In Italia c’è una città, Prato, che da anni detiene non solo il record di bambini cinesi, ma anche quello di integrazione lavorativa e formativa: in Italia oltre 53 mila iscritti su 842.000 alunni complessivi con cittadinanza non italiana sono infatti cinesi. E di questi più di 6mila sono concentrati nel capoluogo toscano.
Prato è anche la provincia italiana con il maggior numero di studenti con cittadinanza straniera, il 28% circa (in Toscana la media è 14,5%), ovvero 10.823. Di questi il 56,4% è cinese.
Ebbene, la loro condizione di integrazione non può prescindere dalla scuola. Il 3 marzo, una delegazione europea è venuta a curiosare proprio a Prato, così da approfondire le politiche di inclusione e inserimento lavorativo in città, dove i cittadini stranieri residenti sono 44.507, a fronte di una popolazione totale di 194.312 persone, pari al 22,9%, che rendono il territorio pratese la provincia italiana con la maggior incidenza di stranieri.
Ai delegati sono state illustrate le attività del Servizio sociale e immigrazione e lo status quo dell’immigrazione a Prato.
Degli stranieri che vivono a Prato, ben 27.829 sono di nazionalità cinese, cioè il 62% del totale.
Ampia attenzione è stata dedicata ai progetti in corso per la mediazione culturale e per l’inclusione, soprattutto sui banchi di scuola per i bambini e i ragazzi che arrivano in corso d’anno e che devono imparare l’italiano come prima ed indispensabile forma di integrazione.
Per loro sono stati pensati percorsi di sostegno e campi estivi dedicati. Ma è stata anche illustrata la rete locale del Sistema antitratta Satis, con le attività svolte a Prato dagli operatori delle cooperative sociali Cat e Sarah con le unità di strada, lo sportello di ascolto, la consulenza, il programma di protezione sociale e il reinserimento sociolavorativo.
Va ricordato che dal 2007/2008 al 2017/2018 la presenza degli studenti cinesi è più che raddoppiata, passando da 27 mila a 53 mila unità: oltre il 60%, quindi due su tre, frequentano la scuola italiana dell’infanzia o primaria.
Tuttavia, va anche detto che a Prato, moltissimi alunni della numerosa comunità cinese, dopo il secondo lockdown, hanno smesso di frequentare le scuole superiori, preoccupati dal timore del contagio da Covid, in aula o sui mezzi di trasporto.
Molti cinesi di Prato sarebbero anche preoccupati dal fatto che gli italiani non si mostrano sufficientemente attenti a rispettare le regole sul distanziamento e nell’indossare la mascherina: dunque, per questo, reputano problematico far tornare i bambini senza rischi.
La situazione è stata tale che 43 professori, in una lettera aperta alla comunità, hanno scritto di sentirsi “fortemente preoccupati” per le numerose assenze degli alunni cinesi, e invitato studenti e genitori a riflettere sul valore educativo, umano e sociale della scuola in presenza, seppure con le paure inevitabili in questo periodo.
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