Stipendi più alti ai docenti del Nord, sì o no? Intanto la Provincia autonoma di Bolzano fa un passo avanti e ricevono stipendi più alti rispetto ai loro colleghi in altre regioni italiane, grazie ad una contrattazione collettiva provinciale che prevede anche maggiori prestazioni.
La Provincia integra i loro stipendi per 2 ore settimanali di insegnamento e 220 ore funzionali in più con un’indennità provinciale. Le indennità variano da 380 euro al mese lordi per un insegnante di scuola elementare a 970 euro lordi per gli insegnanti delle scuole medie di primo grado, mentre gli insegnanti bilingue che hanno il “patentino” possono guadagnare fino a 2.800 euro in più.
Attualmente è in corso anche un concorso straordinario per reclutare precari, con 71 posti vacanti per 25 classi di concorso, rivolto ai docenti che hanno prestato servizio in Alto Adige per almeno tre anni.
“Le ore funzionali – ha spiegato al Sole24ore il direttore della ripartizione Intendenza scolastica per la scuola italiana Tonino Tuttolomondo – sono ore in più che comprendono la formazione, attività parascolastiche, la partecipazione agli organi collegiali e via dicendo. Sono prestazioni lavorative superiori a quanto previsto dal contratto collettivo di lavoro degli insegnanti. In Provincia abbiamo una contrattazione provinciale aggiuntiva che regola queste particolarità. Per un insegnante che voglia insegnare in Alto Adige, c’è la possibilità di iscrizione nelle graduatorie a tempo determinato, per poi fare un concorso per diventare di ruolo. Se un insegnante vuole venire qui da un’altra regione, può farlo a patto che vi siano posti vacanti e quelli ci sono per diverse classi di concorso”
Insomma, un “lavori di più ti paghiamo di più” in virtù autonomia regionale che consente, grazie al Dpr 89 del 1983, di adottare “modifiche dei programmi e degli orari di insegnamento e di esame, ivi compresa l’introduzione di nuovi insegnamenti, per le scuole di ciascun gruppo linguistico“.
Intanto nel resto d’Italia si ragiona, su cosa? Da un lato alcune regioni, Veneto in testa, puntano a far rientrare anche la scuola nella riforma delle autonomie, dall’altro si dibatte sull’opportunità di differenziare gli stipendi in base al carovita di alcune Regioni. Proposta che ha collezionato un buon numero di bocciature.
Il modello Bozen rappresenta sicuramente una modalità succulenta per quelle regioni che dispongono di possibilità finanziarie tali da poter garantire ai docenti uno stipendio aumentato e che risolverebbe, almeno nelle loro intenzioni, quella carenza di docenti cronica che li caratterizza facilitando il trasferimento di forza lavoro dalle regioni del Sud verso il Nord.