di Massimo Gaggi
La famiglia di Claudio Mandia, il ragazzo italiano che si è suicidato a New York: dopo aver copiato un compito di matematica fu isolato per 4 giorni nella EF Academy. I suoi compagni notarono delle ferite intorno al collo ma la scuola ignorò anche questi segnali
NEW YORK —La morte di Claudio Mandia, lo studente suicidatosi il 17 febbraio scorso in una stanza della EF Academy di New York nella quale era stato tenuto in isolamento per tre giorni, punito per aver copiato un compito di matematica, è una delle vicende più dolorose che abbiamo raccontato quest’anno. I genitori, Elisabetta e Mauro, arrivati dall’Italia per riprendersi il figlio, vennero informati in aeroporto, subito dopo l’atterraggio, del tragico evento.
Il comportamento dell’istituto privato, come raccontato a suo tempo dal Corriere, apparve subito molto discutibile: estremo, spietato, senza nessuna cura per l’allarme suicidi degli adolescenti che in America suona da tempo con forza nelle scuole. Un ragazzo di 17 anni rientrato nella boarding school (ultimo anno del liceo) in ritardo per il Covid che aveva colpito in Italia il resto della sua famiglia e per un lutto, indietro col programma, si era fatto aiutare da un compagno per un compito di matematica. Per questo ne era stato deciso l’isolamento fino al momento dell’espulsione.
I genitori di Mauro, imprenditori salernitani, inizialmente travolti dalla disperazione, hanno cominciato a indagare su quanto accaduto affidandosi ad avvocati e strutture private e ieri hanno presentato, attraverso l’avvocato George Bochetto, una denuncia civile alla Corte Suprema dello Stato di New York accusando la scuola di comportamento inumano e gravissime negligenze: pur sapendo che il ragazzo era disperato e minacciava di suicidarsi, l’hanno tenuto in isolamento assoluto per quattro giorni lasciandogli i pasti fuori dalla porta e non prendendo alcuna precauzione nonostante l’istituto avesse sperimentato in precedenza tentativi di suicidio. E nonostante il suddetto allarme suicidi per il quale anche personale dell’Academy aveva ricevuto un’istruzione specifica per la prevenzione.
La denuncia chiama in causa il direttore dell’Istituto, Vladimir Kuskovski, il dean Wayne Walton, la psicologa Chelsea Lovece, che aveva più volte incontrato Mauro per le sue difficoltà ambientali e mentali (numerose richieste di mental health treatment delle quale i genitori non furono mai informati) e altri dipendenti della EF Academy. I nove capi d’imputazione per i quali viene chiesta la condanna della EF Academy vanno da wrongful death, cioè morte procurata dai comportamenti dell’Istituto, alla detenzione abusiva alla negligenza nella gestione di vari aspetti della vita accademica e, soprattutto, dei trattamenti disciplinari, fino alle sofferenze psicologiche consapevolmente inflitte, ai maltrattamenti e all’abuso di minori.
Nel documento tutto il film della tragica vicenda, dal tentativo di suicidio un anno prima di un altro studente italiano che si tagliò i polsi, scoperto e salvato proprio da Mauro Mandia e da un membro dello staff della Academy, alle drammatiche ultime ore di vita nelle quali il ragazzo chiedeva aiuto via email, era addirittura malnutrito perché alcuni pasti non gli erano stati serviti, fino alla breve visita di alcuni compagni, autorizzati a vederlo per un ultimo saluto prima della sua partenza, prevista per il giorno dopo. I ragazzi si accorsero che Mauro aveva segni di ferite e di legamenti attorno al collo, ma lui disse che era caduto nella doccia. Nemmeno questi segnali misero in allarme la scuola. Che scoprì il suicidio solo quando la sorella di Mauro, anche lei allieva della EF Academy, si insospettì per la mancata risposta ai suoi messaggi.
30 ottobre 2022 (modifica il 30 ottobre 2022 | 11:46)
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, 2022-10-30 10:46:00, La ricostruzione e le accuse della famiglia ,