di Alessandra Muglia
Maria De Coppi colpita dai proiettili mentre era alla porta del dormitorio. L’appello prima di morire: «Vi prego, calma»
«Qui sparano. Ci vediamo in Paradiso. Stanno incendiando la casa. Se non vi risento, approfitto per chiedervi scusa delle mie mancanze e per dirvi che vi ho voluto bene». Don Loris Vignandel si congedava in chat con i suoi confratelli di Pordenone mentre i «ribelli» attaccavano la sua missione in Mozambico martedì sera. In fiamme la chiesa, le due scuole, i dormitori, la casa delle suore, l’ambulatorio medico e tutte le auto della comunità comboniana di Chipene, nel Nord del Paese. Fuoco e spari ovunque, salvo che nella stanza dove lui e don Lorenzo Barro, entrambi friulani, si erano nascosti: «Siamo rimasti zitti zitti in camera tutta la notte. Hanno bruciato tutto, sfondando tutte le porte. Tranne che da noi» ha raccontato ancora incredulo ieri, a pericolo scampato.
Non ce l’ha fatta invece a mettersi in salvo suor Maria De Coppi, 82enne, origini venete, in Mozambico da una vita. Erano le 21 quando ha sentito bussare alla porta. In quel momento era al telefono con una nipote, Gabriella Bottani. «Qui siamo rimasti soltanto noi missionari» le stava dicendo. «Zia e tu non parti?». «Non lo so, voglio aspettare, vediamo come si mettono le cose» ha risposto dopo una pausa, ricostruisce la stessa Bottani nel drammatico resoconto scritto ieri per il sito delle suore comboniane. Poi l’anziana religiosa la mette in attesa, va ad aprire la porta e soccombe sotto i proiettili. «Ho sentito dei battiti forti, dei colpi secchi e la sua voce che diceva “Papai calma, calma papai” (vi prego, calma, ndr)» — riferisce la nipote — E una voce di donna che non era mia zia ripetere: “Misericordia, misericordia, misericordia”».
Dentro la casa, un’altra religiosa italiana, suor Eleonora, si precipitava intanto nel dormitorio delle ragazze a dare l’allarme e fuggiva nella foresta con loro e l’altra consorella, una spagnola, suor Angeles. L’attacco, rivendicato in serata dall’Isis, poteva essere una strage: gran parte delle studentesse erano da poco tornate a casa, nel convitto ne erano rimaste 3 o 4, aveva raccontato suor Maria nel messaggio vocale inviato alla nipote poco prima dell’irruzione. Le sue ultime parole sono da brividi: «La situazione qui a Chipene è molto tesa. Sembra che quel gruppo che chiamano Shabaab, gli insorgenti (nessuna affiliazione con quelli somali, ndr), sia molto vicino. Venerdì hanno attaccato un posto della nostra parrocchia. Qui tutto il popolo è in fuga, sta scappando… la gente dorme fuori nella foresta, sotto le piante».
La missione comboniana si trova nel mezzo del nulla. Soltanto boscaglia intorno, nella provincia di Nampula, poco più a sud rispetto a Capo Delgado, dove dal 2017 si concentrano gli attacchi, partiti con l’avvio dei lavori per lo sfruttamento di giacimenti di gas da parte di multinazionali come l’americana Exxon Mobil, la francese Total e l’Eni. Dietro la furia degli estremisti c’è «la rabbia diffusa tra la popolazione del Nord, in gran parte musulmana, che non ha beneficiato per nulla di queste immense risorse», osserva padre Alex Zanotelli. A Cabo Delgado la situazione ultimamente sembra relativamente più tranquilla, merito delle operazioni dei militari del Ruanda e di altri Paesi, giunti a dare manforte ai mozambicani.
Negli ultimi mesi invece si è assistito a un susseguirsi di attacchi jihadisti poco più a sud, nella provincia di Nampula. L’ultimo, a una ventina di chilometri da Chipene. «Nella nostra provincia gli assalti hanno costretto la popolazione a fuggire — dice monsignor Inacio Saure, arcivescovo di Nampula —. Non sappiamo in quanti hanno cercato rifugio nella foresta. È un dramma terribile». Sono oltre un milione le persone scappate di case nel Nord e nel Centro del Mozambico, stima l’Unhcr.
Tra le macerie, nella missione di Chipene, c’è ancora il corpo senza vita di suor Maria che le consorelle stanno andando a recuperare.
8 settembre 2022 (modifica il 8 settembre 2022 | 07:24)
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, 2022-09-08 05:38:00, Maria De Coppi colpita dai proiettili mentre era alla porta del dormitorio. L’appello prima di morire: «Vi prego, calma», Alessandra Muglia