bagnoli, al Verona. Parlava poco, ma una volta al mese ci riuniva negli spogliatoi e dava un giudizio a ognuno. “Stefano continua cos” mi diceva. Ad altri “Tu se continui cos stai fuori”, “Te giochi troppo all’ombra”, “Tu potevi fare atletica”… Cose sottili e sferzanti. Il primo giorno di ritiro a Cavalese, eravamo 16 o 17 giocatori, diede la formazione: “Fioi”, disse in milanese riferendosi ai suoi 11 con la mano, “questi qua sono qua, e voi”, quelli che non aveva nominato, pi in basso, “siete qua. Se fate cos”, alzava la mano, “giocate voi. Ma se gli altri fan cos”, e saliva ancora, “giocheranno sempre loro”. Oggi non si pu essere cos netti: io nella casa al mare mi faccio un’idea dei miei, tra virgolette, 11 titolari, ma non ho mai cominciato o finito il campionato con la formazione d’estate. Insomma: non si pu dire sempre tutto, ma da una fessura pu nascere una crepa, meglio chiarirsi prima. E conoscersi. Per valutare un giocatore devo sapere che cosa gli sta succedendo. Io tutti i giorni parlo con tutti i giocatori.
Anche durante i Mondiali in Qatar?
S. Prima mandavo l’in-bocca-al -lupo, poi li chiamavo dopo la partita. Rafa mi diceva “Mister tutto bene, ho giocato 20 minuti, 30, ho giocato 40, sono contento, sono arrabbiato”.
Leao. Quale fu la prima impressione?
Appena arrivato, con i miei collaboratori ci siamo detti: “Oh, ma qui abbiamo un giocatore che gioca ridendo?”. Poi abbiamo capito che una smorfia naturale, il suo modo di fare.
Una qualit particolare dei suoi giocatori?
Sono belli, anche nelle stranezze. Sembra non siano concentrati, forse serenit, consapevolezza… la loro forza: spengono la musica due minuti prima di entrare in campo belli concentrati. Ai miei tempi, quando per telefonare facevi la fila col pacco di gettoni, non era permessa la musica negli spogliatoi. Oggi invece mi preoccupo se c’ silenzio. Ci carichiamo con la musica in pullman e prima di entrare in campo Theo mette Selfish di Eminem… e se vinciamo, al ritorno in pullman, tutti a cantare, canto anche io….
In cosa sono cresciuti maggiormente i suoi giocatori?
Per molti, che ho iniziato ad allenare che avevano 19 o 20 anni, crescere stato naturale. Io ho fatto il mio, ma il merito diffuso: dirigenza, staff e ambiente. L’ambiente che c’ qui e che abbiamo creato. Io non vedo l’ora di svegliarmi la mattina per venire a Milanello, si sta bene, sono felice. Credo sia cos anche per loro. Ad esempio: noi abbiamo la colazione obbligatoria e il pranzo, che per senza orario. Ognuno ha esigenze diverse: ghiaccio, massaggi o altro, inizia quando pu. Ma poi restano tutti fino a tardi, e per non andare lunghi in cucina abbiamo messo un limite orario. Cosa vuol dire? Che stanno bene e sono felici di stare assieme. Io ho vissuto in squadre dove i giocatori non vedevano l’ora di andare via, stavano l giusto il tempo limitato per fare allenamento.
A MIA MOGLIE SCRISSI UNA LETTERA D’AMORE IN CUI LE DICEVO: “QUESTO QUELLO CHE SAR PER TUTTA LA VITA”. SIAMO ANCORA QUI, INSIEME… PER ME DIFFICILE STACCARE CON LA TESTA DAL LAVORO, MA CON LEI CI RIESCO
Qual il suo piatto preferito?
Cappelletti in brodo, di famiglia. Mamma sotto le feste ne fa a centinaia.
Come ha commentato sua madre la prima vittoria “da allenatore”?
A lei ho fatto la prima telefonata: “Mamma hai visto? Ce l’abbiamo fatta”.
E cosa le ha risposto?
Non ricordo. Se deve criticare non si tiene dentro niente, se deve gioire si tiene tutto dentro. E mi dispiace, si gode poco i risultati. Un po’ sono cos anch’io. Non che sono vincente ora perch ho vinto, per me ero vincente anche con una promozione o 50 punti con il Bologna. Gli obiettivi raggiunti sono una vittoria. Ma quando le cose mi vanno bene ho la volont di prepararmi meglio perch continuino, e cos non mi godo il successo. E quando vanno male, penso agli esoneri, mi guardo dentro per capire cos’ che devo migliorare.
Su cosa insiste di pi sua madre?
Mia madre un tipo molto sanguigno, e ha sempre fatto lo stesso errore che c’era, c’ nell’ambiente calcio, dove chi educato e rispettoso passa per quello meno caratteriale, meno forte. Mia mamma mi ha sempre detto “Di, tira fuori tutto quello che hai”, “Fatti rispettare!”, “Alza la voce!”, “Quello ha sbagliato troppi gol, lascialo fuori”.
In effetti ho notato che lei alza il volume della voce, non il tono, se c’ un concetto cui tiene. Ho letto che per essere chiaro con i giocatori appende anche cartelli negli spogliatoi. Qual stato il cartello chiave di questo 2022?
“Succede solo a chi ci crede”. A inizio stagione ho detto che il primo anno eravamo arrivati sesti, poi secondi… ci va bene arrivare ancora secondi? E tutti: “No!”. Allora ho chiesto cosa servisse per vincere. Son partito da Zlatan, Giroud, Maignan e Theo che avevano vinto gi campionati o coppe.
Che risposta le ha dato Ibrahimovic?
Zlatan? “Rabbia”, serve “rabbia”.
Giroud?
”Talento”. Poi “fame”, come tutti. Ci ha permesso di vincere il derby, che se perdevamo addio campionato, e poi la Lazio, battuta all’ultimo minuto, conservando il vantaggio sull’Inter sconfitta dal Bologna. Da l sapevamo che se non vincevamo perdevamo lo scudetto.
Non ci credo che lei non riuscito a godersi questo scudetto, un’impresa. Quando ha assaporato la vittoria?
stato bello con mio figlio in pullman, al ritorno da Sassuolo, Zlatan ha preso il microfono e faceva un commento su ognuno. Poi sul pullman scoperto a Milano… ma ora che ci penso direi sulla terrazza a Milano, di notte, c’erano ancora i milanisti che festeggiavano e io e mio figlio ci siamo fumati un sigaro cubano. Lo dico sempre a Barbara, mia moglie, un giorno andiamo a Cuba….
Vi siete conosciuti al liceo e state ancora assieme. Qual il segreto?
Barbara molto intelligente, ci capiamo con uno sguardo. “Usciamo?” “Usciamo”. “Stiamo a casa?” “Stiamo a casa”. E ha gi preparato la cena. Non facile essere la moglie di Stefano Pioli, per me difficile staccare con la testa dal lavoro, ma con lei ci riesco.
La sua una famiglia di postini. Ha mai scritto lettere a sua moglie?
S, lettere d’amore. Ce ne stata una, in un momento di difficolt, in cui le davo spiegazioni, ed stata di aiuto.
Se fosse un cartello che mette negli spogliatoi, cosa direbbe la lettera?
”Questo quello che sar per tutta la vita”. Credo abbia ancora la lettera.
Il 4 gennaio 2023 c’ Salernitana-Milan. Quale sar il cartello?
“Siamo il Milan”, c’ dentro tutto.
Per Milan-Tottenham, il 14 febbraio?
“Senza paura”.
30 dicembre 2022 (modifica il 30 dicembre 2022 | 11:55)
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