Studenti stranieri, puntare su valutazione formativa piuttosto che sommativa. INTERVISTA

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L’accoglienza degli studenti non italiani nelle scuole del nostro Paese è un percorso. Non si tratta, dunque, di un’attività. Tale percorso si esplicita, in particolare, in quello che, in quasi tutte le scuole italiane, si chiama Protocollo di accoglienza. Tale documento rappresenta un utile e importante strumento di lavoro, in quanto consente di fissare quelle che sono le procedure, le azioni ma anche i soggetti interessati e, dunque, è integrato e rivisto regolarmente, sulla base delle esperienze acquisite. Ne parliamo con uno dei presidi maggiormente impegnati nel processo di modernizzazione della scuola italiana, il prof. Vincenzo Caico, alla guida del Liceo Scientifico “Michelangelo Buonarroti” di Monfalcone (GO).

Preside, con quali modalità avviene l’accoglienza degli alunni non italiani nella scuola italiana?

«L’accoglienza avviene, come risaputo, sulla scorta di quanto previsto dal D.P.R. 31 agosto1999, n. 394, e, in ragione, delle “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” pubblicate dal febbraio 2014. Come prassi lo studente non italiano viene iscritto alla classe che corrisponde all’età anagrafica o, in casi di volta in volta stabilito, a una classe precedente rispetto a quella corrispondente all’età anagrafica».

Anche il collegio dei docenti, in questa vicenda, ha un ruolo fondamentale?

«Sì. In caso di assegnazione a classe differente da quella corrispondente all’età anagrafica, essa dovrà essere deliberata dal Collegio dei docenti sulla base, almeno così capita nel mio Liceo, di una proposta motivata del referente per le studentesse e gli studenti stranieri e del Dirigente scolastico, previo preventivo consulto dei coordinatori dei Consigli di classe che sono interessati all’inserimento».

Cosa fate in caso di alunni con scarse competenze linguistiche italiane? Come comportarsi con i casi di alunni da inserire in corsi con particolari indirizzi?

«Nella fase dell’inserimento, i docenti dell’équipe stranieri si preoccuperanno di somministrare, eccetto che per gli studenti NAI interamente privi di conoscenze, dei particolari test linguistici standardizzati per permettere di stabilire il livello di conoscenza della lingua italiana dello studente. Per gli studenti che hanno più di sedici anni l’inclusione in una classe dell’Istituto è subordinato dal superamento di un test d’ingresso nelle discipline che determinano e caratterizzano l’indirizzo richiesto diretto alla verifica del possesso dei prerequisiti minimi necessari ad affrontare un percorso, talvolta, molto articolato. Dunque, non è cosa automatica».

Preside, quando ci troviamo davanti ad alunni in condizione di non italofono?

«Nel caso di studentesse e studenti NAI, cioè di studenti, cosiddetti “Nuovi arrivati in Italia”, per i quali devono essere attivati i percorsi di apprendimento della lingua italiana, i Consigli di classe, che, lo ripeto, sono gli organi direttamente investiti della questione, in una prima fase, definiranno un Piano didattico personalizzato transitorio (PDPT), che deve, in primis, indicare tempi e modalità degli interventi di alfabetizzazione e di successivo potenziamento dell’Italiano L2; prevedere i necessari adattamenti dei curricoli disciplinari; e, in ultimo, ma non di minore importanza, specificare le modalità di verifica degli apprendimenti e, naturalmente, quelli che sono i criteri di valutazione previsti».

Quali sono le fasi di alfabetizzazione alla lingua italiana e cosa fate, effettivamente, nella vostra scuola?

Le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” del febbraio 2014 ma anche gli “Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori” de marzo del 2022, redatti dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale” sottolineano prima di tutto l’esigenza di offrire agli studenti neoarrivati in Italia un corso intensivo di Italiano. Perciò, nei primi mesi dell’anno scolastico come scuola, annualmente e al bisogno, organizziamo, servendoci della partnership di enti locali e, al bisogno, avvalendoci di risorse esterne, corsi di Italiano L2. Questi corsi dovrebbero consentire una veloce acquisizione dell’italiano come veicolo linguistico per comunicare. Un livello che può considerarsi corrispondente alla descrizione ai livelli definiti come A1 e A2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (CEFR). Si tratta, questa, della cosiddetta “fase ponte di accesso all’italiano dello studio”. Questo è il momento utile per rinforzare e per sostenere l’apprendimento della L2 e per fornire competenze cognitive e metacognitive adeguati per consentire un apprendimento comune. L’allievo non italofono studia l’italiano certo di essere accompagnato in questo cammino da tantissimi e utilissimi docenti che diventano “facilitatori” di apprendimento”».

Lei, preside Caico, ha avuto ed ha sempre a cuore il processo di valutazione. Cosa avviene in questo caso?

«Noi riteniamo importante e utile avere sempre, in primo piano, la norma in materia di bisogni educativi speciali. In tal senso è necessario che le valutazioni intermedia e finale dello studente siano non solo trasparenti, ma anche coerenti con quanto definito nel percorso didattico personalizzato. Per gli studenti non italofoni dovrà perciò essere favorita la valutazione formativa piuttosto che quella sommativa o certificativa. Durante la valutazione devono essere presi in considerazione il percorso realizzato dallo studente, gli obiettivi possibili, la motivazione e l’impegno e, specialmente, le potenzialità di apprendimento comprovate. Ancora, la valutazione degli studenti potrebbe essere sospesa/posticipata nella fase iniziale dell’anno scolastico per alcuni ambiti disciplinari. Tra l’altro, questa evenienza è normata dal D.P.R. 275/1999. Per quella finale è prevista la possibilità dell’ammissione alla classe successiva allorché sia stata raggiunta la sufficienza anche solamente nel 50% delle materie».

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