Sylvie Goulard: «Nessun governo rinuncerà ai fondi Ue»

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di Stefano Montefiori, corrispondente da ParigiLa vicegovernatrice della Banca di Francia ed ex ministra della Difesa: «La connessione con l’Italia resterà fortissima, come la competizione globale» «Malgrado le ondate di populismo e le turbolenze che attraversano tutti i Paesi, non solo l’Italia, nessuno può ignorare i cambiamenti epocali che stiamo vivendo. Gli italiani faranno la loro scelta alle elezioni di settembre, come è giusto, e in qualsiasi caso il futuro di tutti noi si trova nella gestione dell’interdipendenza all’interno del quadro europeo, magari da migliorare, piuttosto che all’esterno». Sylvie Goulard, oggi vicegovernatrice della Banca di Francia, è una europeista convinta che è stata consigliera di Romano Prodi alla Commissione europea, poi per molti anni deputata a Strasburgo nell’allora gruppo Alde (democratici e liberali) per poi diventare ministra della Difesa nel primo mandato Macron. Perché lei si dice ragionevolmente ottimista, nonostante tutto? «Sono i cambiamenti di lungo termine a determinare il futuro. E l’Europa negli ultimi anni ha dimostrato il valore della solidarietà e della responsabilità condivisa per affrontarli. In Europa passiamo con troppa facilità dall’auto-compiacimento al pessimismo assoluto. Forse è possibile percorrere una via di mezzo, guardare alla situazione con più costanza e lucidità». La stampa non solo francese parla di terremoto, la costruzione europea sembra di nuovo sull’orlo del precipizio. «Ma le emergenze del nostro tempo sono più profonde dei fatti contingenti. La pandemia non è ancora finita a livello globale. Poi il riscaldamento climatico fa sentire le sue conseguenze nella vita concreta dei cittadini, dal caldo insopportabile agli incendi. E la digitalizzazione, che ci ha aiutato a superare la crisi del Covid, richiederà grandi investimenti, nelle infrastrutture e nella formazione. Su questi e altri problemi, l’interconnessione tra i nostri Paesi resterà fortissima, come la competizione globale. È un dato di fatto, qualsiasi sia il colore del governo a Roma». Anche la guerra in Ucraina è un’emergenza, forse non estranea a quello che è accaduto in Italia in questi giorni. «La guerra, intanto, ci ricorda che il valore assicurato per decenni dall’Unione europea all’interno dei suoi confini, ovvero la pace, è un bene preziosissimo che sbagliamo a dare per acquisito, fuori moda, perché scontato. Poi rende evidente la questione energetica, che non può essere affrontata che a livello europeo. Qualche anno fa quel passaggio del Trattato di Roma su una ever closer Union, un’Europa sempre più unita non era più capito ma è essenziale non avere nessuno dubbio sull’orizzonte di lungo periodo. La nostra determinazione è la risposta migliore a interferenze nei processi democratici che accadono un po’ ovunque, anche in Francia nel 2017». È lo spread italiano che però ricomincia a salire, l’Italia torna a essere percepita come l’anello debole in Europa. «La crescita ha bisogno di stabilità, gli imprenditori, le famiglie che vogliono investire chiedono garanzie. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella infatti ha subito indetto le elezioni per il 25 settembre, limitando al minimo il tempo dell’incertezza». Pensa che Mattarella tornerà ad avere il ruolo decisivo di garante degli impegni dell’Italia? «È quello che ha già fatto durante la crisi diplomatica del 2019 tra Francia e Italia, quando io facevo parte del gruppo di studio per il Trattato del Quirinale. Vorrei davvero rendere omaggio a questo grande italiano e europeo che ha saputo mantenere la direzione di lungo periodo. Quando è venuto in visita di Stato a Parigi ha assicurato con calore la collocazione internazionale dell’Italia e dimostrato la profondità della sua visione». E le preoccupazioni per i finanziamenti europei? «Questi fondi sono di importanza capitale visto le sfide del clima, della sicurezza e della digitalizzazione. Intanto, a favorire la crescita non è solo la quantità del denaro pubblico ma anche come viene speso. Prima della pandemia i Paesi più rigorosi come Germania o Paesi Bassi avevano una crescita superiore a quella di Francia, Italia e Spagna». Quali dovrebbero essere le priorità? «Francia e Italia dovrebbero avvalersi delle energie di tutti i loro cittadini, soprattutto tra le donne e i giovani, perché la disoccupazione è uno spreco enorme. Poi c’è la questione degli investimenti in ricerca e sviluppo: 4,6% del Pil in Corea, 3% in Giappone e Germania, solo 2,2 in Francia e 1,46 in Italia (cifre Ocse 2019). Il Pnrr rappresenta 100 miliardi per la Francia e circa 200 miliardi per l’Italia. Non vedo come un governo responsabile dell’interesse nazionale e delle generazioni future potrebbe rinunciare a somme simili o sprecarle». C’è un futuro europeo anche dopo Draghi? «Come diceva Jean Monnet, niente si crea senza gli uomini e niente dura senza le istituzioni. Il governo guidato da Mario Draghi ha giocato un ruolo internazionale molto importante, per esempio durante l’ottima presidenza italiana del G 20 l’anno scorso. Dobbiamo avere più fiducia nella nostra Europa, nella sua forza. Oggi in Francia i partiti già anti-euro non parlano più di uscirne ma di cambiarla dall’interno. È un passo verso una maggiore consapevolezza dei vincoli della realtà. Il che può non essere un male, l’Europa non è una costruzione statica, si può fare ancora molto e meglio, per esempio nel gestire le crisi migratorie. Qualsiasi governo, di qualsiasi colore, sa che guardare alla dimensione europea dei problemi non significa inchinarsi a Bruxelles, ma fare valere nel modo più durevole il proprio interesse nazionale». 25 luglio 2022 (modifica il 25 luglio 2022 | 09:34) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-25 07:34:00, La vicegovernatrice della Banca di Francia ed ex ministra della Difesa: «La connessione con l’Italia resterà fortissima, come la competizione globale», Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi

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