Mancano dieci giorni alla fine dell’anno scolastico. Per molti studenti si tratta di giornate scolastiche decisive al fine dell’accesso diretto all’anno scolastico successivo. Per quelli delle Mancano dieci giorni alla fine dell’anno scolastico. Per molti studenti si tratta di giornate decisive ai fini dell’accesso diretto all’anno successivo. Per quelli delle classi terminali della secondaria, invece, per essere ammessi agli Esami di Stato. Quali consigli dare agli studenti per rendere al meglio in occasione delle interrogazioni e verifiche finali? Prova a rispondere il pediatra Italo Farnetani, professore ordinario di Pediatria dell’Università Ludes-United Campus of Malta: intervistato da Adnkronos Salute, il pediatra spiega, innanzitutto, che le ore più redditizie per studiare, in particolare le discipline più complesse, vanno “dalle 15 alle 17”.
È una “finestra ideale”, quella del primo pomeriggio, per comprendere “e memorizzare i concetti ritenuti cruciali per ottenere voti decisivi per la pagella”, riassume l’agenzia di stampa.
Mentre l’esperto boccia sonoramente la scelta di tanti giovani di fare tardi sino a notte fonda, per ripetere e memorizzare il più possibile gli argomenti.
“Sulla base di presupposti scientifici”, si tratta di un errore, ha sottolineato Farnetani.
Quali sono le ore migliori per apprendere e memorizzare?
Per comprendere il concetto, il pediatra fa riferimento alla “cronobiologia, cioè ai ritmi dell’organismo nell’arco della giornata. Noi sappiamo che l’apprendimento finalizzato a capire i concetti è più sviluppato dalle 10,30-11 fino alle 13“, cioè “quando è più attiva la memoria a breve termine”.
È questo “il periodo ideale per comprendere le materie – continua Farnetani – mentre dalle 15 alle 17 è molto attiva la memoria a lungo termine, cioè quel tipo di apprendimento che serve per le interrogazioni, per mandare a memoria quello che abbiamo capito al mattino e ripeterlo al momento dell’interrogazione, o del compito in classe”.
Dalle ore 17 alle 20 si studiano le materie più facili
Poi, continua il pediatra, “dalle 17 fino alle 20 la memoria a lungo termine declina progressivamente la sua attività. Pertanto le prime due ore del pomeriggio, 15-17, sono le ore d’oro in cui studiare per esempio le materie su cui si verrà interrogati, le più difficili”.
“Mentre dalle 17 alle 20, quando la memorizzazione diminuisce progressivamente, valutiamo di distribuire le materie più facili o eventualmente di fare compiti scritti, per esempio rispondere alle domande e così via”, spiega ancora il pediatra.
“Dopo le 20 – prosegue l’esperto – l’organismo si prepara a dormire, cioè al passaggio dalla fase di veglia alla fase del sonno. Anche se questo passaggio avverrà più tardi, ormai si è nella fase di rilassamento e la memorizzazione è scarsa”, sottolinea Farnetani.
No alle “nottate”
Pollice verso, invece, riguardo alle “nottate” di studio: Farnetani sostiene che studiare di notte significa sottoporre “l’organismo a uno stress inutile, facendogli contrastare la preparazione al sonno, e i risultati sono scarsi”.
Ecco perché è un errore, continua il medico, “studiare dopo cena e soprattutto non imbottirsi di caffè o altre bevande” per tenersi svegli.
In generale, a proposito delle “maratone” di studio a cui si sottopongono tanti studenti, sacrificando anche l’attività sportiva, Farnetani ritiene che “se questo si fa ora, nella fase che immediatamente precede la chiusura delle scuole, perché c’è bisogno di prepararsi e studiare per gli ultimi impegni fra i banchi, va bene saltare l’appuntamento con lo sport”.
Sacrificare lo sport non va bene
Per, “quello che conta è lo stile di vita. Ogni bambino e adolescente dovrebbe effettuare 5 ore di sport/movimento fisico al giorno. Lo studio è importantissimo. Ma io dico spesso che è preferibile, nell’arco della giornata, un’ora di sport che un’ora di studio in più“.
Se si ha uno stile di vita attivo, continua il pediatra, “i vantaggi salutari dello sport non cambiano perché si salta per qualche volta l’allenamento in preparazione degli scrutini”, riflette lo specialista.
“Ritengo sia anche, se vogliamo, educativo – conclude – perché i ragazzi capiscono che innanzitutto lo studio è fondamentale e poi imparano a modulare gli impegni, tarandoli sulle necessità ed esigenze” della vita. “Si tratta dunque di una forma di acquisizione anche di un’elasticità mentale”, un aiuto “a sviluppare l’intelligenza”, conclude il pediatra.
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